Alle prime ore del mattino di oggi, i carabinieri dell’Aliquota Operativa del N.O.R.M. della Compagnia di Taranto, coadiuvati nella fase esecutiva da militari del Comando Provinciale di Taranto, con il supporto di un elicottero del 6° Elinucleo Carabinieri di Bari Palese e di personale dell’11° Reggimento Puglia, hanno dato esecuzione, nel capoluogo jonico, a 6 provvedimenti cautelari (5 in carcere e 1 agli arresti domiciliari), emessi dal GIP del Tribunale di Taranto, dr.ssa Vilma Gilli, su richiesta del Sost. Procuratore della Repubblica presso il medesimo Tribunale, dr.ssa Giovanna Cannarile, nei confronti di altrettanti soggetti, ritenuti responsabili, a vario titolo, di usura continuata ed in concorso e abusiva attività finanziaria in danno di privati e liberi professionisti di Taranto e truffa aggravata ai danni dello stato.
Le indagini, avviate nell’ottobre 2016 dai carabinieri dell’Aliquota Operativa della Compagnia di Taranto e coordinate dalla locale Procura, hanno fatto luce su una vasta, perdurante e consistente attività di usura e abusiva attività finanziaria, promossa da soggetti originari e residenti nel capoluogo ionico (alcuni dei quali con precedenti penali anche per reati similari e specifici). Gli arrestati sono:
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D’Alconzo Franco, cl. 1957, pensionato, con precedente penale specifico;
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Guarino Angelo, cl. 1965, coniugato, commerciante di prodotti ittici, con precedenti di polizia;
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Pavese Angelo, cl. 1952, impiegato, incensurato;
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Vasco Leonardo, cl. 1953, pensionato, incensurato;
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Zonile Salvatore, cl. 1969, imbianchino, con precedenti di polizia;
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D’Alconzo Giuseppe, cl. 1983, titolare di agenzia funebre, incensurato.
L’attività investigativa conclusa con l’odierna operazione, è stata avviata dall’Aliquota Operativa della Compagnia Carabinieri di Taranto a seguito di una denuncia sporta da un libero professionista vessato da ripetute e costanti richieste di somme ingenti di denaro avanzate dai soggetti dai quali aveva ottenuto prestiti per poter far fronte alle precarie condizioni economiche in cui si trovava, anche a causa della crisi del comparto nel quale lavorava; ciò ha consentito di far emergere un’attività di usura da parte degli indagati i quali, spesso interagendo tra loro, anche al fine di favorire le reciproche condotte illecite, hanno concesso prestiti a tassi illegali, non solo alla prima vittima, ma anche ad altri soggetti (dieci in tutto), fra cui commercianti e pensionati, che versavano per vari motivi, fra tutti la perdurante crisi economica, in condizioni di bisogno.
Le rapide indagini, declinatesi nell’escussione di vittime, testimoni e persone informate sui fatti, in intercettazioni telefoniche, acquisizione di tabulati ed attività dirette di polizia giudiziaria, quali servizi di osservazione, controllo e pedinamento, hanno consentito ai militari di documentare le dinamiche criminali, focalizzando numerosi e reiterati episodi di usura commessi in danno di diversi individui con l’aggravante di aver posto in essere tali condotte nei confronti di soggetti che svolgono attività imprenditoriale ed in stato di bisogno.
Le indagini hanno fatto emergere un’attività particolarmente lucrosa, in ordine ai tassi di interesse praticati ed alla durata dei rapporti di prestito, gestita in modo fluido e diffuso con una puntualità nella riscossione sintomatica dell’abitualità della condotta. Addirittura si è registrata una risoluzione del prestito (con riguardo a Franco D’ALCONZO) tramite relativo saldo mediante riscossione di due assegni bancari, trattenuti a garanzia.
In dettaglio:
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le attività investigative hanno posto in risalto i prestiti effettuati con somme variabili tra i 1.000 ed i 10.000 euro e soprattutto l’elevato tasso d’interesse praticato mensilmente alle vittime, tra il 15 ed il 20%, con rate di restituzione imposte settimanalmente e mensilmente;
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sono stati documentati, segnatamente dalle intercettazioni: la continua vessazione da parte degli indagati nei confronti delle vittime per ottenere le rate mensili esercitata con sistematici, pressanti ed asfissianti contatti telefonici nonchè continue convocazioni (in un caso ad un debitore viene detto: “ancora una volta non sei affidabile”, in un altro, si dichiara un perentorio “tempo scaduto”); il ricorso alla riscossione anche presso terzi garanti, pur di soddisfare mensilmente il vantato credito, così generando un vortice di difficoltà ed insofferenza sempre più profondo;
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sono state accreditate minacce gravi con riferimento a circuiti delinquenziali di maggiore pericolosità del capoluogo ionico, ai quali gli indagati sostenevano di dover rendere conto (“io porto le persone faccio parlare con tua moglie con chi sai tu”).
In particolare, il PAVESE, in un colloquio con una delle vittime, lo minacciava accennandogli, con chiaro fine intimidatorio, di far parte di “una squadra dei Tamburi” .
A conclusione delle investigazioni, è stato delineato, a carico di ciascun indagato, un profilo di estrema spregiudicatezza, tanto da aver organizzato tale attività in forma quasi imprenditoriale affiancandola anche all’attività lavorativa svolta. Infatti, D’ALCONZO Franco, ZONILE, PAVESE e GUARINO, sebbene esercitassero attività lavorativa, si dedicavano assiduamente alle attività usurarie.
In diverse circostanze, come emerso sia dalle denunce delle vittime, che dall’intercettazione di conversazioni telefoniche, gli aguzzini, in maniera arrogante e sfacciata, hanno affrontato gli usurati con frasi esplicite e dure (“mi vuoi mettere alla prova di che cosa sono capace di fare?”) minacciandoli di conseguenze violente, nel caso in cui non avessero con celerità sanato il loro debito (“e ti faccio vedere come ti apro la testa in due” - “devi avere gli schiaffi in faccia”).
Contestualmente, nell’ambito delle investigazioni, a PAVESE, impiegato ed usciere presso la Prefettura di Taranto, sono stati contestati anche i reati di truffa aggravata ai danni dello stato essendo emerso che, sebbene risultasse regolarmente sul posto di lavoro, in numerose circostanze, nell’arco temporale compreso tra novembre 2016 e febbraio 2017, si trovava in altri luoghi tra i quali alcuni paesi della provincia, senza un giustificato motivo. Tale dato è stato appurato in diversi momenti dall’analisi del suo apparato cellulare che, sottoposto ad intercettazione e stabilmente a lui in uso, ha agganciato ponti ripetitori dislocati in aree differenti e ben distanti dalla via Anfiteatro – arteria stradale nella quale sono ubicati gli uffici della Prefettura.
Tutti gli arrestati dimorano stabilmente a Taranto e, dall’analisi delle vicende criminose rilevate, si sono mossi con analogo modus operandi così sintetizzabile:
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la vittima veniva dapprima contattata in maniera continuativa ed asfissiante da parte degli aguzzini che imponevano, con minaccia, luogo ed ora degli appuntamenti nei quali concordare le restituzioni di denaro con i tassi d’interesse imposti;
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l’azione degli usurai si è fatta man mano sempre più insistente e spesso le richieste sono provenute da più persone e da loro intermediari al fine di intimidire maggiormente le vittime, consapevoli di dover fronteggiare più soggetti i quali hanno sovente millantato contiguità con noti e pericolosi ambienti criminali tarantini;
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le vittime sono state convocate in più luogo determinati (bar e locali pubblici della città) per l’esazione della somma imposta.
Nel corso dell’attività investigativa, è stato eseguito un decisivo “riscontro” allorquando, nel gennaio del 2017, nel corso di perquisizioni delegate dall’Autorità Giudiziaria, sono stati rinvenuti e sottoposti a sequestro un’agenda ed un calendario completo del 2017 detenuti da alcune vittime, sui quali vi erano annotazioni inequivocabili circa le dazioni di denaro (a titolo di restituzione) ad alcuni degli odierni arrestati alcuni dei quali indicati con diminutivi e soprannomi a loro espressamente riconducibili a seguito di compiute attività di identificazione.
Nel corso dell’esecuzione sono stati rinvenuti e sottoposti a sequestro:
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circa 1.800 euro in contanti (in banconote da 50 e 100 euro) occultate, unitamente a due appunti manoscritti indicanti somme di denaro, nell’abitazione di Pavese;
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un appunto manoscritto, analogamente riportante somme di denaro presumibilmente riscosse, detenuto da Leonardo Vasco.
L’attività è stata convenzionalmente denominata “Caffè Amaro” in relazione alle parole pronunciate - evidentemente in modo criptico - dagli indagati allorquando hanno convocato le vittime per le esazioni delle somme di denaro o più semplicemente per concordarle e pianificarle. Di consueto infatti, gli indagati, nelle conversazioni telefoniche, hanno tentato di mascherare il fine degli incontri con il riferimento all’invito per un caffè (“e il caffè non ce lo prendiamo stamattina?”) o ancora con ulteriori termini sibillini (salsiccia, quote, pillole, frigorifero) optando in altre circostanze per frasi e toni più chiari e sfrontati (“mi devi dare i soldi punto”).
In sintesi, nell’ambito del procedimento, in cui sono indagate complessivamente 6 persone, il G.I.P. di Taranto ha emesso O.C.C. a carico di tutti per il reato di usura aggravata, continuata ed in concorso (art. 644 – 81 – 110 c.p.), abusiva attività finanziaria (art. 132 D.Lgs. nr. 385/1993) e truffa aggravata e continuata ai danni dello Stato (art. 81 – 640 co. 2 nr. 1) disponendo la custodia cautelare in carcere a carico di 5 soggetti e di 1 agli arresti domiciliari come meglio specificato nell’allegato elenco. Gli arrestati in carcere sono stati tradotti alla casa circondariale di Taranto.
ELENCO SOGGETTI ARRESTATI
PER USURA CONTINUATA (Art. 644 – 81 c.p.)
ASSOCIATI ALLA CASA CIRCONDARIALE TARANTO:
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D’ALCONZO FRANCO,NATO A TARANTO IL 09.12.1957;
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GUARINO ANGELO, NATO A TARANTO IL 07.06.1965*;
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PAVESE ANGELO, NATO A TARANTO IL 13.02.1952**;
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VASCO LEONARDO, NATA A TARANTO IL 23.09.1953;
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ZONILE SALVATORE, NATO A TARANTO IL 08.10.1969*;
SOTTOPOSTO AGLI ARRESTI DOMICILIARI:
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D’ALCONZO GIUSEPPE, NATO A TARANTO IL 06.03.1983.
*Rispondono anche di abusiva attività finanziaria (art. 132 D.Lgs. nr. 385/1993);
** risponde anche di truffa aggravata dai danni dello Stato (Art. 640 co. 2 nr. 1 C.P.).