Florence Nightingale, ovvero, se la lampada non basta... meglio il martello!

07/05/17

Come abbiamo già avuto modo di notare, spesso il “carnaio”della guerra, spudoratamente nascosto dalla “foglia di fico” di “vari ed eventuali” ideali, serve per fini “politici”. Tuttavia, sorvolando sulla crudezza della considerazione predetta, occorre notare che, a causa della guerra, emergono figure che, pur non avendo nulla di eroico secondo le regole del “kamasutra” militare, hanno saputo affondare un'impronta tutt'altro che superficiale nella storia umana.

Come sappiamo, la Guerra di Crimea, all'epoca chiamata Guerra d'Oriente, fu un conflitto combattuto dal 4 ottobre 1853 al 1º febbraio 1856 fra l'Impero russo, da un lato, e un'alleanza composta da Impero ottomano, Francia, Inghilterra e Regno di Sardegna, dall'altro.
Le drammatiche condizioni di abbandono dei feriti e dei malati inglesi (per i francesi c’erano le Suore di Carità e per i russi le 300 Sorelle dell’Esaltazione della Croce di Helen Paulowna) durante le operazioni belliche, rese note sul “Times” dal primo reporter di guerra, indusse il governo britannico ad intervenire sotto le pressioni, rapidamente crescenti, di un'opinione pubblica da sempre molto ascoltata e potente.
Non c’era una Organizzazione precostituita che fosse all’altezza del compito in una zona, tra l’altro, assai impervia ed insalubre.
Alla fine fu inviata l’Angel Band: 38 infermiere agli ordini di F. Nightingale.

La Nightingale, inglese, ma nata in Italia, aveva di fronte due possibili soluzioni per affrontare il difficile compito: quella “latina” e quella “teutonica”.

La prima, epifenomeno dell’antropologia assistenziale “cattolica romana”, forniva una preparazione “umana”, forse, ma, sicuramente, non “professionale”. L’infermiera, umile e sottomessa al medico, non poteva avere alcun ruolo autonomo o responsabilizzante.

La seconda, come espressione dell’antropologia “riformata”, prevedeva un iter formativo, teorico – pratico, tale da rendere l’infermiera vera e propria “manager dell’assistenza” ante litteram.

Florence fece la sua scelta e si recò a studiare in Germania presso la scuola delle Infermiere Diaconesse di Kaiserwerth fondata nel 1836. Al ritorno le si pose il difficile problema di scegliere le sue infermiere da impiegare sul campo.“

Le donne, preparate a dedicarsi alla cura dei malati, avevano due concetti totalmente contrapposti sui compiti dell’infermiera. Quella d’ospedale, alcolizzata, scostumata e turbolenta, considerava suo compito curare il corpo malato del paziente riconducendolo alla salute secondo le prescrizioni dei medici; quella proveniente da istituti religiosi…non alcolizzata né scostumata, era però più incline ad occuparsi dell’anima del malato che del suo corpo. Questo pensiero non era solo degli appartenenti ad Ordini religiosi, ma era condiviso da un discreto numero di donne colte che si dedicavano al volontariato assistenziale come “signore o dame”, non infermiere. Florence non volle nel suo “gruppo”né le une né le altre. Le sue dovevano essere tutte infermiere!”1

Per unanime consenso (tranne quello dei comandi militari che le si opporranno strenuamente, lottando anche contro l'evidenza) l’azione delle infermiere sul campo fu risolutiva. Le condizioni generali migliorarono, calò in 6 mesi la mortalità per infezioni dal 42,7 al 2,2% e a tutti fu offerto supporto psicologico.

“La storia è, da sempre, “cosa da uomini”, interpretata da uomini e per uomini. Da ciò consegue che “la verità” è solo quella degli uomini. Quindi la maggior parte delle testimonianze deve essere riletta alla luce di questa realtà.

“Florence non fu mai chiamata “la signora con la lampada”, bensì “signora col martello”2, immagine abilmente rimaneggiata dal cronista di guerra del “Times”, che la riteneva un po’ troppo volgare per i suoi lettori. Lungi dall’aggirarsi silenziosa per l’ospedale tenendo alta la sua lampada, la Nightingale si guadagnò l’appellativo per aver forzato la porta chiusa a chiave di un deposito, quando un ufficiale rifiutò di fornirle i medicinali che le servivano per alleviare le sofferenze dei malati.”3
Al suo ritorno venne festeggiata come un’eroina, a lei ed alla sua missione si ispirò una letteratura sentimentale volta a coprire la durezza della realtà lavorativa.
Fondi, fama e prestigio le permisero di istituire una scuola nonostante le fortissime opposizioni della classe medica per la quale: “Le infermiere sono come domestiche, hanno bisogno di pochi insegnamenti…”

Si occupò, mediante l’applicazione della statistica e di opportune ricerche sul campo, di migliorare gli ospedali civili. A lei si deve la ristrutturazione dei servizi sanitari militari inglesi: nonostante l'opposizione degli Stati Maggiori, venne istituita la Scuola Medica Militare. Come c'era da aspettarsi, i suoi insegnamenti tardarono ad essere accolti da parte delle istituzioni militari che pure avevano provato la loro efficacia: durante la Guerra Boera (1899–1902) le malattie provocarono una mortalità cinque volte superiore alle ferite belliche. Fu solo durante la Guerra Russo–giapponese (1904–1905) che le intuizioni della Nightingale circa l'igiene, l'assistenza e l'alimentazione delle truppe, finalmente applicate su vasta scala, dimostrarono a pieno la loro efficacia.

Il governo britannico avviò una riforma della scuola per gli infermieri che prevedeva tirocini pratici presso ospedali validati.

Venne interpellata, anche Oltreoceano, non solo come esperta in organizzazione sanitaria, ma anche come intelligente consigliera in tema di edilizia sanitaria.

Morì a 90 anni dopo avere dato alla professione infermieristica un contributo incommensurabile soprattutto modificandone l’immagine pubblica.
La cultura infermieristica è stata profondamente influenzata dalle sue opere: educazione sanitaria, formazione, professionalizzazione, autonomia, indipendenza.

Alla base della teoria del nursing, secondo la Nightingale, vi doveva necessariamente l’ambiente: microclima, igiene e dieta, erano i fattori su cui l’infermiera (abile, preparata, vigilante e perseverante) doveva agire per non ostacolare la vis medicatrix naturae stimolando la eventuale “passività” del “patiens” a cooperare verso la guarigione.

“La donna aveva trovato un suo posto nel sistema sanitario, ma un posto subordinato. I Medici, inizialmente ostili, finiranno per accettare ben volentieri la sua collaborazione obbediente e sottomessa.”Lei, però, si oppose alla batteriologia ed al femminismo e i limiti della sua teoria furono quelli del contesto socioculturale di riferimento riassunti nell’assioma secondo cui: “Ogni donna è un’infermiera”. Adottò i modelli maschilisti e vittoriani dei ruoli di moglie, madre e massaia trapiantandoli nella realtà infermieristica.

Luisa Carini, Enzo Cantarano, Federico Bizzarri

 

Bibliografia

Angeletti L R, Storia, filosofia ed etica generale della Medicina, Masson, 2004
Cantarano E, Carini L, Storia della Medicina e della Assistenza per le Professioni sanitarie, UniversItalia, Roma, 2013, pag. 159 -161.
Cosmacini G, L'arte lunga, Laterza, 2006
Fornaciari G, Giuffra V, Manuale di storia della medicina, Felici ed. 2011

Note

1 da “Florence Nightingale”, Woodham Smith 1954
2 cfr: Votes for Women, 9 aprile 1912, pag 737
3 da “Storia femminile del mondo” Rosalind Miles, Elliot Ed. 2009, Roma
4 Calamandrei C, L'assistenza infermieristica: storia, teoria, metodi, Carocci Editore, 1983.