I mercenari di Pechino: le compagnie di sicurezza private cinesi

(di Nicola Cristadoro)
26/11/24

Per trattare l’argomento dell’impiego di milizie private da parte di Pechino a tutela dei propri interessi politico-economici diffusi, ormai, a livello planetario, innanzitutto occorre fare un distinguo terminologico e concettuale fondamentale tra “società di sicurezza private” (d’ora in avanti PSC) e “compagnie militari private” (d’ora in avanti PMC).

Le PMC - a cui la Russia ampiamente ricorre per la condotta della propria politica militare all’estero - forniscono servizi armati o non armati in sostituzione o in supporto delle forze regolari di uno Stato ed operano prevalentemente in situazioni di conflitto.

Le PSC entrano in gioco quando, ad esempio, enti privati si trovano ad operare in condizioni di rischio sotto il profilo della sicurezza e reputano che i propri governi non siano in grado di garantire loro un sufficiente livello di protezione. Le PSC, dunque, dovrebbero proteggere i loro clienti sostanzialmente da attività criminali o terroristiche.

Di fatto, sia le PMC, sia le PSC possono ritrovarsi coinvolte in scenari di guerra veri e propri. Va detto che le attività internazionali delle società di sicurezza private cinesi rappresentano una sfida per gli interessi europei in quanto, sovente, agiscono in assenza di un corpo normativo che le vincolino a delle regole e, inoltre, il loro personale manca di un adeguato addestramento per affrontare gravi situazioni di conflitto e di combattimento.

Con la creazione della base militare a Gibuti, l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai1 in espansione sotto la guida di Pechino e le esportazioni di armi in rapida crescita verso paesi di tutto il mondo, la Cina non lascia dubbi (nel caso ancora ce ne fossero) sul fatto che intenda assumere un ruolo da protagonista nel quadro della sicurezza globale. Il teatro operativo in questo complesso scenario di economic warfare combattuta dalla Cina senza esclusione di colpi, è l’ampia fascia territoriale nota come Belt and Road Initiative (BRI), lungo la quale l’Impero di Mezzo si è impegnato in una colossale serie di progetti di investimento e creazione di infrastrutture.

Per avere un’idea di quali siano le problematiche sotto il profilo della sicurezza che investono le imprese cinesi impegnate all’estero, pensiamo alla manutenzione di centrali elettriche in Iraq, allo sviluppo di infrastrutture in Pakistan o all’estrazione petrolifera in Sudan, tutte regioni instabili facenti parte della BRI lungo gli assi terrestri o marittimi.

Mentre il terrorismo interno è da tempo in cima alla lista delle priorità di sicurezza di Pechino, soprattutto se legato al separatismo uiguro, per la Cina il terrorismo transnazionale è diventato una priorità solo da quando è stata presentata la BRI alla fine del 2013. La rapida espansione delle attività commerciali e politiche cinesi a livello planetario sta esponendo i cittadini e i beni cinesi alle minacce del terrorismo transnazionale, dei disordini civili e, nondimeno, del sentimento anti-cinese.

I grandi progetti cinesi possono portare a notevoli oneri debitori per i governi ospitanti e possono anche creare opportunità di corruzione e di ricerca di rendita da parte di élite predatorie, soprattutto nei paesi in cui la corruzione è diffusa e la gestione degli affari è poco trasparente. Se a questi aspetti aggiungiamo a standard sociali e ambientali potenzialmente bassi, è facile che insorgano conflitti sociali e tensioni che complicano la situazione di una Cina percepita come elemento destabilizzante dell’economia di un paese.

In passato è accaduto, ad esempio, nello Sri Lanka, in Pakistan e nel Vietnam. Nel 2017, gruppi terroristici legati all’organizzazione jihadista salafita Jabhat al-Nusra hanno compiuto un attentato all’ambasciata cinese a Biškek, in Kirghizistan.2 In Pakistan, gli attentati sono costati la vita ad almeno tre cittadini cinesi: due insegnanti sono stati rapiti e uccisi dall'Isis nel giugno 2017 e un dipendente di una compagnia di navigazione è stato ucciso in una sparatoria a Karachi nel febbraio 2018.

La BRI ha anche un impatto geopolitico più ampio. Le relazioni con l’India, ad esempio, sono tese a causa degli ambiziosi progetti relativi alla BRI in Pakistan (attraverso il corridoio economico Cina-Pakistan - CPEC) e alle Maldive, alleato indiano di lunga data. Non dimentichiamoci, inoltre della lunga contesa tra i due stati lungo la cosiddetta Line of Actual Control (LAC) dove, nel 2020, le forze regolari indiane e cinesi sono arrivate a scontarsi con armamento eufemisticamente definito “non-ortodosso” dal ministero della Difesa di Nuova Delhi.3 Francamente si è trattato di uno scontro degno dei fotogrammi di 2001 Odissea nello Spazio, quando i proto-umani prendono coscienza che le ossa delle carcasse di animali di grosse dimensioni potevano essere usate come armi. Infatti, sebbene i soldati siano autorizzati a portare armi da fuoco, in nome di una consuetudine ultradecennale volta a ridurre la possibilità di un'escalation, sussistono accordi tra i due paesi che ne vietano l’uso. Tuttavia, le truppe cinesi avevano sbarre di ferro, mazze e manganelli avvolti in filo spinato e mazze incastonate con chiodi. La controparte indiana non era da meno. È cominciato un combattimento corpo a corpo che è durato sei ore e, alla fine, ha visto impegnati fino a 600 uomini, armati di pietre, manganelli, spranghe di ferro e altre armi improvvisate. Questa è stata la maggiore esperienza operativa che ha coinvolto l’Esercito Popolare di Liberazione (d’ora in avanti EPL) dal tempo della guerra con il Vietnam nel 1979.4 Sostanzialmente una violentissima rissa o, se si preferisce, uno scontro di stampo medievale.

Il governo cinese sa che deve proteggere i suoi cittadini e i suoi beni dai rischi che corrono all’estero. Di fatto, Pechino, così come i paesi che ospitano le società cinesi, è riluttante a far schierare l’EPL per la protezione delle stesse. Le ragioni sono diverse. In primo luogo, vi è il rispetto di una secolare politica di non ingerenza, per non danneggiare le relazioni diplomatiche con i paesi vicini e potenziali alleati; nondimeno, la mancanza di esperienza di combattimento dell’EPL di cui ho poc’anzi detto, ha il suo peso.

Al momento, il governo cinese fa affidamento principalmente sulle forze di sicurezza dei paesi ospitanti per fornire protezione ai progetti della BRI. In alcuni paesi, tuttavia, le aziende cinesi si sentono inadeguatamente protette dalle società di sicurezza e dalle forze armate locali, soprattutto a causa della mancanza di fiducia nelle loro capacità e affidabilità e, pertanto, si sono rivolte a fornitori di sicurezza privati.5 Accade allora che, mentre le forze regolari dell’EPL sono impegnate in dimostrazioni muscolari di fronte ai vari arcipelaghi che costellano i mari cinesi, l’ingrato compito di “fare sul serio” ancora una volta viene esternalizzato e, in questo caso, è assegnato alle PSC nazionali.

La globalizzazione della politica di sicurezza cinese presenta sfide per i paesi di tutto il mondo, ma l’uso di attori privati da parte di Pechino per difendere i propri interessi internazionali implica una serie di problemi unici. In generale, la presenza di PSC in territorio straniero – indipendentemente dal loro paese di origine – è una questione complicata per i governi ospitanti, a causa dell’impatto che queste società possono avere sugli interessi e sulla stabilità del paese in cui operano, nonché della difficoltà nel controllare le loro attività. Nel caso cinese questo problema è ancora più pronunciato per via del labile confine tra enti pubblici e privati. Nonostante il loro status nominalmente privato, infatti, le PSC cinesi operano sostanzialmente con il tacito sostegno e incoraggiamento del loro governo (come, del resto, quelle russe); nei loro organici, inoltre, figurano numerosi ex ufficiali dell’EPL che vantano, in genere, stretti legami con le autorità cinesi.

Questi aspetti rendono le PSC dell’Impero di Mezzo entità pseudo-governative, il cui comportamento non è regolamentato, in quanto le normative giuridiche esistenti sia a livello nazionale, sia internazionale, non specificano chiaramente chi è responsabile del controllo delle loro operazioni. In tale quadro, appare chiaro che Pechino corre il rischio che queste PSC, non soggette a leggi definite e relativamente inesperte, commettano errori sulla scena internazionale tali da avere anche serie conseguenze politiche. Certamente ne risentirebbe la reputazione internazionale della Cina; preoccupazione non da poco, tenuto conto che il leader del partito e dello Stato Xi Jinping si è impegnato a trasformare il paese in una potenza globale entro il 2049.

Dal punto di vista dei paesi europei, ma anche della Russia, se guardiamo alla presenza cinese in Africa e in America Latina, la diffusione internazionale delle PSC gestite direttamente o indirettamente da Zhongnanhai può avere un impatto sui loro interessi nelle regioni di tutto il mondo, causando potenzialmente tensione e instabilità nei paesi in cui queste sono schierate e aiutando Pechino ad aumentare la propria influenza in alcuni di questi paesi. A pensarci bene, nulla di nuovo, considerando quanto accaduto con la presenza della PMC russa Wagner nell’Africa subsahariana.

Proprio a causa di tutti gli aspetti elencati, il governo cinese ha dovuto ricorrere all’intervento del Gruppo Wagner in una delicata e pericolosa situazione verificatasi all’inizio di luglio 2023 nella Repubblica Centrafricana, in cui i mercenari russi hanno dovuto salvare un gruppo di minatori cinesi impiegati in un sito minerario gestito dalla Cina a Bambari. Nel mese di marzo, nove cittadini cinesi sono stati uccisi e due feriti da uomini armati non identificati in una miniera d'oro a nord della stessa località. Il 1° luglio, l'ambasciata cinese ha ricevuto informazioni relative ad un attacco pianificato da miliziani locali e si è risolta a chiedere l’aiuto della Wagner, già presente nell’area. Il giorno successivo, i mercenari hanno individuato i minatori mentre cercavano rifugio in una giungla vicina e, dopo due giorni, li hanno evacuati nella capitale Bangui. Tutto è bene quel che finisce bene e sembrerebbe che, dopo essersi eclissato in seguito alla famosa “Marcia su Rostov” di giugno, il Gruppo abbia optato per una ricomparsa in grande stile, rivelando l’operazione per placare l’ira di Putin “dimostrando di essere ansioso di aiutare la Russia a rafforzare le sue relazioni con la Cina.”6 Ma quello che è più interessante è quanto riferito dal quotidiano South China Morning Post, secondo cui …tre fonti militari cinesi hanno dichiarato che è "molto comune per il governo cinese e le imprese statali cercare aiuto dalle forze di sicurezza private locali per proteggere cittadini cinesi e beni all'estero"7

La Cina non dispone e non consente l’esistenza di PMC; tuttavia, permette alle PSC di proliferare ed operare, subordinatamente ad un quadro normativo stabilito dallo Stato. Non dimentichiamo che Pechino tiene l’EPL e i gruppi paramilitari come la Polizia Armata Popolare (PAP) sotto lo stretto ed esclusivo controllo del Partito Comunista Cinese (PCC); anche le PSC devono sottostare a questa politica. Di fatto, dopo la legalizzazione delle PSC nel settembre 2009, si è sviluppato un settore della sicurezza privata nazionale in forte espansione.

In precedenza, il settore della sicurezza privata operava in un limbo legale. Fin dalla metà degli anni ’90 esistevano alcune organizzazioni, ma erano di piccole dimensioni e le loro attività erano molto limitate. Nel 2013, in Cina si contavano già 4.000 PSC registrate, che impiegavano oltre 4,3 milioni di addetti alla sicurezza.8 Nel 2017, questo numero era salito a 5.000.9 Come le loro controparti occidentali, la maggior parte delle PSC cinesi impiega prevalentemente ex militari o ex agenti di polizia e, ciononostante, sono piuttosto carenti nell’operare in scenari bellici.

Quando operano all’estero, ad esempio, le PSC cinesi normalmente non portano né usano armi. Di conseguenza, la maggior parte delle PSC cinesi che lavorano all’estero tendono a fornire servizi incentrati sulla consulenza in materia di sicurezza, anche se occasionalmente svolgono missioni armate tramite squadre locali a contratto:

Il personale delle società di sicurezza cinesi non può portare armi all'estero, che è uno degli svantaggi rispetto alle società di sicurezza occidentali. Poiché non possono portare armi, le società di sicurezza cinesi di solito non sono in grado di fornire servizi come le scorte. Lo stesso fatto che il personale di sicurezza cinese debba portare armi all'estero è controverso. Diversi addetti ai lavori del settore intervistati dai giornalisti hanno affermato che il personale cinese che detiene armi può effettivamente incorrere in inutili problemi, e se un cinese con una pistola ferisce o uccide persone, "è molto fastidioso". Zhou Xiaofei ha affermato che l'attuale approccio adottato dall'industria della sicurezza cinese è quello di consentire di portare armi al personale assunto localmente, il che non viola le regole e può evitare i rischi di cui sopra.10

Nell’intento di creare una regolamentazione internazionale che legittimi le attività delle PMC e delle PSC al di fuori dei propri confini, nel 2008 il governo svizzero e il Comitato Internazionale della Croce Rossa hanno guidato la stesura del cosiddetto “Documento di Montreaux”, un accordo non vincolante in materia, a cui hanno partecipato 17 Paesi tra cui la Cina. Paesi come Canada, Svezia, Regno Unito e Stati Uniti, poi, hanno aderito all’International Code of Conduct for Private Security Services Providers del 2013, altro documento nel quale vengono indicate misure sostanziali per inserire in un quadro giuridico le compagnie private di sicurezza o militari e le loro operazioni internazionali. Il Regno Unito, gli Stati Uniti e la Svezia, ad esempio, hanno leggi sulla neutralità nazionale progettate per controllare il coinvolgimento di mercenari all’estero, vietando attività che potrebbero degenerare in conflitti che, altrimenti, sarebbero immotivati.11 In particolare, nel Regno Unito vige una normativa, un po’ confusa in realtà, che impone alle PMC di registrarsi in patria prima di potersi impegnare in attività all’estero.12 La maggior parte di queste leggi si occupano prevalentemente di PMC e solo marginalmente di PSC; per tale ragione, poiché nell’Impero di Mezzo il mercato della sicurezza privata è costituito pressoché interamente di queste ultime e le stesse non sono soggette a regole definite per quanto concerne le loro attività al di fuori dei confini nazionali, la presenza delle PSC cinesi diffusa su tutto il globo non può non destare preoccupazione.

Le leggi cinesi che regolano il settore della sicurezza, dunque, fanno riferimento solo alle attività sul territorio nazionale e il diritto internazionale è vago riguardo alle PSC, anche se, come abbiamo visto, ne copre le attività in situazioni di conflitto. Alcune delle leggi esistenti hanno sortito l’effetto (forse involontariamente) di incoraggiare la rapida espansione internazionale delle PSC cinesi. La più importante di queste leggi che regolano le PSC nazionali è il "Regolamento sull'amministrazione dei servizi di sicurezza e vigilanza" (保安服务管理条例) del settembre 2009, che ha legalizzato le società ed è stato il primo tentativo di Pechino di stabilire un quadro normativo per il settore. Questo regolamento chiarisce che le PSC cinesi sono interamente sotto il controllo dello Stato, attraverso il Ministero della Pubblica Sicurezza (MPS), il Gōngānbù. Ciò dimostra che il confine tra pubblico e privato in questo settore è labile. Le PSC che desiderano fornire servizi di sicurezza armati all’interno della Cina sono effettivamente tenute a rinunciare al loro status privato, poiché devono essere interamente di proprietà statale o avere una partecipazione statale pari ad almeno il 51% di tutto il loro capitale sociale.13

Nel 2010, il Ministero del Commercio cinese ha emanato una serie di norme e regolamenti per le aziende che operano all’estero, creando per loro requisiti di sicurezza molto severi e incoraggiando così indirettamente le PSC cinesi a diventare compagnie internazionali, anche se non sono espressamente menzionate. Il “Regolamento sulla gestione della sicurezza delle società, delle istituzioni e del personale d’oltremare finanziati dalla Cina” (境外 中资企业机构和人员安全管理规定) in base al principio “chi li invia ne è responsabile” (谁派出,谁负责), prevede che le imprese cinesi devono fornire un’adeguata formazione sulla sicurezza ai propri dipendenti prima di inviarli all'estero. Le aziende che operano in aree ad alto rischio, inoltre, devono istituire sistemi di gestione della sicurezza all’estero e meccanismi di intervento in caso di emergenza sempre in materia di sicurezza.14 Offrendo alle aziende cinesi all’estero tali programmi di formazione e sistemi di gestione della sicurezza, in particolare lungo la BRI, di fatto, si è creato un mercato di nicchia per le PSC cinesi, favorendone potenzialmente un massiccio ingresso nel mercato internazionale della sicurezza privata. Anche relativamente all’impiego delle armi all’estero la normativa presenta gravi lacune. L’uso delle armi da parte delle PSC sul suolo cinese è strettamente regolato da diverse leggi, tra cui la “Legge della RPC sul controllo delle armi” del 1996 (中华人民共和国枪支管理法) e la “Normativa sull'uso delle armi da fuoco da parte del personale di scorta a tempo pieno” del 2002 (专职守护押运人员枪支使用管理条例), ma non esistono disposizioni riguardanti l'uso delle armi in territorio straniero.

Come accennato in precedenza, le PSC cinesi spesso si distinguono dalle controparti internazionali per la scelta di far operare i propri dipendenti disarmati. Le ragioni di tale scelta le abbiamo già indicate e sono prevalentemente riconducibili al fatto di evitare che possano verificarsi situazioni imbarazzanti per il governo. L’uso delle armi per le PSC, tuttavia, non è esplicitamente vietato dalla legge cinese e nemmeno dal diritto internazionale. Pertanto, in teoria, le PSC cinesi potrebbero in qualsiasi momento iniziare a usare armi da fuoco nei paesi in cui le leggi locali lo consentono, se fossero disposte a ignorare la pressione politica di Pechino.

Vincolate, quindi, solo dalle leggi del paese in cui operano, le PSC cinesi attive fuori dai propri confini, dispongono di un ampio margine di manovra per agire con conseguenze legali minime o nulle in ambito nazionale. Il vacuum normativo, ad esempio, può comportare che per le loro operazioni all’estero, le PSC cinesi non siano tenute a ottenere un’autorizzazione in patria, anche se potrebbero averne bisogno da parte del paese ospitante. Questa sorta di deregulation comporta il rischio che società piccole e non qualificate esagerino la propria esperienza e creino unità che non sono in grado di fornire i servizi pubblicizzati. Inoltre, nei paesi con regolamenti permissivi sul possesso delle armi, le PSC cinesi potrebbero disporne facilmente. Nei paesi con norme più severe sul controllo degli armamenti e sulle attività delle PSC straniere, tuttavia, le PSC cinesi limitano ancora i loro servizi alla consulenza. In questi casi, le PSC che vogliono offrire servizi di sicurezza più ampi devono stringere partenariati con società di sicurezza locali, come hanno fatto in Pakistan.

Con la diffusione delle attività commerciali e politiche cinesi in tutto il mondo, alcune delle PSC nazionali più grandi e di maggior successo hanno iniziato a seguire l’espansione internazionale delle aziende cinesi e ora forniscono anche servizi di sicurezza all’estero. Tuttavia, la stragrande maggioranza di queste società opera ancora esclusivamente in Cina, fornendo servizi di sicurezza per strutture pubbliche o private o offrendo servizi di guardia del corpo alle personalità cinesi ricche e potenti che ne richiedono i servizi. Secondo i media statali, nel 2016 sono entrate nel mercato internazionale 20 PSC cinesi,15 che hanno impiegato circa 3.200 dipendenti.16 Se confrontate con la presenza delle PSC occidentali all’estero, si rileva che la quota di mercato di quelle cinesi è ancora piccola: nel 2008, nel solo Iraq operavano circa 50 PSC straniere,17 con una netta prevalenza di quelle statunitensi e del Regno Unito.

La situazione, tuttavia, sta cambiando rapidamente, poiché le imprese statali cinesi e altre aziende nazionali che operano all’estero tendono a spostare le loro preferenze verso l’impiego di PSC cinesi. Ci sono varie ragioni per questo cambiamento, tra cui le barriere linguistiche e culturali incontrate quando si lavora con personale non cinese, così come gli aspetti economici, dal momento che le PSC internazionali tendono ad essere più costose.18 Si stima che una squadra di 12 operatori cinesi potrebbe costare come una singola guardia britannica o statunitense.19 A questi aspetti va aggiunto il fatto che il governo di Pechino abbia cominciato ad esercitare pressioni affinché le aziende cinesi ingaggino solo PSC nazionali.

Ad oggi non esiste un elenco completo e disponibile al pubblico di tutte le PSC cinesi impiegate all’estero, ma alcune delle società più attive sono facilmente identificabili. Nel 2016, il Phoenix International Think Tank – parte del Phoenix Media Group cinese – ha identificato importanti PSC attive all’estero, indicandole in una classifica.20 Le prime due società che figuravano in questa classifica sono le filiali cinesi delle PSC britanniche G4S e Control Risks, seguite da otto PSC interamente di proprietà cinese: Bejing Dewei Security Service Co. Ltd. (北京德威保安服务有限公司); China Industrial Security Group (中安保实业有限公司); Huaxin Zhongan (Pechino) Security Services Co. Ltd. (华信中安(北京)保安服务有限公司); Shanghai’s China Cityguard Security Group (上海中城卫保安服务集团有限公司); Beijing Ding Tai An Yuan Security Technology Institute (北京鼎泰安元安全防范技术研究院); Shenzhen Zhongzhou Special Security Consulting Company (深圳中州特卫安全顾问有限公司); Beijing Guanan Security & Technology Company (北京冠安安防技术有限公司) e Shandong Huawei Security Group (山东华威保安集团股份有限公司). Non compare nell’elenco, ma è altrettanto rilevante, la China Overseas Security Group (中国海外保安集团). Va detto che G4S e Control Risks sono solo due esempi di PSC internazionali che hanno creato filiali cinesi. L'ex capo della compagnia militare privata americana Blackwater, Erik Prince, ha anche creato un PSC a Hong Kong chiamata Frontier Services Group (先丰服务集团).

Sembra che proprio il Gōngānbù, che ha l’autorità per la supervisione sul settore della sicurezza privata all’interno del paese, sia orientato a regolamentare le operazioni delle PSC anche fuori dal territorio nazionale. A tale proposito, la rivista Caijing ha riferito che l’“Associazione Cinese per la Sicurezza” (中国保安协会), organizzazione sotto la giurisdizione del Gōngānbù, avrebbe redatto una “lista bianca” delle PSC cinesi ritenute idonee a lavorare all’estero.21

Ho detto della mancanza di un quadro normativo a livello internazionale o interno per la regolamentazione delle attività delle PSC cinesi all’estero che, pertanto, sono determinate principalmente dalle normative del paese ospitante e dai contratti firmati con le aziende che le impiegano. Paesi come Pakistan, Sudan e Sud Sudan rappresentano due esempi paradigmatici delle due estremità dello spettro: il Pakistan ha norme severe sulle PSC straniere sul suo territorio, mentre il Sudan e il Sud Sudan non hanno alcuna regolamentazione significativa di questo tipo.

Il corridoio economico Cina-Pakistan (CPEC) è il progetto di punta della Belt and Road Initiative e ha lo scopo di collegare la Via della Seta Marittima della BRI con la Via della Seta terrestre, attraverso una rete di 3.000 km di strade, ferrovie e condutture per trasportare petrolio e gas da Gwadar, porto pakistano sul Mar Arabico, alla città cinese di Kashgar, nello Xinjiang nord-occidentale. Si dice che oltre 30.000 cittadini cinesi siano impiegati in diversi progetti CPEC in Pakistan.22 A noi interessa sapere che il CPEC attraversa parti notoriamente instabili e insicure del Pakistan. Le preoccupazioni di Pechino per la sicurezza dei propri concittadini sono quindi significative, in particolare in quelle parti del paese dove i cittadini cinesi sono stati presi di mira dagli estremisti, come a Quetta e Karachi.

È difficile ottenere informazioni affidabili sulla reale portata delle attività delle PSC cinesi in Pakistan. Alcune, come Frontier Services Group (FSG) e China Overseas Security Group (COSG), affermano di operare in Pakistan ed è probabile che queste aziende lavorino con partner locali nel paese. FSG, ad esempio, ha dichiarato che la sua divisione regionale nord-occidentale svolge servizi in Pakistan, Afghanistan, Kazakistan e Uzbekistan. La COSG sul suo sito web afferma di avere una filiale in Pakistan e in un articolo ha dichiarato di collaborare con una società di sicurezza locale.23 La società ha riferito che la sua filiale pakistana, chiamata Pan-Asia Group, ha partecipato a un corso di formazione sull’impiego delle armi da fuoco per il personale impegnato nella protezione ai Cinesi all'estero, alla luce del deterioramento del contesto di sicurezza. LA PSC Huaxin Zhongan, poi, afferma di aver operato in Pakistan almeno una volta, impiegando personale locale reclutato tra militari in pensione provenienti dalle forze speciali, come guardie armate per la sicurezza delle troupe televisive cinesi chiamate ad occuparsi dei rapimenti di Quetta nel 2017. Mentre alle PSC straniere è vietato lavorare in Pakistan, aziende come COSG, FSG e Huaxin Zhongan hanno evidentemente trovato il modo di aggirare il divieto. La continua instabilità e il volume degli investimenti cinesi in Pakistan, probabilmente determineranno un incremento della presenza di PSC cinesi nel paese, approfittando della preferenza delle imprese dell’Impero di Mezzo per le compagnie di sicurezza nazionali.

Il caso del Sudan e del Sud Sudan fornisce un altro esempio dei risultati e dei limiti del lavoro delle PSC cinesi all’estero. Consideriamo i due paesi insieme perché il coinvolgimento cinese nella regione, che si concentra principalmente sul settore petrolifero, risale alla fine degli anni ’90, quando il Sud Sudan, ricco di petrolio, non era ancora indipendente. Sebbene né il Sudan né il Sud Sudan facciano ufficialmente parte della BRI, entrambi i governi stanno cercando di sfruttare la loro posizione strategica vicino alla Via della Seta Marittima per attirare investimenti cinesi. Il governo sudanese di Khartoum, ad esempio, ha annunciato che mira a trasformare Port Sudan in una zona di libero scambio per sostenere la BRI.24 La sicurezza nella regione è stata a lungo un problema. Nell’ottobre 2008, nove lavoratori cinesi della China National Petroleum Corporation (CNPC) sono stati rapiti nello stato sudanese produttore di petrolio del Kordofan meridionale; quattro di loro sono stati uccisi. E alla fine di gennaio 2012, i ribelli del “Gruppo Nord del Movimento di Liberazione del Popolo Sudanese (SPLM)” hanno rapito 29 lavoratori cinesi della China Power Construction Corporation, di proprietà statale, nella stessa regione.25 Per alcuni anni la sicurezza degli impianti petroliferi è stata in gran parte nelle mani dell’esercito del Sud Sudan, ma le aziende cinesi che operano nella regione da tempo hanno cominciato a ricorrere ai servizi delle PSC per la propria sicurezza.

Né il Sudan né il Sud Sudan hanno leggi o regolamenti chiari che limitano le operazioni delle PSC straniere nei loro territori e la legislazione sul controllo degli armamenti nel caso del Sudan26 non menziona le PSC, mentre nel caso del Sud Sudan consente agli appaltatori privati della sicurezza di portare e utilizzare armi da fuoco, purché abbiano una licenza.27

Nel luglio 2016, ha fatto notizia il coinvolgimento della Bejing Dewei Security Service (DeWe) in una scaramuccia nella capitale sud sudanese di Juba. La PSC è stata chiamata a proteggere i dipendenti della CNPC (suo principale cliente nel paese) e ad aiutare l'evacuazione di 330 civili a Nairobi, in Kenya, dopo una sparatoria iniziata tra fazioni locali in guerra. I resoconti dell'incidente hanno riferito che i dipendenti della DeWe all'epoca erano disarmati e ampiamente impreparati ad affrontare un simile scenario. In definitiva, l’evacuazione dei lavoratori, peraltro risultati tutti sani e salvi, dovette attendere che le forze governative avessero espulso i ribelli dalla città.28 Anche altre PSC cinesi, come il Weizhijie Security Group (伟之杰安保集团)29 - il cui principale cliente all’estero è PetroChina - o il China Security and Protection Group,30 hanno affermato di fornire servizi nell’area africana in esame. Gli esempi di attività delle PSC in Sudan e nel Sud Sudan mostrano che le PSC cinesi sono molto attive nella regione e occasionalmente vengono coinvolte in scenari di combattimento.

Le PSC cinesi, tuttavia, non sono gli unici appaltatori di sicurezza privati che operano nella regione. Anche concorrenti internazionali, come G4S e Control Risks, così come PMC come DynCorp o Academi (ex Blackwater), conducono missioni nell’area, principalmente in Sud Sudan. L’esito di questa competizione, tuttavia, molto probabilmente non dipenderà da quali fornitori di sicurezza saranno più efficaci o più preparati. Dipenderà, piuttosto, invece da quali aziende internazionali saranno disposte a continuare a investire nella regione, nonostante il rischio. Poiché Pechino incoraggia le aziende statali cinesi ad assumere PSC cinesi, possiamo aspettarci che le PSC cinesi sfrutteranno lo slancio del crescente coinvolgimento cinese nella regione per aumentare gradualmente la propria quota di mercato.

In conclusione, possiamo dire che le società di sicurezza private si sono trasformate in una buona alternativa per proteggere gli investimenti cinesi all’estero. Pechino deve garantire la sicurezza dei cittadini cinesi, nonché il successo dei progetti legati alla BRI, in particolare quando l’iniziativa si espande in paesi instabili e insicuri. Tuttavia, l’invio di truppe dell’EPL al momento non è un’opzione realistica, in quanto andrebbe contro l’autoproclamato principio di non interferenza della Cina, nonché contro l’immagine benevola che la Cina vorrebbe dare attraverso la BRI. La relativa natura “privata” delle PSC sarebbe utile a Pechino, consentendone la plausibile negazione negli scenari peggiori e raccogliendo al tempo stesso i benefici in termini di pubbliche relazioni, attraverso i successi delle missioni negli scenari migliori. La Cina non è il primo Paese a giungere a questa conclusione, come hanno dimostrato altri esempi internazionali di utilizzo delle PMC e delle PSC nei conflitti armati o nella ricostruzione postbellica. La differenza, tuttavia, è che le PSC cinesi sono (indirettamente) legate al PCC, attraverso il reclutamento quasi esclusivo di veterani dell’EPL.

Qualsiasi incidente in cui le PSC cinesi si trovino a gestire uno scontro armato in modo non professionale potrebbe trasformarsi in un disastro politico per Pechino. Secondo il diritto internazionale, inoltre, è responsabilità dello Stato supervisionare e monitorare le PMC e le PSC con sede nel proprio paese. In caso di controversia quando coinvolte in attività all’estero, la responsabilità è dello Stato presso il quale le società hanno stipulato il contratto. Questo vale anche per la Cina, naturalmente. È quindi chiaro che la regolamentazione delle attività estere delle PSC cinesi presenta vantaggi sia per Pechino che per la comunità internazionale.

Finora la Cina non ha adottato alcuna misura per migliorare il quadro giuridico internazionale esistente o per creare nuove norme per controllare il comportamento dei PSC. Per garantire un maggiore controllo di qualità della presenza delle proprie PSC all’estero e instaurare un buon rapporto con i paesi ospitanti, Pechino dovrebbe diventare membro del “Codice di Condotta Internazionale” e dovrebbe richiedere a tutte le PSC cinesi che intendono operare a livello internazionale di fare lo stesso. A livello nazionale, Pechino dovrebbe spingere il Gōngānbù ad emanare un nuovo regolamento rivolto specificamente alle operazioni all’estero delle PSC cinesi. I modelli per tale regolamentazione abbondano sulla scena internazionale, anche in diversi paesi europei. Paesi come il Regno Unito, il Belgio o la Svezia, con settori nazionali di sicurezza privata regolamentati più rigorosamente e che hanno accettato di sottoscrivere normative internazionali, potrebbero svolgere un ruolo chiave nell’incoraggiare Pechino a compiere questi passi.

Per garantire la sicurezza dei progetti legati alla BRI, Pechino attualmente negozia le condizioni per le operazioni delle PSC cinesi su base bilaterale con i governi ospitanti nei paesi in cui operano. In questo modo, Pechino potrebbe adattare questi accordi in base al sistema di regolamentazione nazionale delle PSC di ogni singolo paese, per ottenere maggiore chiarezza sulle responsabilità in caso di incidenti. Dal punto di vista di Pechino, questa sarebbe una soluzione pratica, poiché consentirebbe alla Cina di utilizzare la sua influenza politica ed economica sui governi dei paesi ospitanti per creare condizioni favorevoli per le PSC cinesi. L’impiego sistematico delle PSC può anche aiutare Pechino a mantenere l’immagine di una Cina non orientata all’espansione militare globale.

I dati concreti sulla portata e sulle dimensioni del settore della sicurezza privata cinese rimangono sfuggenti. Ciò che chiaro, tuttavia, è che la domanda di servizi alle PSC cinesi, così come la loro potenziale offerta, è destinata ad espandersi soprattutto lungo la BRI, soprattutto nel settore marittimo e nella formazione delle forze di polizia e di sicurezza nei paesi in via di sviluppo.

Ci sono diverse aree-chiave per lo studio degli sviluppi di impego delle PSC cinesi nel futuro. La prima è disporre di una banca dati completa di tutte le PSC attive in Cina e all’estero. La seconda è effettuare un’analisi completa delle località in cui le PSC vengono schierate all’estero, con particolare attenzione a quanto accade nei paesi della BRI. La terza sarebbe il monitoraggio delle stesse PSC all’estero, attraverso un’analisi delle immagini satellitari delle aree addestrative utilizzate, per identificare i tipi di forze addestrate, le loro capacità e la tipologia di operazioni per le quali si addestrano.

Fino a quando le misure sopra menzionate non saranno adottate e non saranno compiuti progressi nella regolamentazione dei PSC cinesi, l’uso da parte della Cina di PSC per proteggere i propri interessi all’estero può seriamente minare la credibilità della Cina e non aiuta a dissipare le preoccupazioni sugli investimenti internazionali di Pechino e sulle sue reali intenzioni di essere un attore responsabile della sicurezza globale.

1 L'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO) è un'organizzazione eurasiatica a carattere politico-economico internazionale per la sicurezza e la difesa, fondata da Cina e Russia nel 2001. È la più grande organizzazione regionale al mondo in termini di portata geografica e popolazione, coprendo circa il 60% dell'area del Eurasia, il 40% della popolazione mondiale. La SCO è il successore dello Shanghai Five, formato nel 1996 tra Repubblica Popolare Cinese, Kazakistan, Kirghizistan, Russia e Tagikistan. Nel giugno 2001, i leader di queste nazioni e dell’Uzbekistan si sono incontrati a Shanghai per annunciare una nuova organizzazione, finalizzata ad una più profonda cooperazione politica ed economica. Nel giugno 2017 l’organizzazione si è ampliata, includendo altri due stati: l’India e il Pakistan. Nel luglio 2023, l’Iran si è unito al gruppo. A partire dal 2023, la SCO si concentra principalmente su problematiche relative alla sicurezza, in particolare rivolte a minacce quali terrorismo, separatismo ed estremismo. Si è occupata del traffico regionale di esseri umani, del traffico di armi e ha creato proprie liste di organizzazioni terroristiche.

2 C. Putz, 3 convicted for Chinese embassy attack in Bishkek, The Diplomat. 30/06/2017. https://thediplomat.com/2017/06/3-convicted-for-chinese-embassy-attack-i....

3 In first mention, Defence review says ‘unorthodox’ weapons used in Galwan, Express News Service, 06/01/2021.

https://indianexpress.com/article/india/galwan-valley-india-china-clash-....

4 La guerra sino-vietnamita fu un breve ma intenso conflitto armato che si sviluppò dal 17 febbraio al 16 marzo 1979 tra la Repubblica Popolare Cinese e la Repubblica Socialista del Vietnam. Il conflitto fu il risultato del clima di tensione cresciuto tra le due nazioni, dovuto al sostegno dato dal Vietnam all'Unione Sovietica (in quel momento in aperto contrasto con la Cina) e acuitosi dopo l'invasione vietnamita della Cambogia e la deposizione del regime dei Khmer Rossi, tradizionali alleati dei cinesi. In quella che fu concepita principalmente come una "spedizione punitiva" e non come un vero e proprio tentativo di conquista, le truppe cinesi avanzarono oltre il confine e catturarono alcune cittadine nei pressi della frontiera, salvo poi decidere di cessare le ostilità e ritirarsi spontaneamente il 5 marzo 1979; entrambe le parti rivendicarono la vittoria anche se di fatto la situazione tornò allo stato precedente il conflitto.

5 A. Erickson, G. Collins, Enter China’s Security Firms, The Diplomat, 21/02/2012. https://thediplomat.com/2012/02/enter-chinas-security-firms/.

6 La Wagner ricompare in Africa, “salvati minatori cinesi”, ANSA, 13/07/2023. https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/africa/2023/07/13/la-wagner-ricom....

7 M. Chan, Wagner mercenaries rescued Chinese gold miners in Central African Republic in July, paramilitary group says, South China Morning Post, 13/07/2023. https://www.scmp.com/news/china/military/article/3227490/wagner-mercenar....

8 Chongqing Shibao, 国内保镖行业揭秘:超半数富豪雇保镖撑门面 (Svelati i segreti dell'industria nazionale delle guardie del corpo: più della metà delle persone benestanti assumono guardie del corpo per proteggere le loro proprietà), 20/10/2013. http://new.qq.com/cmsn/20131020/20131020000223.

9 A. Arduino, China’s Private Army: Protecting the New Silk Road, Palgrave Pivot, Singapore, 2018.

10 海外安保市场总额达百亿美元 中国企业试水“淘钻 (Il mercato della sicurezza d'oltremare ammonta a decine di miliardi di dollari, le aziende cinesi testano le acque), Xinhua, 27/05/2016.http://www.xinhuanet.com/world/2016-05/27/c_129019763_3.htm.

11 Questi corpi normativi includono lo United States’ Neutrality Act 1974 e il Neutrality Act 1939, lo UK’s Foreign Enlistment Act 1870, l’Articolo 85 del Codice Penale Francese e il Capitolo 19 del Codice Penale Svedese.

12 C. Beyani, D. Lilly, Regulating Private Military Companies: options for the UK Government, International Alert, August 2001.

13 保安服务管理条例 (Regolamento per la gestione dei servizi di sicurezza, Consiglio di Stato della Repubblica Popolare Cinese, 13/10/2009. http://www.gov.cn/zwgk/2009-10/19/content_1443395.htm.

14 境外中资企业机构和人员安全管理规定 (Norme sulla gestione della sicurezza delle istituzioni e del personale delle imprese d'oltremare finanziate dalla Cina), Ministero del Commercio della Repubblica Popolare Cinese, 13/08/2010. http://www.mofcom.gov.cn/aarticle/b/bf/201008/20100807087099.html.
 

15 Xie Wenting, Chinese security companies in great demand as overseas investment surges, Global Times. 23/06/2016. http://www.globaltimes.cn/content/990161.shtml.

16 Zhong Nan, Overseas security to get upgrade, China Daily, 22/04/2016. https://www.chinadailyasia.com/nation/2016-04/22/content_15420820.html.

17 J. Elsea e al., CRS Report for Congress. Private security contractors in Iraq: Background, Legal Status, and Other Issues, 25/08/2008. https://fas.org/sgp/crs/natsec/RL32419.pdf.

18C. Clover, Chinese private security companies go global, Financial Times, 26/02/2017.https://www.ft.com/content/2a1ce1c8-fa7c-11e6-9516-2d969e0d3b65.

19 Ibid.

20 凤凰国际智库, “2016年中国企业海外安保公司排榜” (Phoenix International Think Tank, “Classifica 2016 delle società cinesi di sicurezza estere”), Phoenix International Think Tank, 30/03/2016. http://pit.ifeng.com/event/special/haiwaianquanguanlibaogao/chapter3.shtml.

21 Hao Zhou, Wen Yuan Xue, 海外中国”的隐秘侍卫” (La guardia segreta della "Cina d'oltremare"), Caijing Magazine, 24/07/2017. http://www.caijingmobilecom/article/detail/334033?source_id=40.

22 CPEC, other projects being supported by 30,000 Chinese workers: Ambassador Khalid, The Nation, 24/08/2017. https://nation.com.pk/24-Aug-2017/cpec-and-other-projects-being-supporte....

23 外媒称中资公司易遭风险 中外保安公司争抢商机 (I media stranieri affermano che le aziende finanziate dalla Cina sono vulnerabili ai rischi e le società di sicurezza cinesi e straniere competono per opportunità di business), Guancha, 25/04/2017.http://www.guancha.cn/global-news/2017_04_25_405230.shtml.

24 J. Hammond, Sudan: China’s Original Foothold in Africa, The Diplomat, 14/06/2017. https://thediplomat.com/2017/06/sudan-chinas-original-foothold-in-africa/.

25 U. Laessing, S. L. Wee, Kidnapped Chinese workers freed in Sudan oil state, Reuters, 07/02/2012. https://www.reuters.com/article/us-china-sudan-workers/kidnapped-chinese....

26 C. Flew, A. Urquhart, Strengthening small arms controls: An audit of small arms control legislation in the Great Lakes region and the Horn of Africa. Sudan, Saferworld, 2004.

28 C. Clover, Chinese private security companies go global, Financial Times, 26/02/2017. https://www.ft.com/content/2a1ce1c8-fa7c-11e6-9516-2d969e0d3b65.

29 南苏丹内战 (Guerra civile nel Sud Sudan), VSS Security Group, luglio 2016. http://www.vss911.cn/Solution.aspx?Id=346.

30 中安保国际公司南苏丹安保团队凯旋归来. (La squadra di sicurezza del Sud Sudan della China Security International Company è tornata trionfante), China Security and Protection Group, 12/02/2018. http://www.cspbj.com/News/Detail/522.

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