“Est enim amicitia nihil aliud nisi omnium divinarum humanarumque rerum cum benevolentia et caritate consensio” (L'amicizia non è niente altro che l'armonia delle cose umane e divine, accompagnata dalla benevolenza e dalla carità) Cicerone, Laelius de amicitia.
Quando ci si iscrive a un’associazione d’Arma come l’Associazione Nazionale Paracadutisti d’Italia, ANPd’I, che tiene alti i valori della Folgore, se ne accettano gli ideali, la disciplina, il rispetto per la Patria e la bandiera, i princìpi fondanti che sono anche quelli di ogni società civile che vuole definirsi tale, il senso dell’onore, lo spirito di aggregazione. Condividendo tutto questo, si impara ad avere la schiena dritta, a non nascondersi dietro le scuse, a prendersi le proprie responsabilità e assolvere ai propri doveri di “civis”. Per tutto questo, è stato assolutamente naturale che domenica 21 maggio, al Circo Massimo di Roma, l’ANPd’I abbia partecipato in forze alla Race for the Cure, la corsa di cinque chilometri o la passeggiata di due, che chiude la tre giorni di eventi, ormai tradizionali, dedicati alla sensibilizzazione e alla raccolta di fondi per la lotta al tumore del seno. C’erano tutti, dal presidente della sezione di Roma Adriano Tocchi, ai paracadutisti di ogni età compresi gli istruttori, agli aspiranti parà del 163esimo Corso. Tutti orgogliosi di partecipare, perché consapevoli di quanto sia importante l’esserci. Perché quella che chiamiamo, con parola molto abusata e “pelosamente” corretta, solidarietà, quando è vera più che pensiero dev’essere soprattutto azione, partecipazione. È amicizia, è condivisione, è segno, nel senso letterale di sigillo. Il bene non va spiegato, tantomeno giustificato. Si fa. Senza retropensieri. Perché è giusto così.
Race for the Cure, a cui partecipano migliaia di persone, è la manifestazione conclusiva e simbolica della Susan G. Komen Italia, organizzazione no profit di volontariato che dal 2000 si occupa di lotta ai tumori del seno su tutto il territorio nazionale. Il Circo Massimo anche quest’anno, nei due giorni precedenti, ha ospitato il Villaggio della salute, sport e benessere, dove ci si è potuti informare sull’alimentazione corretta e i sani stili di vita e dove sono stati offerti, gratuitamente, esami diagnostici e consulenze specialistiche. Madrine della manifestazione Maria Grazia Cucinotta e Rosanna Banfi, quest’ultima testimonial anche delle Donne in Rosa, donne che hanno avuto il tumore al seno e, volendo dare un segnale di positività nel modo di affrontare la malattia, scelgono di rendersi visibili indossando un cappellino e una maglietta rosa.
Roma, con ben oltre i 60mila iscritti, è l’edizione con più partecipanti al mondo tra le 150 Komen in America, Europa, Asia e Africa.
Si deve a una donna speciale, Nancy G. Brinker, se oggi tutto questo è una realtà mondiale, come è anche merito suo se oggi parlare di cancro al seno non è più un tabù, se la scienza si è accorta che le donne hanno bisogno di diagnosi e cure dedicate, se è stato cancellato quel senso di vergogna per essersi ammalate, quasi che ci si dovesse scusare, in aggiunta al dolore di un percorso in salita. Trent’anni fa era difficile solo nominarlo, il cancro, anche in televisione, in America come in Italia, era sconveniente, la gente cambiava canale. Ti ammalavi ed eri già data per spacciata, anche se guarivi ti guardavano come un alieno, “Radames discolpati!”, sembrava ti dicessero anche e soprattutto le persone più vicine e care, imbarazzate perché avevi un seno tagliato e non eri più “come prima”. E questo uccideva più del tumore.
La Brinker, nel 1982, ha promesso alla sorella Susan G. Komen, morta di questo male a 36 anni, che le cose sarebbero cambiate. Così è stato. Oggi la Susan G. Komen Race for the Cure è il più grande evento di raccolta di fondi dedicato al tema. Solo in Italia, dal 2000 a oggi, sono stati donati oltre tre milioni di euro per settecento progetti, che vanno dalle campagne di prevenzione e diagnosi precoce ai corsi di aggiornamento per operatori sanitari, dall’acquisto di apparecchiature cliniche al recupero psicofisico delle donne operate. Quattro i comitati regionali, tremila i volontari. E la cosa bella è che si sa sempre a chi vanno i soldi, tutto documentato e alla luce del sole.
Race for The Cure si svolge sotto l’alto patrocinio del presidente della Repubblica e con il patrocinio e la partecipazione di Esercito Italiano, Arma dei Carabinieri, Croce Rossa, Siae, Accademia nazionale di Santa Cecilia, Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli – Università cattolica del Sacro Cuore, Federazione italiana di Atletica leggera, Coni, ministero della Salute, regione Lazio, comune di Roma.