È del 30 novembre scorso l’annuncio delle 44 deeptech start-up dei paesi alleati, di cui tre italiane (EPHOS S.r.l, WPE Research and Development S.r.l. e LevelQuantum®), che hanno superato la fase 2 della prima challenge del DIANA (Defence Innovation Accelerator for the North Atlantic - www.diana.nato.int), lanciata al Summit di Bruxelles del giugno 2021, e che si focalizza sulle tre aree prioritarie di innovazione: energy resilience, sensing and surveillance e secure information sharing.
La scelta è stata fatta tra oltre 1.300 candidati dopo un rigoroso processo di valutazione delle soluzioni innovative presentate il 19 giugno scorso, che spaziano dalla robotica, ai sensori oceanici, alle tecnologie quantistiche, ma che rappresentano soprattutto il potenziale tecnologico per affontare le sfide identificate dall’Alleanza per gli anni a venire. Le proposte, tecnologicamente perseguibili, scalabili e commercialmente valide, verranno alimentate con una prima sovvenzione di 100mila euro per i primi sei mesi di incubazione. Tale cifra salirà a 300mila euro per le soluzioni innovative che raggiungeranno il livello di maturità adeguato, ed accedere così al programma di accelerazione, usufruendo della rete di acceleratori (11) e test centers (poco meno di 100), disseminati tra le due sponde dell’Atlantico.
In simbiosi con DIANA, il NATO Innovation Fund (NIF), fondo multi-sovrano di 1 miliardo di euro per 15 anni, varato allo scorso Summit di Vilnius 2023, servirà a fornire ulteriore flessibilità alle spinte innovative della NATO, finanziando quelle soluzioni che necessitano di “carburante” per poter decollare dal livello seed e pre-seed, ovvero di spinta per un rapido trasferimento tecnologico verso la commercializzazione. Il paradigma è ormai ribaltato e il confine tra soluzioni civili che impattano sulla difesa e viceversa è consolidato. È proprio nell’intercettare tecnologie dirompenti dual-use funzionali alle esigenze di sicurezza e difesa dell’Alleanza che il DIANA e il NIF si concentrano.
Ma questo è solo l’inizio. Il conflitto russo-ucraino, ha risvegliato le coscienze sulla reale, e purtroppo amaramente attuale esigenza di dotarsi di capacità della difesa, ovvero sistemi d’arma, munizioni, equipaggiamenti, sistemi di comando e controllo, etc, che possano, se necessario essere realmente e prontamente impiegati, e su quanto una “economia di guerra”, seppur evocando memorie del secolo scorso, sia così attuale da essere richiamata in gioco per poter giustificare l’allocazione di risorse per spese militari impensabili fino a due anni fa. Molti Alleati, infatti, cullandosi sull’idea che la guerra fosse solo una parola incisiva da usare sui tavoli negoziali all’occorrenza, non si erano impegnati molto nel soddisfate gli obiettivi del 2% del PIL per le spese militari dell’Allenza, e nemmeno nel prendere più di tanto sul serio i targets capacitivi che la NATO assegnava con il meccanismo quadriennale del suo processo di pianificazione della difesa (NATO Defence Planning Process). Oggi la parola guerra, o se preferite warfighting come usano dire gli specialisti d’oltreoceano, ha risvelato il suo reale significato e le implicazioni di carattere politico, industriale e strategico che ne derivano.
Da qui, il passo della NATO verso l’esigenza di garantire sicurezza, difesa e resilienza al suo miliardo di abitanti, attraverso l’accelerazione dell’innovazione tecnologica è breve, e passa per il mantenimento e se possibile il miglioramento del suo vantaggio tecnologico proprio attraverso le iniziative del DIANA e l’ulteriore accelerazione del NIF.
In questo scenario, DIANA, traguarda il raggiungimento della sua piena operatività (Full Operational Capability - FOC) nel 2025, pianificando il lancio di una decina di challenge all'anno, con l’aspirazione di ingaggiare un centinaio di aziende innovative ed inserirle nei processi di accelerazione.
Nel congratularsi con le start-up selezionate, Deeph Chana, managing director di DIANA, ha affermato di “aver ricevuto idee straordinariamente creative in tutte e tre le categorie – idee che potrebbero davvero cambiare le regole del gioco. DIANA - continua Chana - ora lavorerà direttamente con le aziende selezionate, aiutandole a testare quelle idee, a ottenere consulenza commerciale e tecnica per accompagnarle al successo, a garantire investimenti e molto, molto altro ancora” (fonte: DIANA – NATO).
E a casa nostra cosa succede? Va detto innanzitutto che, grazie alla lungimiranza dell’ambasciatore Talò, già rappresentante permanente italiano al Consiglio Atlantico, l’Italia è oggi parte integrante del sistema di acceleratori e test centers di DIANA, avendo messo a disposizione dell’Alleanza l’intero eco-sistema dell’aerospazio di Torino che si basa principalmente sulle circa 300 PMI di settore, con un turn over complessivo di 7 miliardi di euro, con 22.000 addetti, e il 20% delle esportazioni italiane del settore. Oggi l’acceleratore dello spazio si chiama “Take-off”, è emanazione della Cassa Depositi e Prestiti - Venture Capital, ed è ospite delle Officine Grandi Riparazioni (OGR), polo dell’innovazione della capitale piemontese.
In futuro, stando agli accordi, l’Acceleratore dello spazio di DIANA, dovrebbe spostarsi in corso Marche, ospite della Città dell’aerospazio di Torino che ha visto la posa della prima pietra per i laboratori del Politecnico, il 28 novembre scorso, in occasione dell’inizio dei lavori della della IX edizione di Aerospace & Defense Meetings all’Oval Lingotto. La roadmap fino al 2028 coinvolgerà le maggiori aziende del settore - Leonardo, Avio Aero, Thales Alenia Space e Altec – e prevede lo sviluppo di un Innovation Hub, dell’R&D orientato al prossimo sbarco sulla Luna e alle missioni su Marte, dei futuri sistemi di propulsione (Clean Aviation), e della creazione del National Space Center, per un investimento complessivo di circa 1 miliardo di euro. Presente ai lavori anche Barbara McQuiston, presidente del board of directors di DIANA, e di Eugenia Forte, scientific board member & senior program manager del Take-off Accelerator, a conferma dell’aspirazione a creare una relazione simbiotica tra l’eco-sistema industriale nazionale dell’aerospazio e l’Alleanza Atlantica.
Dalla prospettiva nazionale invece, c’è enorme fermento sul futuro delle tecnololgie aerospaziali e sul ruolo centrale dell’Italia che le Istituzioni aspirano a consolidare sul piano europeo e bilaterale con partners privilegiati. Numerose iniziative politiche e militari relative a quest’area tecnologica di frontiera, confermano un approccio sistemico del nostro Paese, fondamentale per giocare un ruolo di primo piano e gestire in modo sinergico il potenziale impatto di queste tecnologie dirompenti sulla dimensione civile e militare della nostra società.
Tale forte convergenza politica, industriale e strategica sulle tecnologie spaziali, è stata ribadita lo scorso 15 dicembre in occasione della Giornata Nazionale dello Spazio 2023, quale momento di riflessione sulle diverse iniziative civili e militari che hanno punteggiato quest’ultimo anno, alla ricerca di un equilibrio sulle due sponde dell’Atlantico. Tre le tante, vale la pena menzionare la firma, il 18 gennaio scorso, del memorandum per la costituzione del NATO Space Center Of Excellence, e l’accordo perfezionato il 3 giugno scorso tra la Difesa di Italia e Francia, per una cooperazione di tipo tecnico-operativo nel settore spaziale, con l’Italia che assumerà la leadership programmatica del programma SATCOM NATO di sesta generazione (NSS6G), a partire dal 2024.
Più di recente, l’intesa tra Stati Uniti e Italia, siglata al Summit di Washington del 27 luglio 2023 tra la presidente del consiglio Meloni e il presidente USA Biden, con l’impegno a rafforzare la cooperazione in orbita attraverso un “nuovo dialogo spaziale” volto a promuovere un’alleanza industriale e consolidare le partnership esistenti per l’esplorazione dello Spazio, oltre a garantire sostegno agli Accordi Artemis. A questa iniziativa ha fatto seguito, il 6 dicembre scorso, la firma da parte del sottosegretario alla difesa Rauti, su delega del ministro della difesa Crosetto, dell’accordo con il quale la Difesa Italiana entra a far parte del partenariato multinazionale nel settore spaziale delle Combined Space Operations (CSpO), nato nel 2014, con l’obiettivo di aumentare la cooperazione e il coordinamento tra i Paesi membri (Australia, Canada, Francia, Germania, Nuova Zelanda, Regno Unito, Stati Uniti, Norvegia, Giappone e Italia), promuovendo interoperabilità e ottimizzazione dell’uso delle risorse tecnologiche per migliorare la sicurezza e la resilienza delle missioni spaziali di difesa.
In questo scenario, il ruolo che la NATO giocherà nel fornire indicazioni agli alleati sulle capacità per la difesa spaziale necessarie a garantire la sicurezza dell’area euro-atlantica sarà fondamentale, come pure la complementarità tecnica, finanziaria, e politica con le iniziative Europee. L’acceleratore dello spazio di Torino può giocare un ruolo fondamentale per preparare l’Alleanza alle future sfide tecnologiche della difesa. Se da un lato gli alleati hanno imparato che dovranno continuare a confrontarsi con l’esigenza di fornire alle fanterie i mezzi corazzati per manovrare sul terreno, sanno pure che non si potrà prescindere dall’investire in sistemi spaziali di difesa (e attacco) sempre più interconnessi nello spazio multidimensionale (terra, mare, cielo, cyber, spazio) del conflitto.
Se chiudiamo gli occhi, non è difficile immaginare scenari di conflitto che fino a ieri erano solo appannaggio dei migliori fiction movie. Il nostro acceleratore dello spazio è invece reale, e può fare la differenza a vantaggio del nostro sistema paese.
Foto: NATO