Se parliamo di Mediterraneo, non possiamo non parlare di inquinamento, che oggi ha raggiunto livelli veramente alti da sostanze radioattive, chimiche, spazzatura galleggiante, plastica, idrocarburi e altre sostanze inquinanti. Un cumulo di veleni a volte invisibili ma assai dannosi per la salute dell’ecosistema marino e dell’uomo, che si esprime in un mare delimitato dalle coste orientali allo stretto di Gibilterra per un perimento che lambisce tre continenti: Africa, Asia ed Europa, con i suoi 46.000 chilometri di costa è una ricchezza che appartiene a tutti i paesi che vi si affacciano e da cui traggono risorse fondamentali per l’economia.
Il Mediterraneo con una superficie totale di 2,5 milioni di km2 raccoglie inquinamenti liquidii che lo popolano e arrivano secondo alcuni studi a più di 10 grammi per litro, la plastica che galleggia danneggia la fauna marina e anche gli uccelli che la scambiano per cibo mentre i veleni in fondo al mare arrivano ad una densità di circa 2000 oggetti per km2.
Ci sono poi le navi affondate con carichi di veleni che ad oggi pare siano nell’ordine di un centinaio di unità e in tale ambito, non si può che ricordare l’arduo impegno svolto dal capitano di corvetta Natale De Grazia (vds: http://www.comitatodegrazia.org/) della Capitaneria di Reggio Calabria che indagando sull’affondamento della motonave Rigel aprì un capitolo rimasto ancora aperto in tema di veleni sommersi nel “Mare Nostrum”. De Grazia era sulle tracce delle navi dei veleni, che venivano utilizzate per inabissare sostanze tossiche, arrivando a scoprire intrecci pericolosi che potevano risolvere Il mistero dei cargo affondati nel Mediterraneo, se non fosse morto improvvisamente in circostanze rimaste oscure.
L’inquinamento del mare ha anche altre origini: le raffinerie di petrolio, le industrie metallurgiche, gli allevamenti industriali, gli stabilimenti di fertilizzanti, le industrie chimiche, cartacee, gli scarichi fognari sversano ogni giorno in mare, mettendo in pericolo la salute dell’uomo che dal mare trae numerose risorse. Completano il quadro metalli pesanti, sostanze tossiche inquinanti, idrocarburi e cosi anche il pescato, specie di grosso taglio ha una quantità di mercurio anche 20 volte superiore ai limiti stabiliti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Ci sono stime che valutano l’assunzione giornaliera di idrocarburi attraverso il cibo, di 3 microgrammi al giorno per individuo pari a una quantità 100 volte superiore a quella ritenuta tollerabile quotidianamente. I rischi principali per la salute umana avvengo attraverso l’ingestione di cibi, pesci e frutti di mare nei quali si accumulano le sostanze tossiche quali mercurio, piombo, plastica, ecc.
Sulle coste bagnate dal Mediterraneo ci sono addensamenti urbani con circa 150 milioni di abitanti a cui consideriamo le centinaia di milioni di turisti che contribuiscono all’inquinamento marino con gli scarichi urbani. Questo inquinamento che non fa notizia è più grande di quello provocato dalle grandi catastrofi sia naturali che causate dall’uomo. Ogni anno dalle sole industrie della fascia costiera milioni di tonnellate di sostanze inquinanti sono scaricate nel Mediterraneo dagli impianti industriali: le raffinerie di petrolio sono le principali fonti di inquinamento industriale di idrocarburi con quasi il 100%, altre industrie immettono cadmio per un 50%, fenoli 100%, la metallurgica contribuisce con olii per quasi il 90% e zinco quasi 100%.,le cifre sono di 85 mila tonnellate di metalli pesanti, 900 mila tonnellate di fosforo, 200 mila tonnellate di azoto, 47 tonnellate l’anno di policiclici aromatici. Si tratta di sostanze pericolose per l’ambiente e per la salute umana, riversate nel mare.
A tanto si aggiunge l’inquinamento proveniente dai fiumi, dagli scarichi civili senza depuratori, quello prodotto dal traffico marittimo e dagli incidenti di sversamento di sostanze inquinanti. La maggior parte dell’inquinamento proviene dalla industria manifattura e da quella dei fertilizzanti, con mercurio, quasi per il 100%, piombo vicino al 50% mentre gli oli e le sostanze grasse sono a circa il 20%. Gli allevamenti industriali immettono inquinamento da fosforo a quota 95%; le principali fonti d’inquinamento da piombo, per oltre il 60% mentre e la quasi totalità degli organo clorurati proviene dalla chimica e dalla carta rispettivamente.
La catena alimentare diventa per l’uomo il mezzo di contaminazione, per cui sia vegetali marini, molluschi e grandi predatori come pesce spada, tonno, cernia, ecc. che sono spesso apprezzati come alimenti prelibati diventano una trappola pericolosa, ricca di mercurio in particolare, che porta tutte le patologie dipendenti da inquinanti tossici fino a quasi il 100% dei casi totali con disturbi che si manifestano a lungo termine, specie per consuma con frequenza di più volte la settimana cibi inquinati. In particolare gli inquinanti da idrocarburi causano problemi al sistema immunitario, i metalli pesanti danni al sistema nervoso, endocrino e riproduttivo e contribuiscono anche a malattie degenerative e tumori, gli organo clorurati causano danni al sistema ormonale, e cosi in questo percorso entrano in ballo altre malattie con l’arsenico che interessa l’apparato gastro intestinale, il cadmio l’apparato urinario, i fenoli colpiscono la tiroide.
L’inquinamento maggiore del mare viene dalla costa, dalla terraferma. Italia, Francia e Spagna, da sole scaricano la maggio parte degli inquinanti totali, con gli scarichi industriali, le acque da scarifichi civili, dai fiumi che ogni anno immettono circa 300 km. cubi di acqua, poi c’è l’inquinamento causato dalle piogge che portano in mare rifiuti solidi e liquidi di ogni genere. Riguardo al traffico mercantile oltre un terzo della navigazione commerciale e mondiale solca le acque del Mediterraneo per un totale di oltre 12.000 navi con almeno un quinto che trasporta solo prodotti petroliferi generando una fonte di inquinamento importante.
Il piano di lavoro da predisporre è altamente impegnativo e deve essere affrontato su molti fronti, partendo dalle scelte di vita e di consumo individuali, riducendo il consumo di pesci predatori di grosse dimensioni ed evitando di gettare negli scarichi domestici inquinanti non biodegradabili, non utilizzare il mare come un cestino della spazzatura. I Comuni devono aumentare gli impianti di depurazione e agli organi di polizia giudiziaria restano le verifiche antinquinamento sia alla costa che dal mare. Ricordiamo che attualmente il Corpo delle Capitanerie di porto è presente lungo le coste della penisola con una serie di comandi che sono in grado di intervenire tempestivamente per ogni emergenza ambientale, controllando 8.000 chilometri di coste, 25 porti internazionali e 80 nazionali. A loro si uniscono i mezzi della M.M., gli uomini della Guardia di Finanza e della Forestale, la Protezione civile, I Vigili del Fuoco, i Carabinieri, la Polizia di Stato e le Polizie locali, talvolta anche le associazioni di volontariato. Tutte forze in campo che devono essere coordinate efficientemente.
Sarebbe necessario intervenire con una serie di obiettivi prioritari come la mappatura dei rifiuti del mare e della costa, predisporre un piano di intervento operativo sia da terra che dei mezzi navali, creare un sistema informatico comune per il trattamento dei dati raccolti da condividere con tutti gli attori del settore, monitorare tutte le navi affondate che contengono carichi velenosi. Infine importante la creazione di centri decisionali operativi che possono coordinare tutte le forze in campo in modo sinergico, efficiente ed economico con monitoraggio dei risultati.
Ripulire il Mediterraneo è e resta un obiettivo prioritario che deve trovare nei principali attori istituzionali un referente che è in grado per la disponibilità del sistema uomini-mezzi e con alte competenze a coordinare e intervenire per ridurre e magari eliminare tutte le sostanze che inquinano la nostra esistenza, provvedendo alla salvaguardia dell’ambiente marino in tutti i suoi aspetti: urge unificare le competenze di tutti ministeri interessati, dall’ambiente alla difesa, alle politiche agricole ai trasporti fino ad arrivare ai beni culturali e ambientali e al Dipartimento della protezione civile ed avere una opzione di comando e controllo che in sinergia consegua la massima efficienza. È il caso di pensare adesso a come fare.
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