Quando nelle trincee tedesche si udiva a distanza quel grido d'avvertimento che spezzava la gola per urlare 'Pfeile' (frecce), il terrore si diffondeva in un istante. Non un rumore, non un fischio, solo il rumore di un biplano inglese o francese che sorvolava le posizioni nemiche e di lì a poco avrebbe tirato l'ennesima 'cordicella' per azionare un sistema di una semplicità letale e ricoprire la trincea di piccoli 'dardi' capaci di forare, grazie alla sola legge d'accelerazione della caduta dei gravi, un elmetto con l'intero cranio al suo seguito.
Note come fléchettes (dal francese, "piccole frecce") questo genere di 'dardi' fu il subdolo protagonista dei primi e rudimentali 'bombardamenti' effettuati dal Royal Flying Corps (RFC) e dall'Aéronautique Militaire nella fase iniziale del primo conflitto mondiale.
Benché il primo bombardamento con ordigni esplosivi fosse stato portato a termine con successo già nel 1911 dall'italiano Giulio Gallotti nella Guerra Italo-Turca - "(...) e tu Gavotti, dal tuo lieve spalto chinato nel pericolo dei venti sul nemico che ignora il nuovo assalto!" (Gabriele D'Annunzio, Canzone della Diana) - agli albori della Prima Guerra Mondiale il bombardamento aereo era ancora una pratica in fase del tutto sperimentale. Se verso la fine del conflitto un bombardiere bimotore Handley Page era in grado di sganciare un'impensabile bomba aeronautica da 1,650 libre (750 kg), il tutto incominciò con dei piccoli e rudimentali dardi che misuravano poco più di 5 pollici (12 cm).
Le fléchettes venivano stipate in una scatola sistemata all'interno dalla fusoliera; questa generalmente conteneva un lotto di 500 dardi ed era collegata ad un sistema 'd'apertura e sgancio' azionato da un cordicella. Il loro effetto era devastante a causa della velocità che il piccolo dardo interamente in metallo acquistava durante la caduta libera. Secondo il rapporto di un medico militare tedesco il dardo era capace di perforare un elmetto uccidendo sul colpo un soldato per la ferita riportata al cranio. Se il dardo invece fosse caduto sul torso o sulla spalla, esso era capace di attraversare la scapola, i polmoni e raggiungere altri organi vitali senza lasciare alla vittima alcuno scampo. Per questo dalla testimonianza di un soldato tedesco si apprese che nel caso ci si trovasse sotto in lancio di fléchettes era più auspicabile sdraiarsi a terra, aumentando la probabilità di essere colpiti ma esponendosi (ci si augurava) a ferite facilmente individuabili e non letali.
Secondo la rivista britannica The War Illustrated, i piloti britannici non erano affatto contenti di prestarsi a questa pratica di bombardamento considerata un lavoro decisamente 'sporco', ma il graduale accrescerci della tensione tra le fazioni, causato anche dai bombardamenti rappresaglia voluti da Kaiser e dalla condotta spesso definita 'ungentlemanly' degli avversarsi, finì per farlo passare con un 'modo' come un altro di fare la guerra. Per quanto letale, soprattutto quando sganciata su una carica di fanteria, la precisione di quest'arma lasciava a desiderare e si dimostro estremamente limitata. Essa non possedeva infatti le caratteristiche distruttive delle bombe aeronautiche che ben presto la surclassarono.
Sui campi di battaglia vennero principalmente usate tra il 1914 e il 1915; il ritrovamento di installazioni tedesche completamente crivellate da colpi netti lascia pensare che ne sia stato fatto largo uso durante la Battaglia di Mons. Un altro impiego confermato della fléchettes avvenne il 27 marzo 1915 sullo snodo ferroviario di Metz, palesandone tra l'altro gli enormi limiti.
Chi sarebbe mai stato in grado di pensare che lo sviluppo della tecnologia aeronautica e degli armamenti avrebbe permesso, a soli 30 anni di distanza dal lancio di piccoli 'dardi' medievali, di sganciare una sola bomba capace di devastare un'intera città?