Finalmente nella notte tra il 17 e il 18 maggio 1942, con favorevoli condizioni meteorologiche, Carmelo si imbarcò a Portopalo (Siracusa) sul MTSM 2141 della Decima Flottiglia Mas. La squadriglia di "MTSM" di base ad Augusta era posta sotto il comando del tenente di vascello Ongarillo Ungarelli, e svolgeva incessanti attacchi nelle acque di Malta. Ungarelli volle accompagnare di persona il giovane "sabotatore-informatore", coadiuvato dal sottocapo motorista Arnaldo de Angeli. Data l’importanza che si dava alla missione, il loro piccolo scafo, a cui si era aggregato un altro MTSM, il 218, fu scortato dalla torpediniera Abba e dai Mas 451 e 452 fino a "distanza di sicurezza", quindi gli MTSM 214 e 218 proseguirono nella loro rotta d’avvicinamento con i motori al minimo. Per primo, dall’MTSM 218, fu sbarcato su un battellino gonfiabile (detto in gergo tacchino) il sottocapo palombaro Giuseppe Guglielmo, ottimo nuotatore del Gruppo "Gamma" della Decima , che si avvicinò alla costa rocciosa della baia di Marsa Scala, nella zona Sud-Est dell’isola, con il compito di esplorarla e di rilevare apprestamenti difensivi: ostruzioni, reti spinate, nidi di mitragliatrici, postazioni ecc.. Disgraziatamente costui, sbarcato sulla costa, si attardò a prendere appunti e a tracciare schizzi e non riuscì a ritornare sul suo "MTSM", pur avendo questo mezzo atteso quasi un’ora oltre l’appuntamento previsto, mentre già spuntavano i primi chiarori dell’alba. Guglielmo fu in seguito fatto prigioniero dagli inglesi.
Nel frattempo l’MTSM 214 proseguì la sua rotta a lento moto, perché la scia fosforescente del motoscafo se fosse stato lanciato a più sensibile velocità sarebbe stata facilmente rilevata dai riflettori che sciabolavano le onde; il piccolo motoscafo si arrestò a circa 150 metri dalla scogliera, nella cala di Ras Id-Dawara, sotto lo strapiombo di Had-Dingli, (cirda 260 metri di altezza).
Il punto di approdo era stato scelto dallo stesso Borg Pisani: quella cala si apre sulla costa sud-occidentale dell’isola, un litorale roccioso e scosceso a sud di Casal-Dingli, (in vista dell’isolotto di Filfola); sotto la rupe si apre una caverna marina che Carmelo ben conosceva, in quanto ci era arrivato diverse volte nelle sue ardite escursioni adolescenziali. Questo particolare è stato ignorato da certi storici che hanno raccontato la vicenda di Carmelo Borg Pisani, arrivando a parlare di "...un’impresa concepita male e attuata peggio" in una zona inaccessibile. È risaputo da storici più documentati, invece, che Carmelo aveva altre volte scalata la parete rocciosa, durante le sue escursioni di adolescente e che aveva raggiunto proprio quella stessa grotta.
Gli scopi della missione erano molteplici: scoprire i movimenti di una nave fantasma, che, evitando ogni sorveglianza, di notte portava piccole, ma regolari provviste a Malta; informare sulla situazione alimentare e morale delle truppe e della popolazione; scoprire se c’erano installazioni radio o radar sullo scoglio di Filfola e sull’isolotto di Comino; scoprire gli obiettivi militari nell’isola di Gozo.
Carmelo trasbordò sul battellino pneumatico e, la stessa notte, senza essere scorto, dopo breve esplorazione, approdò all’interno dell’antro e scaricò sopra un recesso pianeggiante, all’asciutto, 4 contenitori stagni con viveri e acqua per 20 giorni, una pistola, una bomba a mano, munizioni, radio rice-trasmittente, cifrario, batterie, medicine, alcuni rotoli di corda, benzina "e infine banconote per un ammontare di circa 200 sterline, utili per compensare chi lo avesse aiutato".
Va da sé che se il giovane volontario non avesse avuta una precisa conoscenza dei luoghi non avrebbe potuto rintracciare di notte una grotta marina, e invece più di uno scrittore addebita alla "superficialità", o peggio "alla cattiva coscienza" di chi pianificò la missione il tragico fallimento; a smentita si possono riportare le affermazioni stesse di Stefano Fabei a pagina 92 quando registra che lo stesso capitano di fregata Max Ponzo, che era stato messo a capo dell’Ufficio D, lo speciale settore del Sis (il Servizio segreto della Marina) delegato alla preparazione e alla costituzione di una cellula informativa a Malta, si trasferì da Roma a Porto Palo per seguire le esercitazioni pratiche di radiotelegrafia di Carmelo Borg Pisani, assistito da due sottufficiali marconisti. Stefano Fabei ammette "Ponzo con il personale della missione rimase a Porto Palo in attesa dell’inizio dell’operazione. Durante la permanenza in quella località l’addestramento dell’informatore venne curato nei minimi particolari allo scopo di fargli raggiungere la massima efficienza fisica e professionale indispensabile per l’attività da svolgere. Anche l’attrezzatura e i materiali necessari per la missione furono preparati e controllati in maniera molto accurata". Lo stesso capitano di fregata Max Ponzo volle imbarcarsi sulla torpediniera Abba che scortava la flottiglia diretta a Malta, va messo in risalto inoltre, come si ricorderà, che il sottotenente di vascello Ungarelli, comandante della squadriglia di "MTSM" di base a Augusta, volle imbarcarsi sul motoscafo che trasportava Carmelo, come pure ammette lo stesso Fabei a pagina 94. Ma c’è di più: lo stesso rigoroso e ben informato Fabei ha riportato accuratamente a pagina 88: "Il corso di addestramento tecnico-militare che egli seguì a Messina doveva fornirgli le competenze necessarie a spostarsi con una certa disinvoltura in una zona irta di asperità e all’utilizzo delle apparecchiature che gli sarebbero state date in dotazione. In teoria Borg Pisani non avrebbe dovuto avere grossi problemi a muoversi, a parte la forte miopia, in quanto fin da ragazzo aveva amato scalare le scogliere a picco lungo la costa ed esplorare le caverne create dalla corrosione dei flutti. Conosceva molti degli anfratti più nascosti dell’isola che aveva ripreso in suggestive fotografie".
È pur vero però che gravissime responsabilità sono da attribuire ai Servizi Segreti italiani e agli Stati Maggiori per non aver predisposto già prima del conflitto un’adeguata rete di informatori a Malta, gravissima deficienza che si ebbe purtroppo anche in tutti gli altri campi di azione all’estero.
Ma il mare mosso aumentò di forza; un’onda anomala gli strappò via tutto, mettendo a repentaglio la sua stessa vita. Buona parte del materiale nei contenitori stagni fu in seguito ritrovato dagli Inglesi.
Per due lunghi giorni tentò di trovare una via per arrampicarsi sulla parete a strapiombo; non aveva più il battellino, ma neanche a nuoto riuscì a ritrovare un accesso che gli permettesse di superare la parete a picco. Eppure ricordava di averlo percorso più di una volta nelle sue scorribande di adolescente. Evidentemente il mare aveva demolito una qualche sporgenza nel decorso di quegli anni, rendendo la parete inaccessibile dal mare.
Era stremato, digiuno, arso dalla sete, distrutto dalla fatica.
A smentita di chi ha ritenuto di affermare che Carmelo Borg Pisani non era sufficientemente preparato e dotato, va osservato ancora, per quanto riguarda l’allenamento, che Carmelo era diventato un buon nuotatore, ottimo si direbbe; infatti aveva superato egregiamente la prova terribile tra i frangenti delle forti ondate all’interno della grotta col pericolo di essere sbattuto sulle sporgenze delle pareti, non solo, ma portatosi poi all’esterno, aveva resistito a nuoto per quasi due giorni, cercando una via di approdo alla ripida parete a picco.
Ma Stefano Fabei incalza, a pagina 100 dell’opera citata, che: "l’avversa sorte volle che fosse sbarcato nel luogo meno adatto", dimenticando quanto si legge a pagina 103: "Riferì che il punto di sbarco lo aveva scelto lui stesso in base al fatto che la zona era scarsamente vigilata". Per chi ignorasse il fatto che Carmelo ben conosceva quella grotta e il passaggio per arrivarci via terra, può certo apparire strano che sia stato fatto sbarcare in quel sito, ma Fabei stesso ha ribadito — come s’è visto — le affermazioni di biografi più attenti a questo particolare.
Dopo tre giorni di vani tentativi, l’Eroe stressato, spossato, assetato, affamato, si decise a chiedere aiuto; fu udito da un certo Robert Apap che lo riferì a un posto di osservazione inglese situato nelle vicinanze. Fu inviata una lancia di salvataggio a motore della Royal Air Force, che lo raccolse aggrappato a uno scoglio. Preso in condizioni estreme, fu portato a Kalafrana e da lì venne trasferito in ambulanza all’ospedale militare di Mtarfa, dove tentò di farsi passare per Caio Borghi, ma il capitano medico anglo-maltese Tommy Warrington, che era stato suo vicino di casa e compagno di giochi a Senglea, lo riconobbe e lo denunziò, con l’esasperato rancore dei rinnegati, dando così certezza ai persistenti dubbi degli inglesi su questo strano "naufrago". Carmelo, invece, anima candida e leale, incapace di immaginare perfidia, ritenendo che l’amico d’infanzia maltese, che fingeva di aver conservata intatta l’antica franca e affettuosa amicizia lo avrebbe protetto2, si confidò ingenuamente con l’antico compagno, che mentre gli dimostrava ancora amicizia, perfidamente gli stringeva il capestro al collo. Warrington "gli fece portare brandy, pane imburrato e tè" e lo intrattenne cordialmente a lungo, "fino alle tre di notte", in intimo e "affettuoso" conciliabolo, incitandolo callidamente a raccontare quanti più particolari poté e che poi riferì dettagliatamente al controspionaggio dell’Intelligence Service e che confermò pure, implacabilmente, in tribunale.
Iniziò allora per Carmelo Borg Pisani una tragica sequenza che lo portò, lentamente, alla realtà del capestro. Dimesso dall’ospedale, fu condotto in una "casa privata", a Sliema al n° 11 di Ghar id-Dud Street, che era in realtà una delle tante sedi dell’Intelligence Service; "agli arresti domiciliari" si disse, ma sotto strettissima, continua vigilanza. Questi "arresti domiciliari" durarono sei mesi, durante i quali gli Inglesi, fingendo blandi provvedimenti, speravano di convincerlo a "collaborare".
Carmelo chiese di parlare con un avvocato, suo cugino, di cui aveva fiducia e gli Inglesi furono lesti a accontentarlo dopo aver messo un microfono spia e nella stanza accanto un ricevitore con uno stenografo che annotò tutto quel che si dissero.
Perduta ogni speranza di appurare qualche elemento utile, il 7 agosto gli inglesi lo trasferirono in carcere. In effetti, Carmelo Borg Pisani agli inglesi serviva vivo, come ostaggio di rilievo, in previsione dello sbarco che sapevano si stava preparando; come pure servivano come ostaggi le personalità che avevano internato in Uganda. Quando poi il pericolo dell’invasione fu scongiurato, avendo lo Stato Maggiore Generale accantonato il progetto "e gli Inglesi, sempre ben informati lo sapevano", allora Carmelo fu consegnato ai giudici incaricati di condannarlo senza scampo al capestro.
Si sono fatti paragoni tra Borg Pisani e Cesare Battisti e anche con analoghe tragiche vicende di altri Irredenti che si immolarono per la patria italiana. Sono riflessioni spontanee, suggerite dall’evidenza.
Durante la prigionia nel carcere di Kordin (Corradino) di Casal Paola, a breve distanza da La Valletta, incontrò un altro giovane camerata imprigionato dagli Inglesi: G. Olivier de la Scerri e studiarono assieme un piano di evasione, progettando pure romanticamente una successiva fuga in Italia in barca a vela.
Carmelo era stato interrogato a lungo, ripetutamente, anche dai più alti ufficiali del controspionaggio britannico e pure dal capo della polizia, i quali speravano di poter ottenere da lui una qualche, sia pur vaga, indicazione, un’informazione, magari apparentemente insignificante, che potesse farli risalire a più importanti progetti, che si sapeva essere stati approntati. Gli fecero balenare più volte una via di scampo se avesse collaborato; in particolare gli chiesero il cifrario per le comunicazioni via radio, ma tutto fu inutile.
Ma durante i sei mesi di prigionia, che dovette sopportare prima della condanna, Carmelo Borg Pisani, pur rivendicando l’orgoglio di sentirsi profondamente italiano e di aver combattuto per la sua vera patria, non fornì alcuna notizia di interesse militare o politico. È stato riferito che fu torturato per indurlo a parlare.
Il processo iniziò il 12 novembre e fu celebrato a porte chiuse per evitare una eventuale, clamorosa reazione di fascisti e simpatizzanti, che avrebbe potuto turbare la giuria, composta unicamente da giudici togati maltesi di proclamata osservanza britannica. Fu anche proibito di integrare la giuria con i giurati popolari, che invece erano e sono tassativamente previsti dal codice maltese, sulla falsariga di quello britannico.
Si ostinarono pervicacemente a considerarlo ancora suddito britannico, non si volle, pretestuosamente, tenere in nessun conto la sua rinunzia alla cittadinanza e al passaporto inglese, né l’acquisizione della cittadinanza italiana, consacrata dalla militanza nelle forze armate. Vollero invece incriminarlo perfino per aver combattuto contro la Grecia, che era alleata dell’Inghilterra. La condanna a morte era stata scritta inesorabilmente prima ancora di cominciare.
Il 19 novembre 1942 Carmelo venne condannato a morte per cospirazione contro il governo di Sua Maestà britannica e per tradimento. Accolse la comunicazione sull’attenti.
Bruciò la domanda di grazia.
Nella cella della morte Carmelo Borg Pisani disse ai presenti: "Non mi spiace di morire, ma sono amareggiato per la mancata invasione di Malta da parte dell’Italia".
Sulla porta della sua cella aveva scritto col carbone: "I servi e i vili non sono graditi a Dio".
Credente, volle assistere alla messa celebrata prima dell’alba dai monaci dell’Arciconfraternita del Santo Rosario, preposti fin dal sedicesimo secolo al conforto dei condannati a morte. Dopo aver ricevuto i conforti religiosi, si avviò fra venti frati salmodianti al luogo del patibolo, camminando a passi lenti e cadenzati e pregando a voce alta, eretto nella persona, con le braccia conserte, rifiutando ogni aiuto e appoggio. Salì da solo sul patibolo, alzando la testa per sistemarsi meglio sotto il cappio, con i piedi proprio al centro del trabocchetto. Il boia Luigi Catajar fece scattare la leva che apriva il trabocchetto mentre il Martire elevava il suo grido: "Viva l’Italia!" nel silenzio glaciale.
Venne impiccato alle ore 7,34 di sabato 28 novembre nel carcere di Corradino. E lì giacque, confuso nella fossa comune con i corpi di sedici malfattori giustiziati in carcere.
All’epoca la notizia dell’esecuzione arrivò in Italia da un generico comunicato dell’agenzia Reuter; il Re Vittorio Emanuele III gli conferì motu proprio la Medaglia d'Oro al Valor Militare alla memoria. Le notizie sulla sua morte erano però frammentarie: per questo motivo, credendo che Borg Pisani fosse stato fucilato, nelle motivazioni si fa riferimento al piombo del plotone di esecuzione:
"Irredento maltese e, come tale, esente dagli obblighi militari, chiedeva ripetutamente e otteneva di essere arruolato, nonostante una grave imperfezione fisica. Come camicia nera partecipava alla campagna di Grecia, durante la quale contraeva una infermità per cui avrebbe dovuto essere sotto posto a atto operatorio, al quale si sottraeva per non allontanarsi anche solo per pochi giorni dal campo di battaglia. Conseguita la nomina a ufficiale della milizia artiglieria marittima, chiedeva insistentemente di essere utilizzato in una rischiosissima impresa di guerra, alla quale si preparava in lunghi mesi di allenamento e di studio, in perfetta serenità di spirito e in piena consapevolezza della gravità del pericolo. Catturato dal nemico, riaffermava di fronte alla corte marziale britannica di Malta la sua nazionalità italiana e cadeva sotto il piombo del plotone di esecuzione al grido di: Viva l'Italia! Fulgido esempio di eroismo, di fede, di abnegazione e di virtù militari, che si riallaccia alle più pure tradizioni dell'irredentismo" Malta, 1942,
Non c'è ancora concordia sulla valutazione della figura di Pisani: alcuni affermano che era un eroe della causa di una Malta indipendente, altri che era un fantoccio nelle mani del Fascismo, altri ancora che era un coraggioso irredentista italiano.
Polemiche vi sono anche sul processo perché non gli fu riconosciuto lo status di prigioniero di guerra che gli avrebbe risparmiato la pena di morte, cosa che invece avvenne, dopo la conclusione della guerra, per diversi altri irredentisti che aderirono alla Repubblica Sociale Italiana ed estradati a Malta su richiesta inglese3.
A Malta è visto da alcuni come un eroe per l'indipendenza nazionale, da altri come una marionetta di Mussolini, da altri ancora come un idealista che si sacrificò coraggiosamente per l'irredentismo italiano4.
Del processo, alcuni ritengono sia stato giusto e imparziale. Altri reputano che egli, essendo un prigioniero di guerra, avrebbe dovuto avere un diverso trattamento. Altri ancora stimano che fu impiccato dagli Inglesi solo perché irredentista in quanto, dopo la restituzione del passaporto e l'acquisizione della cittadinanza italiana, non ne era giuridicamente giustificata l'impiccagione (contrariamente a quella di Cesare Battisti fatta dagli austriaci nella prima guerra mondiale).
(Articolo pubblicato sul numero di luglio 2010 di Rivista Marittima)
Note:
1 - MTSM (Motoscafo Turismo Silurante Modificato) un veloce motoscafo, agile e manovriero, studiato per l’attacco col siluro, ma utilizzato anche per il trasporto e lo sbarco di sabotatori e informatori sulle coste nemiche; era un battello molto più piccolo di un Mas, aveva motori Alfa Romeo molto meno rumorosi degli Isotta Fraschini dei Mas e quindi poteva più facilmente sfuggire alla sorveglianza del nemico.
2 - Gli disse in dialetto maltese: "Meno male che ho incontrato te!" con un sospiro di sollievo.
3 - In Italia era accaduto che gli ufficiali maltesi della MilMart (Milizia Artiglieria Marittima, per la difesa delle coste) erano stati destinati ai compiti d’istituto della specialità, ma mordevano il freno; il sottocapomanipolo Ivo Leone Ganado, particolarmente insofferente, chiese ripetutamente di essere trasferito al fronte per essere impegnato direttamente in combattimento contro gli inglesi, pur sapendo di rischiare l’impiccagione in caso di cattura. Dopo molte insistenze fu accontentato; combatté in Africa Settentrionale. Ma se in Libia gli inglesi non riuscirono a catturarlo, non per questo rinunciarono a perseguitarlo nel dopoguerra, come vedremo.
In Rsi fu intestato al nome del Martire maltese il "Battaglione Borg Pisani", costituito nel novembre 1943 a Porto Maurizio con combattenti provenienti d’oltre confine. Non si fece a tempo a trasformare ufficialmente e burocraticamente il battaglione in una "Legione d’Assalto Borg Pisani" con l’apporto degli oltre duemila combattenti della Rsi provenienti d’oltre confine.
Alla RSI aderirono tutti gli irredentisti maltesi che ne ebbero la possibilità materiale, "com’era logico e naturale", almeno secondo il loro punto di vista. Cito tra essi il professor Carlo Mallia e i giovani sottocapomanipoli della Milizia Leone Ganado e Camillo Bonanno. Significativa, in particolare, la vicenda di Ivo Leone Ganado. Al suo ritorno a Malta, su richiesta del Tribunale, fu processato per alto tradimento e per altre imputazioni minori, il tutto aggravato dall’aver aderito alla RSI, cosa che fu documentata con la testimonianza di ex-partigiani fatti venire apposta dal Veneto; "Le loro biliose affermazioni non raggiunsero il segno e fu tale il disprezzo del pubblico che chiesero di essere… protetti dalla polizia". Ma i tempi erano cambiati, questa volta ci fu una giuria popolare. I giurati votarono tutti e nove per la piena assoluzione del fascista, nove palle bianche a favore di Ivo; ma poi si accordarono per mettere nell’urna una palla nera, in modo che ognuno potesse affermare di aver votato in modo "politically correct". Ancora una prova di…italianità dei maltesi. Ganado fu preso affettuosamente in braccio dai maltesi che affollavano l’aula e portato in trionfo per il corso di La Valletta.
Ci furono altri due processi; durarono 11 mesi, oltre venti imputati. Furono tutti prosciolti.
4 - Don Mintoff scrisse "Borg Pisani non era un volgare avventuriero che vendeva i suoi servigi alla parte vincente: era un tranquillo giovane artista infiammato di uno spericolato idealismo. Affrontò il patibolo in pace con Dio e la sua coscienza. Malta non si vergogna a averlo come uno dei figli sfortunati".
(foto: mappa di Malta nel Cinquecento - quando l’italiano fu dichiarato lingua ufficiale - con indicata la località Dingle, dove Carmelo Pisani sbarcò in missione per l’Operazione C3 nel 1942)