Il regolamento della Sacra Infermeria a Malta: un capolavoro nel campo del management sanitario

(di Michele Cantarano)
02/09/15

Per secoli, la malattia è stata considerata sinonimo di colpa morale. Il male colpiva l’uomo peccatore, colui il quale si macchiava di efferatezze o condotte contrarie ai precetti religiosi. Bisogna comunque riconoscere che, se da una parte le autorità ecclesiastiche generavano questa impostazione mentale nella società, dall’altra esse erano, anche, espressione di una istanza sociale di “carità” del Cristianesimo1 e della sua specifica attenzione all'atteggiamento del Cristo “medico”2 o al dovere di misericordia anche verso il corpo: “Ero malato e mi avete visitato” (Mt 25, 36).

Si è molto parlato delle innovazioni apportate dai grandi luminari della disciplina medica e provenienti dalle illuminate scuole di Pavia, o Gottinga o della Royal Infirmary nel Regno Unito. Pochi però hanno dato il giusto merito a coloro che possono essere considerati i veri precursori del manegement ospedaliero. Questa innovazione, proveniva da una piccola Isola, ultimo avamposto della cristianità in un Mediterraneo all’epoca saldamente in mano all’Impero Ottomano: Malta. Su questo “scoglio”, si era insediato un Ordine che aveva affrontato le vicissitudini della sua storia da vero protagonista: il Sovrano Militare Ordine Ospitaliero di San Giovanni di Gerusalemme, detto di Rodi, detto di Malta.

In un panorama che vedeva la forte contrapposizione tra Islam e Cristianesimo, con divisioni di classe all’interno delle “fedi” stesse, le iniziative della Sacra Infermeria in fatto di soccorso e servizio al “signor Malato” possono essere definitive “rivoluzionarie”.

L’Ordine di Malta, sorto in Oriente, a Gerusalemme, intorno al 1045, ed organizzatosi in linea con le esigenze del suo tempo, una volta trasferitosi sulla “Isola del miele” (Μελίτη - Malta) riuscì ad adattarsi al suo clima inospitale ed a trasformarsi da Ordine cavalleresco – religioso, votato alla custodia e al supporto dei pellegrini in Terra Santa, in un Ordine votato alla guerra sul mare ed alle operazioni legate a tali attività.

Infatti la raison d’etre dell’Istituzione, fin dalla sua nascita, è stata quello di ospitare i pellegrini che giungevano nei luoghi santi per i cristiani. Essi erano conosciuti come Ospedalieri, Isbitariyya, addirittura presso i musulmani. Loro impronta distintiva era un sistema di ospitalità e servizio al pellegrino di una tale lungimiranza da esser loro permesso, dopo la conquista di Gerusalemme da parte dei guerrieri del Salah al Din3, di rimanere in città per prendersi cura dei cristiani che non erano stati in grado di pagare le dieci corone che il Sultano aveva fissato come prezzo per la libertà o erano state ferite durante l’ assedio della città.

A tal proposito, esiste una leggenda riguardante il Saladino riportata nei Quaderni di Spiritualità del Sovrano Militare Ordine di Malta. Il Condottiero avrebbe fatto visita all'Ospedale dal momento che “Le lodi di questa loro attività al servizio dei bisognosi di qualunque Fede furono tali che giunsero alle orecchie del Salah al Din, il quale volle verificarne di persona la consistenza. Si travestì quindi da mendicante musulmano e si presentò alla porta dell'ospedale. Gli furono subito offerti ricovero e cibo. Accettò sì il primo, ma si rifiutò di mangiare per due giorni. Il terzo mattino, gli fu chiesto che cosa volesse da mangiare, ed egli rispose che avrebbe gradito la coscia (o il cuore a seconda delle versioni) del cavallo preferito del Gran Maestro. Pur con qualche titubanza, il Gran Maestro diede l'ordine di accontentare l'ospite, il quale, proprio prima che venisse effettuato il taglio, intervenne dicendo che il suo appetito era già stato soddisfatto dalla volontà di volerlo accontentare in ogni modo4”.

Dopo il termine dei Domini Latini nell’Oltremare, dopo la cacciata da Rodi e il trasferimento dell’Ordine sull’Isola, i Cavalieri investirono gli ingentissimi frutti della loro guerra di corsa sul Mediterraneo, nelle opere di assistenza e soccorso. E’ interessante notare che dopo l’ installazione dei Giovanniti nel 1530, una delle prime strutture di cui narrano le cronache fosse proprio un Ospedale attivo già nel 1533. Dopo il Grande Assedio (1565) ed il completamento della città de La Valletta, l’Ordine si acquartierò nella nuova capitale nel 1574. La prima Assemblea Generale dell’Ordine si tenne proprio allo scopo di creare una nuova Sacra Infermeria tra le mura della “Nuova Città”.

Molti furono i visitatori di quest’imponente opera ospedaliera e ne restarono favorevolmente colpiti non solo per l’edificio ma per l’ ospitalità offerta. I malati erano serviti dai Cavalieri più giovani con vasellame d’argento ed ogni venerdì erano accompagnati dal Gran Maestro con i più alti Dignitari dell’Ordine. Quindi, già nel XVI secolo, noi abbiamo la lampante testimonianza di una diversa cultura e di un diverso modo di sentire il malato. E’ pacifico che essendo uno dei due carismi dell’Ordine, quello dell’obsequium pauperum, i Cavalieri si impegnavano anima e corpo nel garantire che la propria missione non naufragasse. Di qui l’“umiliarsi” e servire gli ultimi tra gli ultimi, coloro che non erano in possesso neanche del bene basilare: la salute.

Giovani rampolli delle casate più nobili di Europa, avevano come primo incarico quello di inginocchiarsi e pulire le piaghe dei poveri derelitti. L’ uso di posate d’ argento, come sopra accennato, era una delle manifestazioni dell'ossequio a “Nostro Signore il Malato”, ma, anche, espressione di una conoscenza pratica da parte dei Sanitari dell'Ordine: l'argento aveva potenti qualità batteriostatiche. A riprova di questa duplice valenza del metallo “nobile” occorre dire che i Cavalieri, compresi i supremi Dignitari, non lo utilizzavano per la loro refezione abituale. Nel 1725 si contavano ben 1150 pezzi d’argenteria nella dotazione dell’Ospedale. E’ quindi in questo clima di costante ricerca di miglioramento delle condizioni del malato che si vedono le più grandi innovazioni dell’Ordine in materia medica.

Le innovazioni furono infatti molteplici, sia strutturali, sia regolamentari. Vediamone alcune:

Nel maggio del 1679, veniva costruita una stanza per accogliere i pazienti ritenuti contagiosi. Tale stanza si andava ad aggiungere a quella che era al momento, la struttura ospedaliera più grande d’ Europa: ben 155 metri di lunghezza per 10,5 metri di larghezza per 11 metri di altezza (!). In tale Sala Grande era disposta su un lato della Sacra Infermeria ed una fila di finestre forniva luce ed aria in quantità. Durante l’ inverno, le pareti, che solitamente erano spoglie, venivano ricoperte da grandi pannelli in legno o da arazzi.

L’innovazione dell’utilizzo di tali complementi d’arredo stava non soltanto nell’ “ingentilimento” della corsia, ma anche in funzione di coibentazione termica! Non è da sottovalutare, tuttavia, un altro scopo per il quale i pannelli erano esposti: le raffigurazioni contenute negli Arazzi, tutte volte a magnificare la gloria e la potenza dell'Ordine avevano, anche, un contenuto di natura propagandistica e di “visibilità”!

Nella parte opposta alla Sala Grande, si trovava un edificio detto Ronta. Era una stanza dove era posto un lettino ruotante su un asse verticale. Questa stanza comunicava con la strada all’esterno, per mezzo di un’apertura, o finestra ricavata nel muro. Attraverso questa finestra i neonati ripudiati od illegittimivenivano lasciati nel lettino affinché il personale dell’Infermeria se ne prendesse cura. L’ intero apparato era costruito in modo tale che la persona che depositava il neonato, poteva farlo senza essere vista dall’interno e senza rivelare la propria identità. I bambini erano tenuti finché non erano affidati a madri adottive o impiegati, dopo idonea formazione tecnica, in attività lavorative di pubblica utilità secondo la loro inclinazione e secondo il loro sesso. Veniva favorita l’adozione, a fronte di rigorose garanzie da parte delle famiglie affidatarie, soggette sempre ad ispezioni nel merito. Vi era poi la proibizione di affidare o far lavorare questi ragazzi fuori dalle strutture loro, salvo il consenso della Congregazione6.

L’efficacia dell’assistenza Giovannita agli esposti era talmente valida che tra il 1787 e il 1788 ci furono ben 212 accettazioni di neonati (nel 1755 gli abitanti dell’isola erano circa 74.000)7 lo 0,29% sul totale della popolazione: il tasso odierno di crescita sull’isola (aggiornato al 2011) è dello 0,359%8.

All’interno della Sacra Infermeria, ogni paziente poteva avere (ed effettivamente aveva ) un letto singolo, ognuno di questi era fornito di materassi di lana con baldacchini e tende variopinte. Quando esse insieme alle coperte, erano dichiarate non più idonee, ma comunque ancora usabili, venivano distribuite ai poveri oppure, per quanto possibile, utilizzate ad essere ridotte a bende per i feriti. Una annotazione doverosa, che esprime la qualità delle forniture della Sacra Infermeria, è da riservarsi ai materassi: è prescritto che siano tutti di lana e che debbano essere periodicamente rifatti da cardatori all’uopo incaricati, originariamente nell’organico stesso dell’Ospedale e, successivamente, con appalto all’esterno.

Inoltre, la biancheria non era fornita indistintamente: al fine di garantire la salute pubblica, l’Ospedale veniva provvisto di reparti per gli infettivi, soprattutto tisici (“Etici”). La biancheria in uso in questi reparti doveva essere rigorosamente separata da quella in uso agli altri Infermi, lavata a parte ed in recipienti appositi solo a ciò destinati. Altrettanto dicasi per le stoviglie e utensili vari. Per essere certi dell’uso esclusivo di tutta questa dotazione, si prevedeva che tutto il materiale venisse bollato con un contrassegno diverso da quello usato per i reparti comuni.

In caso di morte del paziente, il materasso veniva bruciato ed il letto disinfettato, anche nel caso in cui venisse usato da un ammalato della stessa malattia. La paura di malattie contagiose era ben giustificata se si teneva conto del limitatissimo territorio maltese e della sua condizione insulare.

Erano esclusi dalle cure ospedaliere gli affetti da “semplice gonorrea”. Si vuole qua segnalare, una norma per l’ammissione alla cura nella Falanga che attinge all’ambito morale: “Né si accetteranno gli ammogliati che non presenteranno un attestato, che la loro moglie si trova nell’Ospedale delle donne per fare la stessa cura, od una fede della Curia Vescovile della separazione del toro (sic!)”.

L’ Infermeria accolse uomini malati appartenenti a qualsiasi ceto sociale, qualsiasi straniero e di qualsiasi credo. I non cattolici, non potevano però restare più di tre giorni nella Sala Grande, se rifiutavano di ricevere l’istruzione religiosa da parte dei cappellani. Verso la fine del XVIII secolo, il numero dei malati ammessi all’ospedale era quasi di 4000 all’anno, con una mortalità dell’8% (contro il 20% degli Istituti assistenziali “Illuminati” d’Europa).

La Sacra Infermeria, prevedeva la suddivisione dei malati ( una forma di triage ante litteram): nella Sala Grande i 64 pazienti erano divisi in: lato sinistro per i malati cronici e lato destro per i casi gravi; nella Sala Vecchia si avevano 22 letti per il soccorso dei civili, dei membri di comunità religiose e i pellegrini affetti da mali medici; la Sala per i Feriti con due stanze adiacenti di 29 letti per casi chirurgici a favore della popolazione civile; la Saletta con 20 posti per i moribondi. Alle donne non era consentito l’accesso in questa corsia e nemmeno avvicinarsi ad essa o a qualsiasi altro locale in cui si trovavano i moribondi; la Sala Nuova o Sala per i Flussuanti con 21 letti per i pazienti che soffrivano di disturbi intestinali; la Sala di S. Giuseppe con 20 letti riservati ai detenuti malati; due Corsie di Litotomia per i pazienti operati della comune affezione di calcoli alla vescica; la Sala dei Cavalieri con 19 letti per gli appartenenti all’Ordine che avessero bisogno di assistenza medica; due Sale del Magazzino, per un totale di 36 letti, ideate per accogliere pazienti affetti da disturbi mentali; la Palombara cosi definita perché composta da un numero di sale piccole con 29 letti per gli affetti da malattie contagiose trasmissibili quali la tubercolosi e la tricofitosi.

Vi erano inoltre due sale con 19 letti per i membri dell’Ordine affetti da disturbi chirurgici; due sale con 10 letti per casi chirurgici per i civili; un’altra sala con 18 letti per i malati di mente. Questi ultimi venivano poi trasferiti in una delle due Sale del Magazzino se rappresentavano una fonte di disturbo per gli altri pazienti9

Vi era inoltre una stanza nota come Il Violino. Non si conosce il motivo di tale nome e a quale scopo fosse destinata10il “Kaiser” era una stanza da 3 letti dove erano alloggiati i pazienti in cura con l’ acetato di mercurio, somministrato nel XVIII secolo per la cura delle malattie veneree.

Vi era, ancora, una stanza con 8 letti per i non cristiani; la fila Mediana era una stanza con 15 letti la cui posizione ed il cui scopo non sono conosciuti.

Il Grande Magazzino aveva 109 letti per gli schiavi delle galee, per i marinai ed i soldati invalidi delle forze marittime e terrestri dell’Ordine, per i mutilati e per gli operai dei cantieri.

La Falanga aveva 120 letti riservati al trattamento dei malati affetti da malattie infettive o veneree.

Facendo un calcolo basandosi anche sui dati forniti durante quel periodo, si può stimale un numero ordinario degl’Infermi di circa 350-400.

All’interno dell’assetto amministrativo vale la pena notare che, fin dal 1725, la équipe medico-chirurgica di uomini ricchi di esperienza dopo un tirocinio svolto in Italia ed in Francia, era costituito da:

tre medici anziani interni,

tre medici giovani interni ,

tre chirurghi anziani interni,

due chirurghi giovani “pratici”,

sei cerusici ed un flebotomo per il salasso, che era aiutato da due assistenti per l’applicazione delle sanguisughe, dei cataplasmi e vescicanti.

La Farmacia era gestita da un Capo Farmacista assistito da cinque Apprendisti lavoranti, un Lettore di Ricette ed un cerusico Barberotto dei Clisteri.

L’assistenza infermieristica era svolta da un certo numero di Servi o Guardiani , ma il cibo veniva distribuito da Cavalieri e Novizi, i quali si occupavano dei malati durante i pasti e ciascuna Lingua11 compiva i propri doveri in giorni fissati durante la settimana in base ad un turno prestabilito.

Mentre in Europa “infuriava” il dibattito medici – chirurghi, nel 1676 nasceva presso la Sacra Infermeria la Scuola Universitaria di Anatomia e Chirurgia che divenne una tra le più rinomate in tutta Europa (ed una delle più antiche). In questa scuola furono compiute le prime lezioni e i primi esperimenti su cadaveri.

Nel 1769 il gran maestro Pinto le trasformò in Università: qui sarà “laureata” la prima donna medico e le sarà consentito di esercitare la professione di chirurgo.

All’interno di tale Scuola, lo studio dell’anatomia fu reso obbligatorio per tutti gli studenti di medicina e dovevano partecipare a lezioni e dimostrazioni nel corso dell’intero anno alla dissezione dei cadaveri. Allo scopo di facilitare tale studio si decise che i corpi dei pazienti morenti nell’Infermeria dovevano essere dissezionati dall’insegnante di anatomia. Per quei tempi tale opportunità era una vera e propria rarità.

Una interessante testimonianza della pulizia e cura delle corsie ci viene da un Dragone di Sua Maestà Britannica, il quale nel 1687 scriveva nelle sue memorie: “Passato attraverso il cancello, fece un giro per la farmacia, molto ben fornita, quindi visitò le stanze dei dottori ed entrò nel Cortile Quadrato. Un intenso profumo lo pervase! C’ era un giardino di aranci e limoni. Di li passò in un altro cortile che a sua volta aveva un certo numero di cedri ed il loro dolce e fragrante profumo giungeva fresco in ogni sala, disposte tutt’intorno. Poi proseguì verso una sala di 130 letti contorniate da tende e mantovane. Le “teste” dei letti stavano in ordine regolare contro il muro su ciascun lato della sala a distanza di 4 piedi circa l’ uno dall’altro. Mentre fra le due file di letti c’ era tanto spazio che dodici uomini avrebbero potuto camminare fianco a fianco con tutta tranquillità. Sebbene ci fossero numerosi pazienti l’atmosfera era piacevole, dolce e pulita… In un’ altra sala, oltre ai letti disposti lungo le mura, c’ era una fila mediana – collocati frontalmente due a due, per tutta la lunghezza della corsia – in modo confortevole ma senza tende o mantovane… Tutti i pazienti venivano serviti dai Cavalieri con piatti d’ argento… Malgrado un così alto numero di letti, era mantenuta pulita ed ordinata e non vi era alcun cattivo odore…La cucina – attigua- al Grande Magazzino era in pieno fervore. I cuochi erano a lavoro, tutti intenti alla preparazione dei cibi sotto gli attenti sguardi dei Cavalieri preposti al controllo. C’ era pollo in abbondanza ed ingenti quantità di carne, e molti recipienti, piatti e scodelle, alcuni dei quali assai grandi e tutti ben disposti e curati… In tutta onestà posso ben dire di non aver mai visto un ospedale così bello e pulito nel corso della mia vita…”.

Qualche anno più avanti, nel 1791 il Conte francese De St. Priest12 così annotava: “L’Ospedale contiene numerose grandi sale ben areate e dei vasti magazzini nei quali, all’occasione, si possono quadruplicare le file dei letti: in queste strutture ai disgraziati di tutti i Paesi, di tutte le religioni, di tutti i culti, si prodigano ai malati le assistenze, i rimedi, e i conforti da parte dei Cavalieri ; essi vigilano non soltanto sulle varie divisioni amministrative, al vertice delle quali è una delle maggiori dignità dell’Ordine , ma servono essi stessi in prima persona i malati. Il vasellame impiegato è nella quasi totalità d’argento, la semplicità del loro lavoro dimostra che questa magnificenza non è tanto ostentazione di lusso quanto mezzi di attenzione alla dignità del malato”.

Ad avvalorare la nostra teoria sulla impostazione “pioneristica” dell’assistenza medica da parte della Sacra Religione, andremo ora a descrivere l’innovazione apportata dall’approvazione del Regolamento della Sacra Infermeria, fortemente voluto dal Gran Maestro Manuel Pinto de Fonseca13 nel 1725.

La mattina a buon’ora l’Infermiere14 fa suonare la Visita nella quale interviene per far’ osservare con la dovuta carità dalli Medici l’ Infermi, e acciò gli sia ordinato il bisognevole: Venuto poi il tempo del desinare fa suonare la Mangia per avvisare tutti gl’Officiali, e assiste alla medesima acciò ogni letto abia la pitanza ordinatagli, e ogn’uno de’ Subalterni faccia il suo dovere; e lo stesso fa la sera nella Visita, e Cena.

Sono previste sanzioni per quei Cavalieri che risultano assenti al servizio della Sacra Ospitalità. I giorni di visita dei Novizi stabiliscono che le varie Lingue15, di cui è composto l’ Ordine, debbano prestare la loro opera secondo turni prestabiliti16.

I turni si svolgono sotto la sorveglianza del Maestro dei Novizi, due Commissari e da uno Scrivano che annotava chi mancasse nella giornata, affinché lo si potesse ammonire in un secondo momento. L’Infermiere inoltre: “Deve sopra tutto far osservare la dovuta quiete, e perciò di notte suol spesso visitare tutti i letti, e Sale per la vigilanza delle Guardie, lumi, ed altro…ha l’ autorità di licenziare , e mettere i Guardiani, o siano Servi, e castigarli nella forma che meritano, mancando alla polizia e custodia de’ Malati. Ha in oltre cura Speciale della Casa, detta la Falanga nella quale la Sacra Religione fa nodrire i poveri Bambini esposti , con la separazione conveniente dell’uno, e l’ altro sesso sotto la cura di tre Donne da bene, ed attempate facendoli prima munire del santo Battesimo, e poi allattare in casa di Balie, e educare nella meglior forma, procurando di collocarli, adulti che siano, o in Matrimonio, o al servizio di persone onorate, e per allevare parte di Zitelle con la dovuta pietà si riducono in un Conservatorio dove se li paga il necessario mantenimento”.

Condizione essenziale per una cura adeguata e dignitosa del Signor Malato era anche una corretta igiene.

Infatti: “Li letti degl’ Infermi sogliono di tempo in tempo mutarsi per la convenevole polizia e si rifanno ogni sera dalli Guardiani, che devono tenerli politi. Li letti con padiglione, o cortinaggio sono in tutto trecento settanta, mutandosi l’ Estate con padiglioni di tela bianca, quelli senza padiglione sono trecento sessanta cinque. Quelli però usati da persone di morbo sospetto di Etticia17, o altro si brugiano con tutte le lenzuola ed altre spettanti robbe senza riserva alcuna… Le lenzuola si mutano senza riserva alcuna secondo il bisogno degl’Infermi, ancorché bisognasse scambiarle moltissime volte tra il giorno. Le coperte sono ancora distinte, e separate, come le lenzuola, essendovene per Cavalieri, e Religiosi, Secolari, e gente di catena, e sono in tutto mille, cento e quattordici. Tanto le lenzuola, come le coperte, usate che siano, fino ad un certo segno si distribuiscono a’ poveri, e povere mendicanti dalli Prodomi18... L’inverno per maggior commodo dei malati si adornano le mura delle sale con arazzi di lana , i quali sono consegnati al Linciere19, che ne ha cura, e questi sono divisi in cento trentuno pezzi. L’Estate poi restano adornate le sale con quadri, che sono con buona simmitria dapertutto divisi, rappresentando molti di essi l’Istorie della Sacra Religione, e in tutto ascendono al numero di 85, compresi l’Altari”.

E’ importante notare, che oltre ad una estrema sensibilità per la quiete la dignità del malato, l’Ordine manteneva saldamente la presa sugli aspetti spirituali all'interno della Sacra Infermeria. Esiste infatti una voce nel regolamento nella quale: “Il capo per l’ assistenza degl’Infermi è il Priore…che ha cura di far riconciliare tutti gl’ Infermi che entrano nell’Ospedale prima delle 24 ore, mentre altrimenti non si riceverebbero, e invigila sopra l’Amministrazione de’ Sacramenti, e assistenza de’ Moribondi per accudire a i quali in compagnia degl’altri fa le sue guardie di notte , e di giorno, e confessa li malati…Oltre di che si dà dalla Sacra Religione un annua gratificazione al Papas Greco20, il quale viene dalla sua Parrocchia per amministrare i Sacramenti à quelli del suo Rito, e Nazione, che si ritrovano nella detta Sacra Infermeria, nella quale dalla Domenica in Albis sino all’ Ascensione, tutte le Domeniche il Clero della Conventual Chiesa di S. Giovanni, con appresso l’ Eminentissimo Gran Maestro, Gran Croci e Cavalieri si porta processionalmente, e nell’Altare Maggiore di essa doppo molte pie Orazioni , si canta l’Evangelio…

Va ancora notato che l’intero complesso dell’Ospedale veniva considerato “sacro” o “santo” sul presupposto che in esso veniva accolto ed assistito nel mistero dell’ammalato il Signore Gesù stesso. Per questo viene benedetto e consacrato tutto come “chiesa”. Nell’Ospedale, infatti, non esiste un edificio specifico addetto ad oratorio – eccetto quello costruito nel 1719 per ordine del Gran Maestro Perellos21 al fine di conservarvi il Ss. mo Sacramento - , ma vengono eretti degli altari nelle singole sale di degenza , in perfetta sintonia con le strutture medioevali Giovannite (vedi quali esempio S. Giovanni di Prè a Genova22) nelle quali la corsia degli ammalati architettonicamente è il semplice prolungamento della chiesa, a significare una continuità inscindibile: dall’altare al servizio di carità, dal servizio di carità all’altare. Nel 1787 il complesso della Sacra Infermeria era in grado di ospitare ordinariamente 563 ammalati, rispetto ai 350/400 di 60 anni prima. In caso di emergenza, la capacità ascendeva a ben 914.

Una struttura di particolare interesse risulta essere L’Ospizio per gli invalidi in Floriana. La caratteristica di questa casa (voluta dal Gran Maestro Frà Manoel Pinto nel 1729) era la suddivisione in due sezioni – maschile e femminile – che assisteva poveri invalidi, arteriosclerotici e zitelle “pericolanti”. Essa accoglieva pertanto persone non affette da patologie a rischio, ma solo individui la cui unica malattia era fondamentalmente la vecchiaia. Il mantenimento in un primo tempo , era assicurato dallo stesso Gran Maestro, ma successivamente si provvide ad una specifica dotazione.

Parlando della sezione del Regolamento inerente alle figure professionali necessarie nell’Ospedale, esso prevedeva paghe per medici e chirurghi anche all’infuori della Sacra Infermeria. Infatti il Convento dei Padri Carmelitani Scalzi al Borgo, aveva un medico e chirurgo al soldo dei Giovanniti. Erano inoltre presenti sanitari a Bormola e ad Isola. Questi, essendo stipendiati dall’Ordine, avevano l’ obbligo di scrivere gratis a tutte le povere Inferme i medicamenti necessari, esplicitando il nome, cognome, Città e strada dell’Inferma per rendere informato il Commissario. Dovevano visitare gratis tutte le Povere febbricitanti e bisognose e accompagnare i Commissari preposti quando facevano le loro visite.

La prassi nelle visite presso la Sacra Infermeria era che ogni giorno nella visita del mattino i medici dovevano prescrivere con esattezza il tipo e la quantità degli alimenti da portare a ciascun ammalato e per non correre il rischio di fraintendimenti o errori, due scrivani dovevano, indipendentemente l’ uno dall’altro, redigere la lista secondo quanto diceva il medico. Terminato il giro dei pazienti le due liste venivano approvate e sottoscritte dal medico, dallo scrivano e dal Prodomo; quest’ultimo poi procedeva a trasmetterne uno alla cucina perché provvedesse a preparare quanto prescritto. Su tutto questo procedimento doveva vigilare con rigore il Commissario della Congregazione di turno di servizio. La quantità e qualità dei cibi è oggetto di pignolo controllo da parte del Commendatore, anche se le provviste alimentari sono competenza diretta del Prodomo. In caso di contrasto di valutazione tra i due, i generi in oggetto devono essere esaminati dal medico primario o dal secondario e accettati o respinti a suo insindacabile giudizio. Ancora, il Commendatore è incarica di vigilare sulle forniture di latte. Il personale sanitario inoltre era fornito di strumenti chirurgici fabbricati a Parigi. Il re di Francia non voleva che mancasse nulla ed i feriti potevano essere del tutto rassicurati perché i Chirurghi disponevano dei migliori strumenti prodotti dalla tecnica francese. Nei momenti liberi del servizio del settore governativo, amministrativo e militare terrestre o marittimo, i Frati Cavalieri erano tenuti a prestare la loro opera nella Sacra Infermeria, titolo che allora usavasi per l’Hospitale sia a Gerusalemme che a Rodi e a Malta. Anzi, come detto, per chi lo desiderasse e, quindi, per libera scelta, c’ era anche la possibilità di risiedere periodicamente nella “Cammarata”, residenza convenzionale appresso la sede della Sacra Infermeria.

Pur con un personale medico – sanitario ed infermieristico di prim’ordine che garantiva una singolare efficienza alla Sacra Infermeria, nessun Cavaliere poteva sentirsi esentato dal servizio e trattavasi di servizio umile : aiutare nel cambio del letto, nell’igiene personale, nello scaldare il cibo e dar da mangiare ai degenti o semplicemente nel far compagnia e confortare i sofferenti ivi ricoverati, anche pregando per e con loro.

Erano previste sanzioni per quei Cavalieri che risultavano assenti al servizio della Sacra Ospitalità. I giorni di visita dei Novizi stabilivano che le varie Lingue, di cui è composto l’ Ordine, dovessero prestare la loro opera secondo turni prestabiliti . I turni si svolgevano sotto la sorveglianza del Maestro dei Novizi , due Commissari e da uno Scrivano che annotava chi mancasse nella giornata, affinché lo si potesse ammonire in un secondo momento.

La stragrande maggioranza dei medici proviene dall’Italia, massivamente dal Regno di Napoli, soprattutto dalla Sicilia. Ad un certo punto, però, si acquisisce la coscienza di una possibilità di autosufficienza e viene decisa dal Governo dei Cavalieri l’ istituzione di una scuola medica in Malta per formazione in proprio del personale medico – sanitario, che risponda alle esigenze specifiche dell’Arcipelago, e della Marina. I Cavalieri quando morivano dovevano lasciare a disposizione della scuola medica il loro cadavere per qualche giorno prima della sepoltura al fine di consentire “esercitazioni” e sperimentazioni. Un documento molto interessante ritrovato durante la nostra ricerca è il “Chirografo magistrale sopra il servizio della Chirurgia” del Magister Hospitalis Hierusalem. In esso il Gran Maestro stesso interviene affinché si rispettino dei parametri di base per esercitare la professione di chirurgo: Essendo molto necessario ed utile al servizio del Sacro Spedale che coloro, quali servono nella chirurgia fossero capaci, ben istruiti, e diligenti e puntuali, vogliamo, e comandiamo, che siano inviolabilmente osservate ed eseguite le seguenti Ordinationi. Tutti i Prattici e Barberotti del suddetto Spedale devono essere rispettosi, ed obbidienti alli Maestri Chirurghi del medemo, ed eseguire puntualmente tutto quello, gli sarà ordinato da chi sarà di mesata… Finalmente i Contravventori agli Ordini suddetti per la prima, e seconda volta perderanno il pane di quella giornata, in cui mancheranno , e per la terza saranno con la nostra partecipazione privati della carica, senza speranza d’ esser mai reintegrati.23

Un altro intervento interessante è relativo all’organizzazione degli studi medici che si effettuano presso l’Ospedale. Il Protomedico Giorgio Imbert, incaricato di sovrintendere alle due cattedre di anatomia teorica e di chirurgia con chirografo magistrale del 16 gennaio 1775 , individua di li a poco una “supplicatio” al Gran Maestro Frà Francesco Ximenes de Texada24 proponendo un piano di lezioni e di studi per la necessaria approvazione. Questa venne concessa con rescritto in data 11 marzo 1775. Da esso si desumeva l’iter formativo per i futuri medici. I corsi iniziavano invariabilmente il 19 ottobre e si concludevano alla fine di giugno. Le lezioni si tenevano tutti i giorni, eccetto i festivi e nei giovedì e mercoledì nei quali si riuniva l’Accademia medica. Due erano i docenti: il Professore e il Lettore. Il Professore insegnava anatomia nell’apposito Teatro Anatomico annesso all’Ospedale il mattino dalle 10 alle 11 utilizzando i cadaveri ed ogni altro strumento utile a questo fine. Concluso il corso di anatomia, procedeva con il corso di chirurgia – sempre su cadavere – che terminava col trattato di ostetricia.

Il lettore, titolare della cattedra Cottoner era consegnatario della Biblioteca Zammit, teneva la sua lezione nella Sacra Infermeria ogni giorno dalle 15 alle 16: erano eccettuati, ovviamente, i giorni festivi e quei mercoledì o giovedì nei quali si teneva l’ Accademia Medica. Al Lettore erano affidati i corsi di fisiologia, patologia, semiotica, igiene e terapeutica chirurgica.

Per quanto riguarda la questione femminile, si vuol qui far notare che le donne non erano abbandonate a loro stesse! Esse non venivano accolte nella Sacra Infermeria, ma esisteva un ospedale a loro dedicato. Il nome di tale struttura era La Casetta o Incurabile. In essa venivano accolte sia povere sia donne in grado di pagarsi le spese di degenza.

Il numero delle sale nell’Ospedale femminile comprendeva: Sala Vecchia per febbricitanti. Sala delli spalmati per l’ unzione mercuriale. Sala delle ferite per la Chirurgia. Sala per le vecchie, e invalide. Camere due per le pazze. Camera per le parturienti. Il numero ordinario delli letti suol essere di sessanta in settanta, non compreso il tempo dell’unzione mercuriale.”

Infine, per quanto riguarda l’accoglienza delle povere esposte, qualora dovessero divenire Inferme, sarà la Sacra Religione ad assisterle, dando loro doppia razione di cibo e il letto migliore, facendo la parte della “pietosa Madre”. Per tale struttura, vigevano le stesse prescrizioni della Sacra Infermeria: “Ordina per tanto la Sacra Religione alli predetti Commissarj delle Povere, che habbiano cura di quel luogo regolandolo nella forma megliore, e però da essi provedonsi le Inferme di tutto il necessario per la Mancia, invigilando sopra la buona qualità della robba, e sopra la dovuta polizia delle Sale, e servizio delle medesime... Mantiene di più la Sacra Religione nel detto Incurabile una Donna attempata, che si chiama Governatrice, la quale habita ivi, e ha in consegna tutta la biancheria esistente in lenzuole, coperte, cuscini e matarazzi, che fornisce la suddetta fondazione; onde ha l’ incombenza di dare letto a quelle che vengono con la polizza del Commissario, secondo la loro condizione e infermità, invigila che non entri a visitare le Inferme che persona conosciuta, e fa serrare, e aprire alle ore dovute la porta, e accudisce soprattutto alla polizia, e quiete dell’Inferme. Vi sono quattro serve salariate per servire le Povere, facendosi da esse i letti, e tutto ciò che spetta alla servitù dovutale. Di più un’altra Donna per ministrare la Mancia, e riscaldare tutto ciò che fa di bisogno e ha la cura di conservare sempre pronto del buon consumato per tutto ciò, che potrebbe occorrere in qualsivoglia tempo. Il mangiare si cocina nella Sacra Infermeria dove espressamente si paga il Coco, e da quella si trasporta mattina, e sera nella Casetta non molto distante da due schiavi a ciò destinati.

Nell’ambiente medico di quel periodo era inoltre molto sentita l’ esigenza di una specifica formazione per il personale femminile. Ciò risulta anche dal fatto che il Balì Frà Sigismondo Piccolomini presidente della Casetta delle Donne, propone di far fare alle giovani addette un corso per renderle idonee ad assistere i Chirurghi e, pare, dal 1728 un certo numero di infermiere si specializzò fino a quando, una di esse addirittura si laureò in Chirurgia.

Venendo ora al cibo, la convinzione degli effetti benefici e terapeutici delle pietanze è esplicitata in una apposita sezione del suddetto Regolamento. Le disposizioni erano valide sia per la Sacra Infermeria, sia per le Incurabili. “Sopra di ogn’altra cosa s’invigila dalli Prodomi sopra la buona qualità della robba che si suol servire per le Pitanze pigliando sempre la megliore, e perciò si danno all’Infermi ottimi consumati di galline, erbette, vermicelli, riso e pisti, e tutte quelle sorti di carni, che li sono ordinate, come di gallina, piccione, pollastro, vitella, vitellazza, caccia, piccatiglio, frigassia, stufato, polpette, in quella quantità, che conviene, oltre l’ amendolate, ove fresche, prugna, e zibibbo, e ogni sorte di rinfresco permesso a’ malati, come restauranti, biscottini, pomi, e granati con zuccaro, e altre sorte di confetture; secondo il bisogno di cadauno; alli Cavalieri e persone dell’ Abito si dà Pitanza doppia.

S’invigila dalli Commissarj sopra la buona qualità delle Pietanze , e perciò è loro inspezzione provedere il tutto in quella forma, che giudicano. Il consumato suol essere l’ istesso, che si dà all’ Infermi nella Sacra Infermeria. La minestra quali ogni giorno si muta facendosi di zuppa, erbette, gnocchetti, tagliolini , riso, e altro. La carne è di gallina, piccione, pollastro, vitella e vitellazza, in polpette, stufato o frigassia, oltre li piatti, caccia, amendolata, biscottini, restauranti, e altre confetture permesse secondo il bisogno delle Inferme, alle quali si dà ogni sorte di cibo in caso d’inapetenza.” Stante il valore terapeutico attribuito alla dieta, si richiede una particolare attenzione nel vigilare affinché non si forniscano sia dall’interno che dall’esterno cibi estranei a quanto fissato dai medici. Per scoraggiare questo possibile abuso , c’ è addirittura il divieto di aprire taverne o botteghe d’ alimentari in prossimità degli edifici dell’Ospedale. Tutto il personale è responsabilizzato a questo fine, sebbene l’ incarico specifico ed esplicito sia attribuito ai Guardiani e ai Portieri. A questo proposito esiste una norma molto rigorosa – ed economicamente molto impegnativa – riguardante il mantenimento dei cibi: alla sera nulla deve essere conservato nelle cucine per il giorno dopo, ma tutto l’avanzo deve essere distribuito alle “alunne” e ai Poveri. Oltre all’evidente dimensione caritativa, risulta chiaro il fatto che il mantenimento dei cibi risultava molto difficoltoso e fonte di gravi rischi se si tiene conto del clima esistente a Malta e di strutture di conservazione che non consentivano che tempi assai brevi per derrate deperibili. In quest’ottica si comprendono ulteriormente le insistenze regolamentarie sulla qualità e freschezza degli ingredienti delle diete. E qui si può aggiungere anche il fatto che il pane doveva essere fresco di giornata ed in quantità sufficiente ad assicurare anche un uso secondario, ma non meno importante: le croste venivano utilizzate per le zuppe, la parte midollosa era impiegata per i cataplasmi. Della dieta facevano parte generalmente, oltre al pane il vino, olii vari, pollastri, vermicelli, uovo, latte e siero. L’attenzione data da parte dei Cavalieri agli Infermi nel Sacro Ospedale non si limitava solo a diete e a profilassi. Era presente all’interno della struttura perfino acqua calda sempre disponibile tramite un sistema di stufe a carbone presenti in tutte le sale tenute accese giorno e notte. Questa presenza comportava un evidente danno per la salute dei degenti a causa delle emissioni di ossido di carbonio e di consumo di ossigeno. Nel Regolamento del 1796 si prescrive alla Congregazione di studiare le modalità di realizzazione di un sistema centralizzato di caldaie fuori dalle sale, garantendo però un efficiente servizio di distribuzione.

Altro elemento attestante la grande sensibilità dei Giovanniti nei confronti del Servizio è la garanzia accordata agli Infermi di effettuare ricorsi del tutto riservati o addirittura anonimi, segnalazioni di difetti, denuncia di abusi tramite una cassetta chiusa con due differenti chiavi nella quale chiunque poteva deporre le proprie osservazioni e lamentele. Ogni riunione della Congregazione doveva immancabilmente iniziare con l’apertura della cassetta, il prelievo e l’ attenta considerazione di quanto ivi contenuto al fine di intervenire il più rapidamente ed efficacemente possibile.

Giunti, per necessità di sintesi alla fine della nostra ricerca, non possiamo che sottolineare e ribadire l’elemento di novità apportato nel periodo oggi conosciuto come Illuminismo dal Regolamento della Sacra Infermeria. La disciplina che oggi potremmo definire bioetica, ha sicuramente tratto giovamento da questo diverso modo di vedere il Signor Malato. Con un anticipo di diversi anni sui grandi pionieri quali possono essere stati Peter Frank25 o John Gregory26.

NOTE

1 Cfr. Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa – Libreria Editrice Vaticana, ristampa 2013.
2 Cfr. Mc 1, 32-34; 3,7-12; 5, 34; 6,54-56 nella Bibbia di Gerusalemme. 
3 Ṣalāḥ al-Dīn Yūsuf b. Ayyūb b. Shādī b. Marwān (1138 – 1193), è stato un Sultano d'Egitto e Siria e Hijaz, dal 1174 alla sua morte, col laqab di al-Malik al-Nāṣir ("il sovrano vittorioso"). Ha fondato la dinastia degli Ayyubidi ed è annoverato tra i più grandi strateghi di tutti i tempi. 
4.Cfr. www.orderofmalta.osj.org/compendio-storico.html
5 Essendo comunque un’ isola, la nascita di bambini “non legittimi” era prassi comune. Il clero inoltre, condannava con eterne sofferenze tra le fiamme dell’ Inferno quelle madri che rinunciassero alla gravidanza 
6 Istituzione dell'Ordine che amministrava la Sacra Infermeria.
7 Fonte Treccani. Circa 11.000 persone vivevano a Gozo.  
8 Fonte Indexmundi 
9 Poiché la medicina a questo proposito allora non era ancora pervenuta a definire particolari specializzazioni, il trattamento e le condizioni di questi poveri Infermi erano comuni a quelle europee cioè praticamente nulle. Legati ai letti , costretti a celle di isolamento se furiosi, addirittura incatenati nelle pareti se ritenuti incontenibili. La preoccupazione che emerge è soprattutto quella che non rechino danni agli altri ammalati e ne turbino la quiete. Nei loro confronti l’ unico tratto di vera umanità è contribuito dal fatto che il cappellano loro addetto deve vigilare con somma attenzione perché il personale addetto non approfitti in alcun modo della loro situazione e soprattutto controlli severamente che tutti i ricoverati mangino quotidianamente le loro assegnazioni. 
10 Purtroppo i bombardamenti Italiani durante la Seconda Guerra Mondiale hanno reso strutture ed archivi in parte irriconoscibili ed inutilizzabili. 
11 Le Venerande lingue del Sovrano Militare Ordine di Malta erano delle suddivisioni antecedenti alla perdita dell'isola di Malta da parte del Sovrano Ordine utilizzate per identificare le aree di provenienza dei membri della Sovrana Milizia. 
12 François-Emmanuel Guignard, comte de Saint-Priest (1735 – 1821), fu un politico e diplomatico Francese durante l’Ancien Régime e la Rivoluzione Francese. 
13 Manuel Pinto de Fonseca (1681 – 1773) è stato Gran Maestro dell'Ordine di Malta dal 1741 al 1773. 
14 Dal Regolamento del 1631: “Importa grandemente, che all’esercitio dello Spedale, & alla cura degl’Infermi sia deputato alla cura un’huomo prudente, e discreto, il quale sia Capo, Rettore, e Guida nel servigio degl’Infermi”. 
15 Cfr nota 12
16 Lingua di Provenza: Domenica; lingua di Alvernia: Lunedì; lingua di Francia: Martedì; Lingua d’ Italia: Mercoledì; lingua d’ Aragona: Giovedi; lingua d’ Alemagna: Venerdì; Lingue di Castiglia e Portogallo: Sabato. 
17 Tubercolosi. 
18 Probi Homini 
19 Probabile francesizzazione dal termine Lingèrie. Colui che era addetto al Guardaroba. 
20 A dimostrare questa cura per le anime, i Cavalieri erano disposti a “finanziare la concorrenza” ortodossa! 
21 Ramon Perellos de Rocaful (1635 – 1720) è stato Gran Maestro dell'Ordine di Malta dal 1697 al 1720. 
22 La commenda, ovverosia il convento e l'ospitale (locali al piano terra), assolveva alla duplice funzione di stazione marittima sulle rotte della Terrasanta e di ospedale (ospitaletto), inizialmente per i pellegrini ed in seguito per i malati e gli indigenti della città.
23 Questo per ribadire la necessità per i professionisti operanti sull’Isola, che, nonostante appartengano ad importanti famiglie, con curricula professionali di grande interesse, essi devono necessariamente “stare al loro posto”, affinché non ci siano duplicazioni nei ruoli o sovrapposizioni di competenze, pena l’allontanamento dall’incarico. 
24 Francisco Ximenes de Texada (1703 – 1775) è stato Gran Maestro dell'Ordine di Malta dal 1773 al 1775. 
25  Johann Peter Frank (1745– 1821) fu un fisico ed igienista tedesco che era nativo di Rodalben 
26 John Gregory (1724 – 1773), detto anche John Gregoire, fu un fisico, moralista e scrittore di medicina scozzese del diciottesimo secolo. 

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