Alle ore 21 del 6 maggio 1976 il Friuli fu colpito da un sisma di magnitudo 6,5, la cui intensità fu avvertita non solo in tutta l’Italia settentrionale, ma anche in quella centrale; gli effetti furono disastrosi, coinvolgendo 77 comuni, per una popolazione totale di circa 80.000 abitanti e causando 990 morti e 45.000 senza tetto.
All’epoca non era stata ancora istituita la Protezione civile per cui, in caso di calamità nazionali, ad intervenire in soccorso erano chiamati i corpi militari dello Stato, unitamente ai Vigili del fuoco.
La Marina Militare dispose l’immediata partenza da La Spezia e da Ancona di due autocolonne e da Taranto di nave Grado con uomini e mezzi necessari ai primi e più urgenti interventi. Già la notte del 6 maggio furono mobilitati la colonna mobile del Gruppo Operativo Incursori di COMSUBIN e l’Ospedale Militare Marittimo di La Spezia "Bruno Falcomatà" con il suo ospedale da campo.
L’indomani mattina i camion delle due componenti impegnate erano allineati sul Viale Fieschi, dinanzi all’ospedale militare, e iniziarono il trasferimento con destinazione Buia, nell’area dell’epicentro del terremoto, individuato tra Gemona e Artegna; il giorno dopo, come pianificato, l’ospedale da campo della Marina era operativo nella sede assegnata: il campo sportivo di quel paese, che, con le sue strutture (servizi igienici destinati agli atleti) assicurava una rapida entrata in funzione della componente mobile del soccorso.
L’ospedale della Marina, in cui operavano 4 ufficiali medici, 6 sottufficiali infermieri, 4 infermiere volontarie della Croce Rossa e 8 marinai di leva (m/slo-servizi logistici ospedalieri) costituiva un posto di primo soccorso, nonché di triage, stabilizzando e trasferendo all’ospedale di Udine i malati più gravi, soccorrendo e ricoverando nelle apposite tende sanitarie tutti i malati che non richiedevano interventi salvavita, ma che dovevano essere controllati o monitorati. Una tenda dell’ospedale fu adibita al ricovero di pazienti anziani o di persone che avevano la casa inagibile.
Ma oltre a quello sanitario, l’ospedale da campo fornì anche un notevole supporto logistico con le efficientissime cucine mobili del Gruppo Operativo Incursori, i cui cuochi preparavano giornalmente ben 1200 pasti non solo per i ricoverati, ma anche per tutti coloro i quali non avevano la possibilità di provvedere in tal senso. L’ospedale da campo era attivo 24 ore su 24 e il numero di interventi giornalieri all’inizio si attestò complessivamente sulle 500 unità al giorno, ma oltre all’attività stanziale, il personale sanitario della Marina svolgeva anche interventi di pronto soccorso su chiamata in tutto il circondario, grazie alle 3 ambulanze militari e ad altre 3 fornite dalla Croce Rossa.
Intanto il mattino del 9 maggio giunse nella zona di Gemona l’autocolonna di mezzi normali e speciali della Marina proveniente da Ancona con viveri, coperte, materiali vari e tende. Lo stesso giorno la Marina organizzò a Codroipo un ospedale militare per le vaccinazioni.
Il 10 maggio giunse a Udine l’autocolonna della Marina con materiale sanitario, coperte, cellule fotoelettriche, gruppi elettrogeni, plasma sanguigno. A Trieste sbarcarono da Nave Grado 320 militari del battaglione San Marco, 4 medici militari ed un altro completo ospedale da Campo. Intanto dal 7 maggio operavano anche 4 elicotteri della Marina con base all’aeroporto di Rivolto (Udine).
Successivamente, sulla base delle richieste avanzate dal Centro di Coordinamento, la Marina continuò per mesi l'invio di mezzi, materiali, viveri e uomini.
L’opera della Marina, specialmente dell’ospedale installato a Buia, riscosse unanimi apprezzamenti, non solo dalla popolazione, ma anche dagli organi istituzionali, in particolare dal commissario straordinario Giuseppe Zamberletti che, per i brillanti risultati conseguiti per la ricostruzione del Friuli, divenne il padre dell’attuale Protezione civile. L’ospedale da campo smobilitò ai primi di ottobre dello stesso anno con non poco rammarico da parte di tutta la popolazione, rimasta affettivamente legata alla Marina, cui serbò perenne gratitudine.
Il commissario Zamberletti per gli ottimi risultati conseguiti, volle che fosse istituita una Medaglia al Merito per tutti i militari che avevano partecipato all’operazione.