Il dragone cinese sul porto di Taranto: il colonialismo infrastrutturale cinese "sveglia" il COPASIR

(di Filippo Del Monte)
24/08/20

Le unghie del dragone cinese potrebbero presto aggranfiare le infrastrutture strategiche di Taranto. Ad avvisare Palazzo Chigi di questo pericolo è stato il presidente del Copasir, l'on. Raffaele Volpi: "In riferimento alla più ampia questione degli interessi di aziende cinesi ad asset strategici nazionali, il Copasir, nella sua funzione istituzionale, ha già [...] acquisito un documento di sintesi, da parte degli organismi di intelligence, sugli interessi espressi da compagnie cinesi verso l’area strategica di Taranto ovvero gli impianti industriali Ilva e l’affidamento della gestione del porto della città pugliese" e chiedendo all'esecutivo di prendere le "conseguenti determinazioni" per salvaguardare questi importanti poli logistico-industriali nazionali sulle coste dello Ionio.

In particolare l'interesse dei cinesi si sarebbe rivolto proprio sullo scalo portuale tarantino, uno dei più importanti in Italia, situato nel cuore del Mediterraneo, a cavallo delle rotte commerciali euro-mediterranee. Soprattutto il porto di Taranto è situato a 172 miglia nautiche (318,544 km) dalla rotta Suez-Gibilterra, il grande serpentone mercantile del Mare Nostrum, ed è per questo caduto nell'orbita del capitale di Stato cinese interessato ad espandere le reti commerciali di Pechino nei "mari caldi". Il porto di Taranto dispone di 1.600.000 mq di aree operative e 1.150.000 mq di aree in concessione e di un Terminal contenitori ferroviario interno collegato alla rete nazionale; è inoltre interessato da lavori di ammodernamento e manutenzione programmati con l'approvazione nel 2019 del nuovo Piano regolatore che segue, in sostanza, le linee strategiche del governo Monti (2011-2013).

Per movimentazione di container il porto di Taranto si situa all'11° posto in Italia con un radicale calo nel corso dell'ultimo decennio, ma è anche importante sottolineare che nel corso degli anni lo scalo ionico si è trasformato in una infrastruttura logistica con alcune specificità: dalle sue banchine vengono infatti veicolati principalmente carbone e ferro ed in questo ambito – legato alla tradizione cittadina dell'industria pesante – si situa stabilmente al primo posto staccando notevolmente il concorrente porto di Piombino.

Nel giugno scorso il commissario straordinario del porto di Taranto Sergio Prete ha affidato alla società pubblica (in house dei Ministeri di Infrastrutture ed Ambiente) Sogesid i lavori di bonifica dell'area portuale definita ex Yard Belleli, la stessa per la quale il Gruppo Ferretti (storica azienda bolognese controllata per l'86% dalla società statale cinese Weichai Group) ha fatto all'Autorità portuale dello Ionio domanda di concessione per quarant'anni nelle settimane scorse. L'area ex Yard Belleli misura 38 ettari ed è situata nel Porto fuori rada di Taranto, tra il canale di scarico dello stabilimento siderurgico dell'ILVA ed il V Sporgente; con il Piano regolatore portuale è stata adibita ad attività di lavorazioni varie e di magazzinaggio e di logistica almeno in parte funzionalmente collegate ed integrate alle merci containerizzate movimentate. Il progetto dell'italo-cinese Gruppo Ferretti prevede la realizzazione di un polo produttivo e di un centro di ricerca e sviluppo con la possibilità di fornire lavoro a circa 200 persone.

Taranto rientra con Trieste (v.articolo), Genova, Ravenna, Venezia, Gioia Tauro e Palermo tra quelle infrastrutture portuali "osservate speciali" dagli strateghi cinesi della "Belt and Road Initiative" ed allo sviluppo di una "via della seta marittima" che non solo migliori i collegamenti commerciali della Repubblica Popolare Cinese con i Paesi mediterranei dell'Eurasia ma che permetta a società diretta espressione del governo di Pechino o "satelliti" di controllarne importanti fette delle infrastrutture strategiche.

I rischi per la sicurezza nazionale sono evidenti, a maggior ragione perché la rete tentacolare degli interessi cinesi in Italia è difficilmente censibile, e poi perché Roma rientra nel novero dei Paesi dell'Alleanza Atlantica la quale proprio a Taranto, sia nell'area portuale di Mar Grande che in quella di Mar Piccolo ha importanti installazioni militari esattamente come la Marina Militare.

Le navi NATO ormeggiate a Taranto partecipano all'operazione anti-terrorismo Sea Guardian ma hanno soprattutto una proiezione operativa verso il Mar Egeo, un'area nella quale attualmente si registrano forti tensioni tra Grecia e Turchia (vedasi gli eventi di Kastellorizo) e che sono il frutto dei movimenti sulla più ampia scacchiera del Cindoterraneo che vedono confrontarsi il blocco occidentale e la Cina social-capitalista.

Già l'eurodeputata leghista Anna Bonfrisco (membro della Delegazione UE-NATO) aveva sollevato il problema d'una radicata presenza cinese nel porto di Taranto ed oggi la questione è stata ripresa da Raffaele Volpi e dal senatore Adolfo Urso (Fratelli d'Italia) che del Copasir è vicepresidente.

A novembre 2019 il ministro degli Esteri Luigi Di Maio (uno dei principali sponsor della Nuova Via della Seta) in visita a Shanghai aveva parlato delle future iniziative cinesi per il porto di Taranto accogliendo benevolmente la notizia dell'interessamento di Pechino, ora il Copasir ha chiesto al governo di poter controllare l'evoluzione della trattativa sulla Via della Seta per paura di accordi non trasparenti e dell'apertura d'un canale preferenziale per operazioni di spionaggio militare ed industriale cinese.

Nella prossima sessione del Copasir si parlerà proprio del porto di Taranto ma non è affatto escluso che non si colga l'occasione per discutere più in generale degli interessi economico-commerciali (e politico-strategici) cinesi in Italia e quindi dell'impatto della Nuova Via della Seta sulla politica estera di Roma. Ancora una volta oggetto del contendere è la collocazione geopolitica che il governo giallorosso intende dare all'Italia e l'interpretazione del suo ruolo atlantico.

Foto: Autorità di Sistema Portuale del Mar Ionio - Porto di Taranto / Marina Militare