Breve racconto della lunga storia dei carri armati

(di Giuseppe Barcellona)
08/05/17

101 anni fa, ed esattamente il 16 gennaio 1916, esordiva il primo prototipo di carro armato, il britannico Mother (foto apertura); precedentemente alcuni veicoli a cui veniva applicata una blindatura si erano mossi sui campi di battaglia, ma non si trattava di veri e propri carri armati.

Il lungimirante governo britannico ordinò degli studi a Walter Wilson e Philip Johnson che elaborarono un mezzo che convinse i gerarchi della guerra; furono prodotti dunque cento pezzi a cui venne attribuito il nome Mark ma fu una mezza delusione.

La metà di essi fu distrutta dopo pochi metri, dato che l’artiglieria tedesca fu perfettamente in grado di perforare la sottile blindatura dei Mark (10mm).

Ma il terrore generato dall’apparizione sul campo di battaglia del nuovo strumento di guerra suscitò la voglia di emulare le forze armate britanniche; compaiono sulla scena il 17 dicembre 1917 gli A7V tedeschi (foto a dx) che diedero l’illusione ai teutonici di poter vincere agevolmente la guerra.

Nulla di più illusorio, nel 1918, 99 anni fa, irruppero sul terreno di battaglia i carri armati americani e diedero una sferzata ai sogni della Germania; frattanto gli inglesi dopo il Mark V, evoluzione del primo mezzo di battaglia costruirono il Wippet Medium primo tank guidato da un solo uomo.

La Francia non volle essere da meno e le officine Renault si misero al lavoro sfornando il leggero ed economico FT; in questo scenario l’Italia dipendeva totalmente da Francia ed Inghilterra ma ben presto la Fiat Ansaldo cominciò a produrre il FIAT 3000, proprio alla vigilia dell’armistizio firmato il 4 novembre 1918.

Pochi mesi prima il pioniere britannico della strategia guerresca John F.C. Fuller elaborò la tattica del canguro, sfruttando i mezzi corazzati per sfondare le linee nemiche e depositare i soldati alle spalle degli avversari con devastanti effetti soprattutto psicologici.

I tedeschi ne furono spiazzati, la forza dei loro ATV fu sconfitta dall’intelligenza della tattica nemica che l’8 agosto 1918 ad Amiens sfondò le linee nemiche su un fronte di oltre 40 km.

Finisce la guerra ma non la produzione di carri armati; l’americano J.Walter Christie ideò mezzi veloci, con sospensioni per muoversi agevolmente su terreno sconnesso, torretta girevole e corazza inclinata per deflettere i colpi anticarro: nasce il glorioso T3, siamo nel 1931.

Lo spionaggio bellico industriale porta rapidamente i russi a “copiare” le tecnologie americane riproposte sui T34 fino al T62, ma la vera novità fu l’utilizzo della radio come sistema di controllo.

Nel bel paese fu Benito Mussolini a dare impulso allo sviluppo dei carri armati anche se furono concepiti semplicemente come appoggio alla fanteria o come veicoli da ricognizione data la limitata concezione che il Duce aveva dei mezzi corazzati; nacquero così gli L3 (foto a sx), semplici cingolati con due uomini di equipaggio e armati di mitragliatrici e lanciafiamme.

La seconda guerra mondiale diede il via a numerosi progetti sia tecnici che strategici; l’invasione della Polonia mostrò al mondo la potenza di tale arma se usata in un certo modo, i Panzer furono il terrore nazista, i leggeri PzKw I ed i medi PzKw III e IV sfondarono senza fatiche il fronte polacco in pochi giorni.

Stessa sorte toccò ai migliori carri armati francesi i cui mezzi anticarro si dimostrarono inefficaci; i mezzi italiani in nord Africa si dimostrarono invece il ventre molle dell’Asse, la decima armata aveva in dotazione i sopracitati L3 ed i modesti M11 che furono spazzati via agevolmente dai meglio equipaggiati Matilda in dotazione ai britannici.

L’arrivo sul fronte di guerra dei più potenti M13 con un cannone da 47 mm ed una corazza da 40 mm non cambiò il destino delle truppe italiche che furono supportate dall’arrivo dei tedeschi a riequilibrare le sorti del conflitto nel continente nero.

I soldati italiani però scrissero pagine epiche in quei frangenti, non per la potenza dei mezzi a disposizione ma per l’arguzia ed il coraggio delle proprie truppe; sull’altro fronte i mezzi del Fuhrer furono surclassati da quelli sovietici nella campagna di Russia, i T34 (foto a dx) ed i T76 sovietici si rivelarono superiori a tutti i mezzi cingolati teutonici

Hitler non poteva accettare questo smacco ed in pochi mesi furono progettati e prodotti il Tiger I ed il Panther D dotati tra l’altro di proiettili al carburo di tungsteno in grado di perforare le corazze dei tank sovietici.

La superiorità tedesca si manifestò anche sui Churchill inglesi e sugli Sherman americani, ma nel medio periodo questi mezzi costruiti in fretta e furia nelle officine tedesche utilizzando manovalanza dai campi di lavoro si rivelarono inaffidabili per le noie meccaniche dovute forse ai sabotaggi di cui furono vittima in sede di costruzione.

La Fiat Ansaldo produsse in quel periodo il P40, un carro da 25 t ed un cannone da 75 mm, ma era troppo tardi, la guerra era già persa.

Dal secondo dopoguerra fu elaborato un programma su scala mondiale di riduzione dei carri armati ma non si trovò l’accordo tra le due super potenze dunque tra il 1950 ed il 1960 nacquero il sovietico T54, il T55 ed il T62; gli americani risposero col M46-47-48 (foto a sx) meglio noti come Patton. L’occasione per lo scontro tra carri sovietici ed occidentali fu la Guerra dei sei giorni (1967), vinta dagli Israeliani che fruivano di mezzi americani e francesi, il successo fu bissato nel 1973 nella guerra del Kippur.

Irrompono sulla scena i grandi carri armati da battaglia il Leopard tedesco, l’Abrams americano, il Challenger inglese ed il Merkava israeliano negli anni 80 costruiti con l’ausilio delle moderne tecnologie.

La guerra del golfo è dietro l’angolo, le truppe irachene furono spazzate vie in pochi giorni (foto sotto) e soprattutto la notte, grazie ai visori termici degli americani contrapposti ai visori all’infrarosso degli uomini di Saddam.

I carri armati continuano la lunga storia, 101 anni di gloria.

(foto: web)