Nell’ambito del processo di rinnovamento delle Forze Armate italiane, la problematica dell’ammodernamento del carro Ariete presenta le stesse criticità della quasi totalità delle restanti capacità nazionali. In Italia, nonostante alcuni tentativi di evoluzione del pensiero militare, la mentalità prevalente rimane “platform centric” e non “capability driven” come si converrebbe ad un moderno strumento militare.
Con queste parole, si vuol dire che l’ammodernamento di una sola piattaforma all’interno di ogni singola capacità, sia essa del livello tattico, operativo o strategico, non produce necessariamente un incremento qualitativo della capacità stessa.
Non v’è dubbio che il carro armato rappresenti uno dei pilastri portanti della componente corazzata, ma non è l’unica nell’ambito della funzioni tattiche1 che essa deve essere in grado di esprimere. Ne consegue che appare quasi inutile parlare di ammodernamento/sostituzione del carro Ariete senza pensare a come procedere all’ammodernamento/rinnovamento/integrazione delle altre capacità tattiche correlate, nell’ambito della componente corazzata nazionale, pena la non impiegabilità in operazioni.
Perché parliamo ancora di carri armati
Su alcune testate giornalistiche, e forse anche in alcuni centri di pensiero, si sentono riflessioni sulla necessità, o meno, di avere un esercito con Forze Pesanti (componente meccanizzata e corazzata) in un contesto moderno con una forte minaccia terroristica e in cui le stesse forze politiche al Governo indicano la riduzione delle operazioni all’estero come la via per affrontare più efficacemente le minacce portate direttamente all’interno del Paese.
È alquanto evidente che in alcuni consessi c’è quantomeno una grande confusione sul piano concettuale e strategico. Il compito strategico delle Forze Armate, come sancito dalla costituzione, è quello di garantire la difesa dello Stato. Ciò si realizza, come stabilito dai disposti legislativi discendenti, attraverso compiti primari e compiti concorsuali ad altri dicasteri e funzioni dello Stato. Non v’è dubbio, quindi, che le Forze Armate possono essere chiamate ad esercitare uno sforzo anche rilevante in termini quantitativi per “concorrere alla salvaguardia delle libere istituzioni” ma che nel far ciò non possono essere impreparate alla “difesa dello Stato”, “nonché ad operare, in conformità al diritto internazionale, al fine della realizzazione della pace e della sicurezza”, compito esclusivo – quest’ultimo – delle Forze Armate.
Guardando agli scenari internazionali, in maniera sintetica, chiunque può notare come i conflitti ibridi siano quantitativamente aumentati in tutto l’arco di crisi che parte dal Magreb sino all’Afghanistan e che nella loro condotta, la “pesantezza” delle forze coinvolte – proprio per il carattere ibrido – sia aumentata nel corso degli ultimi anni, rispetto al mero confronto asimmetrico. L’impiego di mezzi corazzati, anche se a livello di minori unità, è sensibilmente aumentato nonostante il dominio aereo esercitato dalle varie coalizioni esistenti.
Conseguentemente, che si sia chiamati ad esprimere il ruolo di forza che deve imporre “la pace”, piuttosto che di forze di interposizione, occorrerà essere in possesso di capacità in grado di “far rispettare” il mandato internazionale, per non subire la volontà delle forze locali. Non dimentichiamo gli episodi nefasti in cui forze internazionali sotto mandato ONU hanno visto compiere massacri senza poter intervenire.
Esiste, poi, la possibilità che lo scenario internazionale venga funestato da un confronto “muscolare” tra Forze NATO/di coalizione e forze di nazioni sottoposte a sanzioni sempre più crescenti per inadempienza alle sanzioni internazionali (ad esempio: Russia e Iran). Anche in questo caso, l’Italia difficilmente potrà sottrarsi ad assumersi le proprie responsabilità e dovrà farlo con forze adeguate al rischio/minaccia.
Posto, quindi, che il nemico non si sceglie, ma lo si contrasta vittoriosamente quando diventa necessario, le Forze Corazzate hanno la loro ragion d’essere in seno ad uno strumento militare degno non solo di tale nome ma in grado di assolvere i compiti immaginati dai Padri costituenti e divenuti realtà nell’attuale scenario geopolitico. In caso contrario, è l’esistenza stessa delle Forze armate che viene messa in dubbio.
La minaccia
Come buona abitudine in ogni analisi di tipo militare, dobbiamo chiederci quali minacce dovremmo essere in grado di affrontare con la nostra componente corazzata, in maniera autonoma o integrata in formazioni multinazionali.
Sintetizzando, si può dire che ai due estremi dello spettro della minaccia vi è il:
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confronto simmetrico con forze pesanti di nazioni tecnologicamente evolute (force-on-force);
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confronto con formazioni operanti con tecniche asimmetriche nell’ambito di un conflitto ibrido.
In ambedue le fattispecie, parliamo di impiego di formazioni/unità corazzate, composte da carri, fanteria meccanizzata (o con alta mobilità in caso di formazioni “ibride”) e supporti tattici e logistici.
Ciò che varia in maniera sostanziale è il livello quantitativo e qualitativo delle piattaforme contrapposte che potrebbero andare da un numero elevato di mezzi tecnologicamente avanzati della tipologia “ARMATA”2 a numeri più contenuti di vecchi carri di fabbricazione sovietica anche se sottoposti a programmi di parziale retrofit che pur non eliminando completamente il gap capacitivo nei confronti dei carri e sistemi occidentali più moderni, ne hanno ridotto alcune criticità del passato.
Nel panorama appena descritto, è di indubbio interesse un esame, anche se sintetico, del progetto russo “ARMATA”3 che rappresenta uno standard di riferimento per i prossimi anni, anche alla luce della possibile vendita a Paesi terzi.
L’ARMATA, (v. immagine) innanzitutto, non è solo un carro, ma una intera famiglia di piattaforme destinata ad equipaggiare la componente corazzata russa del prossimo futuro. Se ne prevede infatti, l’introduzione in servizio di un primo pacchetto numericamente significativo entro il 2021. L’ARMATA, quindi, nelle sue versioni carro (T14), IFV4 (T15), semovente artiglieria (Koalitsiya-SV) e CEV5/Recupero (T-16) è in grado di equipaggiare le unità delle formazioni corazzate destinate a contatto o in prossimità di unità nemiche paritetiche. Inoltre la piattaforma nasce per essere integrata in un contesto info-centrico e con sistemi di protezione attiva che vanno a completare le protezioni passive e strutturali di cui la piattaforma è dotata. Si tratta, quindi, di una piattaforma che a fronte di prestazioni elevate in termini di accelerazione e velocità (caratteristica tipica dei carri sovietici) è riuscita a coniugare doti di tutto rispetto in termini di potenza di fuoco (l’attuale cannone da 125 mm del carro potrebbe essere sostituito con un calibro maggiore, in funzione dell’evoluzione dei futuri carri potenzialmente avversi) e protezione degli equipaggi, andando a definire, come accennato, uno standard di riferimento, pur nella considerazione che le informazioni diffuse dal MoD Russo possono tendere ad esaltare eccessivamente le reali capacità della famiglia ARMATA.
Posto che il carro perfetto non esiste poiché mobilità, potenza di fuoco e protezione sono fattori che si condizionano a vicenda, andiamo ad analizzare cosa esiste in ambito occidentale.
Capacità similari nei Paesi NATO
Al momento non è possibile individuare nessuna “famiglia” comparabile con l’ARMATA. Tutte le iniziative esistenti si sono limitate a prevedere dei programmi di upgrade dei carri esitenti, al fine di contenere gli effetti della possibile minaccia. Il carro che ha subito sicuramente più interventi migliorativi è sicuramente l’Abrams M1 della U.S. Army, alla luce delle lessons learned definite non solo a seguito dei conflitti in cui gli USA sono intervenuti direttamente, ma anche in quelli condotti da Israele, con particolare riferimento alla Operazione “Cast Lead” e alla seconda campagna del Libano del 2006 . Tra gli ultimi interventi di rilievo, ad esempio, vale la pena di citare l’introduzione in servizio del sistema di protezione attiva (APS) derivante dal sistema israeliano Trophy (foto).
Al momento, il carro M1 Abrams risulta non più in produzione (anche se soggetto ad upgrade), e ne era prevista la sostituzione – unitamente all’IFV Bradley - in seno al programma Future Combat System (FCS), annullato nel 2009. Il FCS è stato sostituito con il Brigade Modernization Programme che prevede un approccio progressivo allo sviluppo delle future capacità. Al momento non sono note le caratteristiche delle piattaforme che comporranno la futura componente corazzata USA.
Anche l’annunciata cooperazione franco-tedesca per lo sviluppo di un Main Groud Combat System, sembra ripercorrere lo sviluppo concettuale del FCS USA e dovrebbe consentire di avere le prime piattaforme prototipiche nel 2024-2025 per consentire l’entrata in servizio dell’intero pacchetto di sistemi entro il 2035. Presenta, quindi, ancora molte zone grigie, vista l’intenzione dei rispettivi Stati Maggiori di chiudere la definizione dei Requisiti Operativi entro il 2019. Al momento, esiste solo un modello di carro ibrido franco-tedesco ottenuto unendo uno scafo Leopard 2A6 con una torretta Leclerc, allo scopo di dimostrare che l’industria dei due Paesi è in grado di cooperare. Si tratta, evidentemente, di uno spot pubblicitario, anche se dimostrativo della mentalità dell’industria della difesa dei paesi europei, che sovente considera le cooperazioni internazionali un sistema per “dividersi” le componenti da produrre e assemblare, anziché integrare le linee di sviluppo e produzione al fine di creare reali potenzialità industriali.
Capacità Israeliane
Israele ha continuato a mantenere negli anni uno stretto rapporto tra le lezioni apprese sul campo e l’ammodernamento/rinnovamento del parco mezzi e materiali delle proprie Forze Armate. La risultante di tale lavoro è senza dubbio, nell’ambito corazzato, la disponibilità di mezzi allo stato dell’arte, combat proof e in grado di costituire anch’essi uno standard di riferimento.
La “famiglia” israeliana è composta dalle seguenti piattaforme:
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carro Merkava IV Windbreaker (immagine), contraddistinto da elevate capacità di protezione, attive e passive, nonché da capacità di fuoco ottimizzate per un ambiente sia simmetrico sia asimmetrico, grazie alla presenza di un armamento primario allo stato dell’arte e di un armamento secondario veramente versatile. Le criticità individuate durante la citata operazione Cast Lead e la seconda campagna del Libano sono state prese in conto e ridotte drasticamente con interventi sia sulla protezione passiva sia quella attiva che è stata assunta come riferimento anche dalla U.S. Army;
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IFV Namer, su scafo Merkava, in grado di cooperare perfettamente con la componente carri, dispone dello stesso livello di protezione. L’Esercito Israeliano ha optato per una torretta automatizzata con armamento relativamente leggero, ma esistono versioni con calibri maggiori, sino al 25 mm. Il mezzo, inoltre, grazie all’adozione spinta della vetronica6, è dotato di guida indiretta. Il pilota, quindi, in combattimento opera attraverso la visione indiretta dell’ambiente esterno, avendo a disposizione un quadro d’insieme di ciò che succede sia nelle immediate vicinanze del mezzo sia a distanze maggiori, in una situazione di “comfort” operativo che gli consente di poter pilotare anche a velocità elevate.
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Versioni speciali: dallo scafo Merkava sono state derivate anche la versione CEV, Recupero, Ambulanza e il semovente di artiglieria anche se quast’ultimo è basato sulla versione Mk III del Merkava.
Il sistema linfatico delle piattaforme suindicate è rappresentato da un sistema di Comando e Controllo in cui è integrato il sistema MATCH GUIDE7 che consente la designazione e l’ingaggio di obiettivi anche puntiformi non solo da piattaforme differenti, ma aventi un posizionamento nelle tre dimensioni molto differente l’una dall’altra, con problematiche di visibilità e individuazione fortemente condizionate dalla diffferente vista prospettica. Con il MATCH GUIDE, in maniera completamente digitalizzata, la piattaforma che individua, quella che designa l’obiettivo e quella che lo neutralizza anche se molto distanti e “sfasate” tra di loro, sono sicure di operare sul bersaglio voluto, minimizzando il rischio di effetti non voluti.
In un contesto moderno si tratta di un must che va ben oltre la disponibilità di sistemi di Comando e Controllo digitalizzati.
Possibili soluzioni
La situazione nazionale, per quanto riguarda il carro Ariete, è stata ben descritta nell’articolo di Difesa Online del 12 settembre scorso8. A ciò occorre aggiungere che la situazione dell’IFV nazionale e dei carri della versione supporto è gravemente deficitaria essendo basata su piattaforme DARDO (per l’IFV) e LEOPARD 1 (per i CEV e Recupero). Nettamente migliore è la situazione della componente artiglieria, basata sulla piattaforma PZH 2000 (foto) che rappresenta lo stato dell’arte nel settore.
Le possibili alternative per un ammodernamento della componente corazzata nazionale devono rivolgersi verso soluzioni che consentano di risolvere anche la problematica dell’IFV, posto che le versioni supporto del carro discenderanno automaticamente dalla piattaforma individuata.
In esito a ciò, passiamo ad analizzare dette alternative:
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ammodernamento delle attuali piattaforme (Ariete e Dardo): è una strada percorribile che però dovrebbe prevedere, in linea di massima:
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aumento della protezione passiva per rispondere alle esigenze discendenti dalle esperienze tratte nei recenti conflitti asimmetrici, con conseguente aumento dei pesi;
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sviluppo/installazione di sistemi di difesa attiva tipo Trophy per il contrasto della minaccia sia asimmetrica sia simmetrica;
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istallazione di sistemi di visione esterna a 360° per consentire di poter operare in ambienti compartimentati di tipo urbanizzati;
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digitalizzazione e protezione cyber delle piattaforme al fine di poter contare su Sistemi di Comando e Controllo automatizzati;
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aumento della potenza del motore, attraverso la rimotorizzazione, per contrastare gli aumenti di peso derivanti dall’installazione dei sistemi descritti precedentemente;
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revisione dei treni di cingolatura per far fronte all’aumento di peso;
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revisione dell’armamento e della torretta dell’IFV per renderla compatibile con quelle dei mezzi digitalizzati (vds. FRECCIA) e dell’evoluzione della minaccia;
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introduzione in servizio delle piattaforme derivate mancanti e cioè posto comando, porta mortaio, contro carri e ambulanza.
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Si tratta, in sintesi, di una riprogettazione dei mezzi che, però, deve salvaguardare la piattaforma esistente con tutti i suoi pregi ma anche i suoi difetti, senza contare che si tratta di piattaforme che, presumibilmente, cominciano a sentire il peso dell’età anche in termini di resistenza strutturale.
L’iniziativa è fattibile su piattaforme in buone condizioni strutturali, ma presenta dei costi di progettazione e non ricorrenti che saranno sicuramente altissimi, visto che devono essere “suddivisi” su un numero molto limitato di piattaforme. Infatti, la possibilità che nuovi Ariete e nuovi Dardo siano oggetto di programmi di vendita all’estero appare piuttosto remota, vista la diponibilità sul mercato di veicoli “combat proven” ammodernati, di provenienza ex-URSS, USA, Israeliani e Tedeschi, di cui sono noti pregi e difetti in operazioni reali.
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Leopard: in ambito internazionale esiste un surplus di queste piattaforme, in varie versioni, comunque upgradabili alla versione 2A6, poiché le ultime versioni derivano tutte dalla 2A4 con l’aggiunta di kit successivi. Anche le ultime versioni del Leopard, però, presentano alcune criticità dovute essenzialmente alla mancanza di un sistema di protezione attiva. Occorre poi non dimenticare i costi di nazionalizzazione in termini di inserimento dei sistemi di Comando, Controllo e Comunicazioni nazionali.
Inoltre, la Germania, come accennato in precedenza, ha già avviato lo sviluppo di un nuovo MGCS insieme alla Francia. Si tratterebbe, quindi, di una soluzione interinale che, peraltro, andrebbe ad interessare la sola componente carri, lasciando del tutto irrisolta la problematica dell’IFV e dei carri derivati.
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Nuovo Main Ground Combat System9 (MGCS) franco-tedesco (foto): la soluzione non è ancora ben delineata visto che i due Paesi sono ancora nella fase di definizione dei Requisiti Operativi. Dovrebbe consentire la costruzione di un “team” di veicoli manned e unmanned per l’orizzonte temporale 2035, sul modello concettuale del Future Combat System USA. Si tratta di una soluzione per il lungo termine, anche se ciò, in realtà, potrebbe costituire un elemento di vantaggio nel caso in cui si voglia perseguire una soluzione in ambito internazionale. I Requisiti Militari in corso di definizione potrebbero prendere in conto anche le esigenze nazionali.
La soluzione presenta, comunque, dei forti elementi di criticità sia per la mancanza di informazioni sul concetto operativo posto alla base di tale progetto, sia per il peso dell’industria tedesca (Krauss-Maffei) e Francese (Nexter) che finirebbero per schiacciare quella nazionale a mera assemblatrice/produttrice di particolari di minor conto, perdendo qualsiasi possibilità di sviluppo tecnologico nel settore. Inoltre, proprio per il peso rilevante dei due attori industriali, i costi di sviluppo e industrializzazione della piattaforma rischiano di essere molto elevati, a meno che il settore industriale non venga effettivamente integrato. Ha senso perseguire tale soluzione solo se si instaura una partnership strategica nel settore industriale della difesa che porti ad una fusione dell’intero comparto, avviando – in parallelo – una soluzione interinale.
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Merkava e Namer: rappresentano due piattaforme di indubbio interesse da un punto di vista tecnologico e tattico. Ci troviamo di fronte ad una soluzione che è già stata fortemente digitalizzata e con sistemi di comunicazione che possono essere resi rapidamente integrati con quelli nazionali, vista la disponibilità di SDR10. Le problematiche sorte durante i più o meno recenti conflitti asimmetrici a cui Israele ha partecipato sono state rapidamente prese in conto attraverso soluzioni tecnologiche all’avanguardia.
Con lo sviluppo della piattaforma Merkava Mk IV Barak, di previsto avvio nel 2020, Israele prevede di introdurre anche elementi di Intelligenza Artificiale nella scoperta e neutralizzazione degli obiettivi, nonché l’implementazione completa della tecnologia Iron Vision (basata su Helmet Mounted Display) che consentirà una migliore efficacia non solo del carro ma dell’intero pacchetto corazzato/meccanizzato operante.
La soluzione israeliana sembrerebbe in grado di risolvere le criticità della componente corazzata nazionale nel breve-medio e lungo termine, vista anche la relativa recente acquisizione del PZH 2000 quale supporto di fuoco a tiro curvo, attraverso una soluzione in continua trasformazione sulla base dell’evoluzione della minaccia e del progresso tecnologico.
COSA FARE?
Da quanto esposto in precedenza, possiamo dire che:
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la soluzione puramente nazionale ci porterebbe ad avere piattaforme aggiornate agli standard internazionali in una finestra temporale che va dai 5 ai 10 anni da oggi, tenuto conto dei tempi di sviluppo e integrazione di tecnologie avanzate. Soluzioni che prevedano obiettivi capacitivi modesti ci doterebbero di piattaforme addestrative, non impiegabili operativamente e utili solo se si prevede – in contemporanea – l’arrivo di sistemi moderni. In caso contrario si andrebbe – di fatto – verso la perdita della capacità;
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la soluzione europea potrebbe apparire attraente. È, però, una soluzione di lungo termine che non risolve il breve-medio termine. Andrebbe portata avanti, quindi, insieme ad una soluzione interinale. Richiede, in ogni caso, una forte volontà politica per non relegare l’Italia ad un ruolo di secondo piano;
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la soluzione che prevede la cooperazione con Israele può essere altamente costo/efficace se – come fatto per altri sistemi – si instaura una vera e propria partnership con Israele. Avviando una forte cooperazione sullo sviluppo della piattaforma Merkava IV Barak e derivati (compreso l’IFV). Si potrebbe così avere un rapido accesso sia alle tecnologie sensibili sia al coinvolgimento dell’industria nazionale nella produzione/customizzazione delle eventuali piattaforme nazionali, nonché compensazioni finanziarie che potrebbero quasi annullare – per il sistema Paese – lo sforzo approvvigionativo iniziale (come avvenuto nei recenti programmi in partnership). La presenza su tutte le piattaforme del sistema MATCH GUIDE, a cui si è accennato in precedenza, consentirebbe di trasformare ogni singola piattaforma in un complesso in grado di trasformarsi di continuo e in automatico in sensore, designatore o striker a seconda delle esigenze. Avremmo, cioè, una componente corazzata fortemente protetta, con una potenza di fuoco in grado di competere anche con le formazioni avversarie più moderne e perfettamente in grado di operare in ambiente ibrido e info-centrico.
La disponibilità, in ultimo, di un Integrated Test Bed militare in grado di implementare con tempi e costi contenuti tutte le esperienze operative, consente un aggiornamento continuo delle piattaforme, senza aspettare il 2035 per scoprire che le operazioni non saranno condotte come ipotizzato nel 2018 ma come l’evoluzione del pensiero e quella tecnologica ci “imporranno” di fare.
Infine, sorgerà spontanea la domanda sui costi. Le risorse al momento disponibili in ambito Difesa per l’ammodernamento della componente corazzata ammontano a soli 35 milioni di € per la realizzazione di un prototipo di carro Ariete ammodernato (Vds. Documento di Programmazione della Difesa 2017 - 201911). A tale linea di finanziamento si dovrebbero sommare i fondi occorrenti, post 2019, per il lancio dell’intera impresa di ammodernamento e che, per il solo carro Ariete, venivano stimati nel richiamato articolo del 12 settembre scorso12, in circa 1 miliardo di € e consentirebbero di ottenere una capacità parziale e con pesanti limitazioni. Appare evidente come, tenuto conto delle dimensioni del parco mezzi israeliano, di poter contare su un sistema logistico già avviato e con efficienza elevata, di poter suddividere i costi di sviluppo e non ricorrenti (passati e futuri) su numeri di piattaforme ben più elevati di quelli nazionali, i costi di una partnetship italiano-israeliana non saranno sicuramente superiori a quelli delle altre soluzioni indicate, a parità di capacità “teoriche”. Da non dimenticare, però, il valore intrinseco di una soluzione forgiata su ripetuti e continui impieghi in operazioni e della possibilità di instaurare una partnetship strategica che permetterà una evoluzione costante alla componente corazzata nazionale, in linea con la “volatilità” delle moderne esigenze operative.
1 Fonte: UK Land Operations (AC 71940): The tactical functions represent the full breadth of a land force’s activities when conducting operations. They are: command, intelligence, manoeuvre, fires, information activities, capacity building, protection and sustainment.
2 Preso come standard di riferimento.
4 Infantry Fighting Vehicle
5 Combat Engineer Vehicle
6 Vetronica: sf. (termine derivato dall'inglese Vetronics, ossia vehicle electronics, sul modello di avionica). Tecnologia che tende all'integrazione di tutti i sistemi elettronici presenti in un veicolo terrestre, in particolare da combattimento, per facilitarne la gestione.
10 Software Defined radio
12http://www.difesaonline.it/mondo-militare/c-1-ariete-%C3%A8-arrivato-il-...
(foto: web / U.S. Marine Corps / MoD Fed russa / ISL / Esercito / U.S. Army / IAF)