Spese per la Difesa: le vecchie abitudini sono dure a morire

(di Tiziano Ciocchetti)
18/08/19

Lo sblocco lo scorso luglio, da parte del MEF, di 7,2 miliardi di euro per il comparto Difesa aveva fatto sperare, tra gli addetti ai lavori, in un cambio di rotta (almeno parziale) per quanto riguarda l’attenzione della politica alle esigenze delle nostre Forze Armate.

Esigenze che, data la situazione economica dell’Italia (altissimo debito pubblico e crescita del PIL praticamente nulla, in aggiunta a una generale scarsa competenza tra la classe politica), non possono certo essere soddisfatte nella loro interezza.

Tuttavia, una volta analizzato l’ultimo Documento Programmatico Pluriennale (v.link) diramato dal Ministero della Difesa per il triennio 2019-2021, ci si rende conto che alcuni programmi d’acquisizione vengono spalmati su un periodo di tempo eccessivamente lungo, mentre altri non hanno alcuna ragione d’essere, in quanto non rispondenti ai requisiti emananti dagli Stati Maggiori.

In quest’ultimo caso rientra sicuramente l’operazione di salvataggio della Piaggio Aerospace, attraverso uno stanziamento complessivo di 700 milioni di euro, in 11 anni, per l’ammodernamento della flotta di aerei da trasporto executive P.180 (acquistati in una precedente operazione statale di salvataggio) e la certificazione dell’APR P.1HH, Una cifra assai vicina a quei 766 milioni originariamente previsti per lo sviluppo e acquisizione di 20 droni MALE P.2HH (velivolo richiesto dall’Aeronautica Militare per le sue esigenze operative ma purtroppo cancellato per scelta politica). Appare quindi evidente che tale investimento risponde a iniziative puramente politiche. L’acquisizione del P.1HH in versione civile (anche se può sempre essere equipaggiato con apparecchiature elettroniche di sorveglianza e quindi adibito anche a compiti militari) da parte della Forza Armata è una decisione che ha un vago (se non evidente) sentore di tattica elettorale.

Investire soldi pubblici (salvando così un’azienda come la Piaggio, che peraltro ha un grosso background tecnologico) per acquisire mezzi non richiesti da chi li dovrà utilizzare - e al contempo mettendo a tacere gli strali della parte pacifista del Paese - è un’operazione che non sembrerebbe certo finalizzata al miglioramento dell’apparato della Difesa (se si investissero soldi pubblici solo in mezzi richiesti dagli Stati Maggiori, noi ovviamente, non avremmo nulla da obiettare nel merito).

Il paradosso della pianificazione della Difesa si evidenzia ancora di più quando programmi prioritari, come l’immissione in servizio dei VTLM LINCE 2 (con protezione maggiorata rispetto alle versioni precedenti), vengono eccessivamente dilazionati per la mancanza di coperture finanziarie. Il residuo da coprire ammonta a 253 milioni di euro a fronte di un investimento complessivo di 558 milioni, distribuiti in un arco temporale di 15 anni.

Per quest’anno sono stati stanziati solo un milione di euro, mentre per il prossimo anno il programma LINCE 2 riceverà 6 milioni e 13 milioni nel 2021.

Purtroppo non finisce qui, per quanto riguarda l’adeguamento delle scorte di munizioni di vario calibro in dotazione alle Forze Armate (compreso il munizionamento d’artiglieria VULCANO), sia per le operazioni reali che per l’addestramento, a fronte di una esigenza complessiva pari a circa 600 milioni di euro, quest’anno e il prossimo non saranno previsti stanziamenti, mentre nel 2021 sono previsti soli 700.000 euro; il VULCANO riceverà solo 200.000 euro nel 2020 e un milione nel 2021.

I nostri militari sono impiegati costantemente in complesse missioni operative in Africa e Medio Oriente, necessitano quindi di armamenti ed equipaggiamenti adeguati. Drenare le già scarse risorse per meri calcoli elettorali – da qualunque schieramento avvenga - appare quanto mai esecrabile.

Foto: ministero della Difesa