Gli uomini di Comsubin raccontano il sommergibile Scirè: quando il coraggio diventa leggenda

(di Giampaolo Trucco)
17/12/15

“…la gloria del sacrificio si era sostituita alla gloria del successo… scompariva con lo Scirè il miglior equipaggio di sommergibili della storia bellica al mondo…”.

Queste parole, lasciateci dal Comandante Junio Valerio Borghese, rappresentano l’essenza stessa del sommergibile Scirè, un battello della Marina italiana la cui storia ha destato e desta tutt’ora l’ammirazione ed il rispetto degli uomini di mare di tutto il mondo.

Una storia di ardimento ed audacia

Con una storia bellica in verità non lunghissima, ma nel corso della quale lo Sciré ebbe infatti modo di distinguersi in più di un'occasione. Poco dopo l'inizio del secondo conflitto mondiale al battello vennero istallati tre cilindri pressoresistenti utilizzati per il trasporto in immersione dei famosi siluri a lenta corsa (SLC), noti anche col termine di "maiali", che rappresentavano assieme agli Assaltatori il vero armamento dell’Unità.

Da quel momento le imprese di questo sommergibile furono sempre indissolubilmente legate a quelle dei Mezzi d’Assalto subacquei della X Flottiglia MAS. Infatti al comando del capitano di corvetta Junio Valerio Borghese, lo Scirè compì molte importanti operazioni, tra le quali si ricordano in particolare:

  • la missione contro Gibilterra, del settembre del 1941, durante la quale gli Assaltatori riuscirono ad affondare la nave da trasporto Durham e una motocisterna militare. Nel corso di questa operazione il battello rimase una settimana in acque nemiche e, come scrisse Borghese nelle sue memorie, "si trattò di un impegno severo che ci costrinse ad attraversare lo Stretto due volte nell'arco di quattro giorni e persino ad affiorare ad appena due miglia dal porto nemico".

  • l’azione contro la base inglese di Alessandra d'Egitto, avvenuta nella notte tra il 18 e 19 dicembre 1941, il cui esito fu talmente grande che, tutt’oggi, è motivo di studio ed ammirazione da parte delle più importanti Marine Militari. In quest’occasione lo Scirè dimostrò, ancora una volta, di possedere quelle caratteristiche che facevano del connubio equipaggio-macchina un elemento perfetto e micidiale. Il sommergibile, navigando in bassi fondali e tra campi minati, riuscì a portare tre SLC fino all’imboccatura del porto. Quest’azione, oggi nota come l’Impresa di Alessandria, determinò l’affondamento delle corazzate inglesi Valiant e Queen Elisabeth e della petroliera Sagona da 16.000 tonnellate, la cui esplosione causò ulteriori gravi danni all’incrociatore Jervis.

Il 9 marzo 1942 Borghese cedette il comando dello Scirè al tenente di vascello Bruno Zelik che, nell’agosto del 1942, lo guidò alla sua ultima e fatale missione: trasportare dei sommozzatori del Gruppo Gamma a poche centinaia di metri dalla diga foranea del porto di Haifa (Israele) per consentirgli di attaccare, con apposite cariche esplosive, alcune Unità britanniche ivi ormeggiate.

Purtroppo il 10 agosto 1942, a causa del sistema tedesco di crittazione Enigma decrittato dagli inglesi, lo Scirè venne scoperto da alcuni ricognitori britannici a poche miglia dall’imboccatura del porto e quattro cacciatorpediniere lo obbligarono a riemergere, attraverso l’impiego di bombe di profondità, per poi affondarlo con i cannoni di bordo e con quelli delle batterie costiere.

L’Italia purtroppo non ebbe più notizie dello Scirè da quella tragica data ed il 31 agosto l’Unità fu dichiarata scomparsa in mare in azione di guerra.

Da quel momento il relitto italiano, diventato il simbolo dell’ardimento e dell’amor di Patria che contribuì alle epiche imprese degli uomini dei Mezzi di Assalto della Marina, giace al largo del porto di Haifa alla profondità di 33 metri.

Il relitto dello Sciré, un Sacrario italiano da tutelare

Al termine del conflitto, forse per l’umana necessità di doversi lasciare alle spalle i dolori della guerra, i marinai del sommergibile Scirè vennero annoverati tra gli innumerevoli caduti che l’Italia ebbe in mare. Ma questi leggendari uomini non potevano essere dimenticati a lungo, così nel settembre del 1984 a seguito di un accordo tra i governi di Italia e di Israele, ai Palombari di Comsubin venne dato il compito di tornare ad Haifa per recuperare le loro spoglie mortali affinché potessero essere onorate e tumulate nel Sacrario Militare dei Caduti d’Oltremare di Bari. Tale attività condotta attraverso il supporto di Nave Anteo, Unità del Raggruppamento Subacquei ed Incursori “Teseo Tesei”, si è ripetuta nel tempo per ulteriori due volte allo scopo di preservare il relitto dello Scirè dagli effetti di un tentativo di recupero avvenuto nel 2002 ad opera della Marina americana ed israeliana.

Descrivere asetticamente tali operazioni non avrebbe dato al lettore l’opportunità di comprendere le sensazioni e le emozioni che provarono i subacquei del Varignano durante tali operazioni, per tale ragione si è pensato di fare parlare alcuni dei protagonisti.

Operazione di recupero delle Salme dal Sommergibile Scirè (1984)

Lgt. Pa/Smz Claudio Lecca - Ho conseguito il brevetto da Palombaro nel 1983, l’anno successivo fui inviato con Nave Anteo in missione ad Haifa per partecipare al recupero delle salme dei nostri connazionali. Il primo intoppo fu quello della posizione del relitto: arrivati sulle coordinate fornite dagli israeliani facemmo la prima di una lunga serie d'immersioni in coppia col 2°C° Pa/Smz Vito Musio, l'emozione e adrenalina erano al massimo ed ogni ombra ci sembrava potesse nascondere le linee dello Scirè, ma non trovammo nulla…. Per trovare il relitto ed iniziare la missione dovemmo utilizzare l’antica ma efficace tecnica del rampino che, solo dopo poche ore dette i propri frutti. Da quel momento iniziò la missione, un duro lavoro subacqueo di quasi due mesi che ogni giorno iniziava all’alba e terminava al tramonto. Io ragazzino, guardavo con ammirazione i gesti dei palombari più anziani di me, collaborando con loro in tutte le fasi delle operazioni fino al momento in cui aprimmo il portello stagno che separava il compartimento prodiero dello Scirè da quello poppiero, scomparto che conteneva i sacri resti dei nostri caduti: fu un susseguirsi di diverse emozioni. Nel riportare alla luce quelle povere spoglie mortali immaginavo la disperazione e gli ultimi minuti di vita di quelle persone. Mi immedesimai soprattutto nel diciottenne Paolo Visentin al cui cranio, oltre alla medaglietta che riportava il nominativo e numero di matricola (fu l’unico ad essere associato ad un nome), era fissato un gran facciale collegato ad un autorespiratore ad ossigeno, oggetti che oggi sono gelosamente custoditi nella sala Storica di Comsubin. Quella indimenticabile e straordinaria esperienza, conclusasi con la chiusura dei varchi di ingresso allo Scirè, ha guidato tutta la mia vita professionale tra i Palombari della Marina Militare.

Lgt. Pa/Smz Matteo Elia Draicchio - Conseguito il brevetto da Sommozzatore nel 1980 e quello da Palombaro nel 1981, sono stato immediatamente imbarcato su Nave Anteo per partecipare alla missione ad Haifa il cui scopo era quello di recuperare le salme dei nostri connazionali che trovarono la morte all’interno del Sommergibile Scirè. Il Paese voleva che suoi eroi tornassero in Patria.. ed era compito nostro! Fu difficoltoso trovare la posizione del relitto perché le coordinate fornite dagli israeliani non erano corrette. Così su ordine del Comandante del Gruppo Operativo Subacquei, C.F. Dario Carrozzino, utilizzammo una antica tecnica di ricerca, iniziammo a rampinare… Dopo alcune ore C° Angeletti,  Capo Palombaro dell’Anteo, esclamò al VHF “Ho un incoccio!”; un brivido mi percorse la schiena perché io ed il Sgt Biagio Carrano eravamo i palombari che avrebbero dovuto verificare il motivo di tale incoccio. Già in muta a circolazione e pronti come non mai all’immersione, scendemmo in acqua in pochissimi secondi. L’emozione era incontenibile e crescente man mano che la sagoma del relitto prendeva sempre più forma. Solo lo stridere del rampino sul metallo dello scafo mi destò, immaginavo la gloria e la sofferenza degli uomini che avevano trasformato quel relitto in leggenda. Sì, avevamo trovato lo Scirè, avevamo trovato i nostri eroi! Ricordo ancora la nostra prima immersione all’interno del sommergibile: silenzio, rispetto ed allo stesso tempo orgoglio. Orgoglio di appartenere alle tradizioni che quegli uomini avevano contribuito a costruire. Perdemmo la cognizione del tempo, avevamo la sensazione di operare in perenne apnea; persino respirare sembrava poco rispettosi nei confronti di quei poveri resti mortali che avevano atteso così tanto per ricongiungersi con la propria Patria. Terminato il recupero dei caduti, fu il momento di chiudere gli accessi al sommergibile e di riportare in Italia alcuni cimeli dello Sciré; io fui incaricato di rimuovere il periscopio e la chiesuola che ora è posizionata all’ingresso del Comando del Varignano. Quella fu l’ultima immersione della missione e il destino volle che fu la mia unica immersione da solo: mi trovai così a effettuare la tappa decompressiva assorto tra i miei pensieri e le mie preghiere. Quel momento mi regalò una sensazione di pienezza morale e spirituale, sensazione che è stata linfa e sprono nei miei 35 anni di carriera nei Reparti Subacquei della Marina.

Intervento a seguito del tentativo di recupero dello Scirè (2002)

CF(AN) SUB Giampaolo Trucco - Il mio imbarco sull’Anteo era giunto al termine. Era stato un intenso periodo di accrescimento professionale ed umano che mi aveva permesso di affrontare numerose operazioni subacquee, tutte diverse ma ugualmente ricche di avventura e di scoperta. La fortuna volle che la mia ultima missione con quell’Unità fosse la più entusiasmante: tornare sul relitto del sommergibile Scirè. Così il 22 ottobre 2002 salpammo alla volta di Haifa con lo scopo di verificare lo stato di conservazione del relitto a seguito di una maldestra operazione condotta un mese prima dalla Sesta flotta americana e da alcune Unità della Marina Militare Israeliana, durante la quale era stato tentato il recupero del nostro battello. Alle 13.00 del Il 27 ottobre iniziammo le immersioni. L’attesa prima di immergermi trasportava il mio pensiero a quell’equipaggio italiano che attraverso le sue gesta aveva trasformato il relitto, che era sotto di noi, in una leggenda. Il tempo passava, fino a che mi trovai in acqua per ultimo, cinque minuti prima del tramonto, insieme ad un veterano dello Scirè: Claudio Lecca divenuto Capo Palombaro di bordo. Quella discesa nell’oscurità, quell’emozione mai provata che avanzava la porterò sempre con me. Immagini e sensazioni che si delineavano con le forme di uno scafo ferito dal quale svettava ancora orgogliosa la struttura della vela. Toccai quel metallo corroso quasi percependo rumori provenienti dall’interno, come se quegli eroi fossero ancora li. Verificammo i danni che avesse subito il nostro sommergibile e confermammo il brutale tentativo di recupero posto in atto il mese prima: una grossa catena era stata passata tra la poppa del sommergibile ed il timone, come a formare due mezzi colli, e gli accessi allo Sciré, occlusi durante la missione del 1984, erano stati aperti. Il dispiacere e l’amarezza furono grandi, non aver rispettato ciò che rappresentasse quel relitto era per noi incomprensibile. Provvedemmo a richiudere lo Scirè ed a porre una targa realizzata nell’officina dell’Anteo per onorare i nostri uomini. Ci consolò, tuttavia, aver saputo che i nostri stessi sentimenti fossero provati da molti israeliani, tanto che, tra i loro organi di stampa, ci fu qualcuno che intervenne dicendo: “Come reagiremmo noi israeliani, come reagirebbero le nostre Forze Armate, se la Marina Militare di un paese straniero mandasse una sua unità ad esercitarsi sul relitto di un nostro glorioso sommergibile?».

Cerimonia di commemorazione dei caduti dello Sciré nell’ambito dell’esercitazione bilaterale italo-israeliana “Rising Star” (2015)

CA Francesco Chionna, Comandante di Comsubin - Nave Anteo ha sistemato alla perfezione il campo boe e ora si trova esattamente sulla verticale del relitto. La profondità è significativa ma non eccessiva. Corrente e visibilità sono accettabili e, almeno oggi, anche le condimeteo sono buone. L’immersione quindi non presenta particolari difficoltà….eppure mentre indosso la muta subacquea e faccio il check dell’attrezzatura avverto nel petto un’emozione sottile e nella testa pensieri che si rincorrono e mi distraggono. Non è un immersione qualunque quella per la quale mi sto preparando … mi sto per immergere sul relitto dello Scirè! Finalmente ci sono, che viaggio arrivare sino qua! E non mi riferisco al trasferimento da La Spezia ad Haifa, dove giace il sommergibile, bensì al viaggio lungo una carriera passata a COMSUBIN e al GOI… Per me – Incursore – è arrivare dove tutto è cominciato! Sto per presentarmi al cospetto della leggenda. Sto per bagnarmi nelle stesse acque che custodiscono gli assaltatori e i sommergibilisti della Decima. Coloro ai quali dobbiamo tutto!

Quasi intuissero il mio stato d’animo e forse condividendolo, gli uomini del GOS, che parimenti si stanno preparando ad immergersi, parlano sottovoce, i gesti professionali ma quasi riverenti. Ieri hanno rimosso la vecchia targa posta sullo Scirè nel 1984 quando gli uomini di Comsubin si immersero per evacuare dal relitto i resti dell’equipaggio per salvarli dalla profanazione.

La nuova targa è accanto a me, adagiata sul ponte dell’Anteo, pronta ad essere portata sul fondo insieme ad una corona di foglie e rami di alloro e quercia: valore e forza. Finalmente ci sono dunque! Insieme agli altri operatori che con me porteranno la targa e la corona siamo pronti sul portellone laterale dell’Anteo, immobile come una sentinella all’Altare della Patria. Ultime verifiche all’equipaggiamento e mi tuffo. I colori alterati dalla profondità nulla tolgono alla bellezza della nostra bandiera che è stata distesa su quanto rimane della vela del sommergibile.

Intorno il silenzio. C’è solo il rumore dei pensieri. Mi colpiscono le dimensioni del sommergibile: è più piccolo di quanto mi aspettassi ed è inevitabile pensare che questo aumenta la gloria dei 60 operatori, tra sommergibilisti ed incursori, che vivevano e combattevano qua dentro. E mi colpisce la dignità: il relitto porta i segni della violenta reazione avversaria, ma è ancora in assetto di navigazione, diritto e orientato sul bersaglio; i siluri pronti nei tubi di lancio. Un cavaliere caduto con la spada in pugno.

Appoggio una mano sulle lamiere per un attimo di raccoglimento. Ho fatto decine di immersioni su e dentro relitti di ogni genere, e al di là delle varie difficoltà tecniche. Mi è sempre piaciuto lasciarmi coinvolgere dalle loro storie, ma quella dello Scirè nulla è uguale alle precedenti immersioni, qua il coinvolgimento è totale, quasi spirituale.

Oltre alla nostra, una targa della Marina Israeliana ed una posta da mano ignota, spezzata ma sulla quale si leggono chiaramente le parole inglesi “heroes” e “meditate” sanciscono definitivamente che la gloria dello Scirè ed il coraggio dei suoi uomini non sono patrimonio solo italiano.

Mi tornano in mente i versi di una poesia composta da un anziano marinaio anni fa: “…ma tu glorioso Scirè sei rimasto solo in quelle acque dove incontrasti la morte…intorno c’è solo il ricordo che corre a tempi lontani, di quando anche il nemico temuto, ai marinai d’Italia rendeva gli onori…”.

(foto: Comsubin)