Metalmeccanica italoamericana nel cuore del retroterra industriale della difesa USA

(di Leonardo Chiti)
02/05/16

Così come New York nella seconda metà degli anni 2000 è stata l’epicentro finanziario della crisi globale innescata dallo scoppio della bolla immobiliare dei mutui subprime, Detroit, in quanto capitale dell’auto, ne è stata l’epicentro industriale. Per di più l’onda d’urto investiva un settore che già di per sé doveva far fronte a difficoltà strutturali proprie, il che ha fatto precipitare la situazione con due costruttori su tre che sono dovuti ricorrere alle procedure fallimentari, con conseguente intervento dell’amministrazione Obama.

Il piano di salvataggio dei colossi dell’auto del Michigan prevedeva per General Motors una drastica ristrutturazione in regime di amministrazione controllata, un sorta di bancarotta pilotata dalla task force governativa messa in piedi dalla Casa Bianca. Per Chrysler si trattava di trovare un partner industriale che ne curasse il risanamento e il rilancio dopo il divorzio dalla Daimler-Mercedes, nel 2007, e il periodo di gestione del fondo d’investimento Cerberus.

Dopo una trattativa con Renault-Nissan e un’ipotesi di fusione con la stessa GM, nella primavera del 2009 è entrato in scena il gruppo FIAT che, in piena sintonia con il governo USA, ha rilevato Chrysler con un’acquisizione perfezionata tra il 2013 e il 2014, dopo il rimborso dei prestiti federali.

Rispetto a General Motors, presente a livello mondiale e anche nel segmento delle basse cilindrate grazie al marchio Opel, Chrysler produceva e vendeva quasi esclusivamente negli Stati Uniti e in Canada e nella fascia di mercato medio-alta con SUV e pick-up. Quindi l’alleanza con FIAT presentava senso industriale permettendo un allargamento sia dei mercati di sbocco che delle linee di produzione.

Nel frattempo la concorrenza internazionale si è fatta più dura e recentemente l’amministratore delegato del costruttore italoamericano, Sergio Marchionne, si è espresso per la necessità di un ulteriore rafforzamento di Fiat Chrysler Automobiles tramite fusione, per la quale si era fatto il nome di GM che per il momento ha declinato l’invito. Comunque sia allo stato attuale si può ritenere che il gruppo di Torino abbia consolidato le proprie posizioni nel Midwest degli Stati Uniti, dove può vantare una presenza di lungo corso nel settore della meccanica complessa.

A Racine, nel Wisconsin, ha la propria sede Case-New Holland, protagonista globale nel settore dei capital goods: macchine agricole e movimento terra. Come si tiene a sottolineare nel sito aziendale, da più di un secolo Case si è guadagnata un’invidiabile reputazione come fornitore delle forze armate e di varie organizzazioni specializzate, operanti in tutto il mondo e impegnate in attività differenti come lo sminamento del territorio o la ricostruzione delle comunità devastate da calamità naturali.

Ad esempio nel dicembre del 2013, tramite la propria rete distributiva nelle Filippine, CNH Industrial ha preso accordi per fornire macchine per le operazioni di soccorso attivate dalle Nazioni Unite a Tacloban, capoluogo della provincia di Leyte, la più colpita dal tifone Haiyan l’8 novembre. La flotta di cinque veicoli comprendeva: una terna New Holland Construction B115B, una terna Case 580SN, una mini pala compatta Case SR150, un trattore New Holland Agriculture TD5.90 e uno Case IH JX95, questi ultimi entrambi equipaggiati con pala.

La storia della Case comincia con Jerome Increase Case (1819-1891), un meccanico che nel 1842, nel Wisconsin, lavorò ad un modello perfezionato di trebbiatrice. Questa impresa si rafforzerà nei decenni seguenti combinando il successo dei propri macchinari agricoli con un percorso di crescita per linee esterne assorbendo decine di aziende. Nel 1967 viene a sua volta acquisita dal primo distributore mondiale di gas naturale: Tenneco.

Proprio grazie alla forza finanziaria di quest’ultima, nel 1985 Case rileva la International Harvester, uno dei suoi maggiori concorrenti negli Stati Uniti, diventando il secondo produttore mondiale di macchine agricole alle spalle della John Deere. Con la collocazione sul mercato del pacchetto di controllo da parte di Tenneco, dalla metà degli anni ’90 l’azienda del Wisconsin diventa una public company.

Alla fine dello stesso decennio un peggioramento del ciclo economico agricolo investe la Case che registra un calo di produzione e perdite che ne indeboliscono la posizione finanziaria, aprendo così la strada all’acquisizione da parte di FIAT già presente nel settore con il marchio New Holland.

Nel 1988 FIAT aveva raggruppato Fiatagri e FIAT-Allis in FIAT Geotech e questa nel 1991 acquisirà la New Holland, nata nel 1986 dallo scorporo effettuato dal gruppo Ford delle proprie attività nel settore macchine agricole e per l’edilizia, infine nel 1993 FIAT Geotech cambia nome in New Holland attraverso la quale il gruppo torinese acquisisce Case nel 1999. In un periodo in cui la sua politica delle alleanze nel settore auto segnava il passo, FIAT conquistava una posizione di rilievo mondiale nel comparto agricoltura e costruzioni.

Dopo alcuni anni di difficoltà, nel 2005 l’operazione comincia a dare i suoi frutti e i buoni risultati di CNH hanno permesso alla FIAT di limitare i danni della crisi economico-finanziaria globale, dai cui effetti il costruttore del Wisconsin si mostrava inizialmente pressoché immune muovendosi addirittura in controtendenza.

A ben vedere non è esagerato ritenere che la riorganizzazione complessiva del gruppo degli ultimi anni, di cui l’acquisizione di Chrysler costituisce il pezzo forte, sia stata possibile anche grazie al buon andamento delle vendite di trattori, mietitrebbie, escavatori e pale caricatrici. Tanto è vero che nel novembre 2008, quando sui mercati internazionali si era già scatenata la tempesta finanziaria (a seguito del fallimento di Lehman Brothers il 15 settembre), Marchionne manifestava con benevola ironia il proprio apprezzamento per i prodotti CNH.

Perché l’auto sarà più sexy di una mietitrebbia ma queste macchine hanno messo assieme un fatturato che è passato da 12 a 20 miliardi di dollari tra il 2004 e il 2008 e nei prossimi cinque anni potrebbero puntare al raddoppio (Salvatore Tropea, “Case New Holland: l’isola felice della FIAT”, Affari & Finanza, 3 novembre 2008).

In effetti ad oggi CNH può certamente competere per una posizione da leader mondiale nel settore dei capital goods, anche se l’andamento dell’attività dalla fine del 2008 non presenta esattamente i tratti di una marcia trionfale, come si può rilevare dai risultati del quarto trimestre 2015. Del resto l’acquisizione di Chrysler ha riportato ancora di più al centro della scena il core business dell’auto, come dimostra anche la cartina tornasole della politica di marketing con cui si vuol garantire la massima visibilità al marchio di punta. Dal 2007 al 2010 CNH è stata lo sponsor della Juventus sulle cui magliette campeggiava la scritta New Holland, posizione oggi occupata da Jeep.

Limitandoci ad alcuni numeri giusto per dare un’idea di massima: CNH Industrial chiude il 2015 con 25,9 MLD $ di ricavi consolidati, in calo del 9,2% rispetto al 2014 a cambi costanti e del 20,4% a valori correnti. Il solo ultimo trimestre dell’anno trascorso ha mostrato un miglioramento del trend aziendale con ricavi per 7,1 MLD $, un utile operativo delle attività industriali di 563 mln $, in crescita del 50%, con un margine operativo dell’8,2%, superiore al valore medio dell’anno pari a 5,8%. Per il 2016 i vertici aziendali prevedono ricavi netti delle Attività Industriali tra 23 e 24 MLD $ con un margine operativo tra 5,2% e 5,8%.

Il segmento di maggior peso restano le macchine per l’agricoltura con ricavi netti per 11 MLD $ nel 2015, seguite dai veicoli commerciali con 9,5. Questi ultimi sono il portato dell’accorpamento delle attività “extra auto” del gruppo FIAT, inizialmente in FIAT Industrial che nella seconda metà del 2013 – a seguito della fusione con CNH Global - ha assunto la denominazione di CNH Industrial con quotazione in borsa (al New York Stock Exchange e sul Mercato Telematico Azionario, organizzato e gestito da Borsa Italiana S.p.A.), il 30 settembre dello stesso anno.

Il parco aziendale targato Case è composto da oltre 90 modelli tra: mini escavatori, terne (macchine per movimento terra molto versatili dotate di una pala frontale e un retroescavatore equipaggiabile con un’ampia gamma di benne e attrezzature facilmente intercambiabili grazie all’attacco idraulico rapido integrato), escavatori cingolati e gommati, caricatori gommati, mini pale compatte, apripista cingolati e motolivellatrici.

Si tratta di macchinari progettati per affrontare condizioni climatiche estreme e operare in aree a rischio, il che li rende particolarmente adatti per equipaggiare quei reparti delle forze armate le cui abilità sono il presupposto per la effettiva operatività delle unità combattenti.

La capacità di costruire, rimuovere o aggirare ostacoli di ogni genere, di edificare strutture difensive per centri abitati e/o una rete di vie di comunicazione efficiente ha da sempre avuto un importante rilievo militare, basti pensare a quella che viene definita la più potente macchina bellica del mondo antico: l’esercito romano. Il reparto del Genio pontieri ha svolto un ruolo fondamentale nelle campagne napoleoniche e la rete di binari costruita in India dagli inglesi durante il periodo coloniale ha costituito la struttura alla base delle attuali ferrovie del subcontinente.

I primi veri e propri corsi universitari di ingegneria, architettura, scienze fisiche e matematiche (con particolare attenzione alla geometria), nella storia degli USA, si devono all’accademia militare di West Point per la cui fondazione il Congresso stanziò i primi finanziamenti nel 1802, con una legge ratificata dal terzo presidente degli Stati Uniti, Thomas Jefferson (1743-1826).

Per la riorganizzazione intrapresa dopo il 1815, venne preso come modello di riferimento l’Ḗcole Polytechnique di Parigi, nata nel 1794 su iniziativa di Lazare Carnot (1753-1823) e Gaspard Monge (1746-1818). A tal fine si attinse direttamente dal corpo insegnante di quest’ultima, soprattutto nella persona di Claudius Crozet (1789-1864), specialista di ponti e strade, che diverrà il cuore e l’anima della prestigiosa istituzione assieme all’ufficiale dell’esercito americano Sylvanus Thayer (1785-1872), soprannominato il “papà di West Point”, che ricoprirà la carica di rettore.

La storia della meccanizzazione del Corpo del Genio si intreccia inevitabilmente con lo sviluppo dei trasporti e in generale con l’industrializzazione della guerra, un fenomeno che non poteva certo estendersi in modo simultaneo a tutti gli ambiti di impiego di un dispositivo militare. Riguardo alla capacità di manovra delle forze armate, la dimensione strategica della mobilità mostrava i tratti della modernità industriale già durante la guerra di secessione americana, mentre per i primi progressi su vasta scala a livello tattico si dovrà attendere la seconda guerra mondiale.

I cambiamenti radicali provocati dalle innovazioni nei trasporti si fermavano alle stazioni ferroviarie. Sebbene la forza vapore e il telegrafo avessero migliorato i movimenti a livello strategico […], i loro effetti furono limitati al sostentamento dei grandi eserciti degli stati industrializzati. Una volta scesi al capolinea i soldati tornavano quelli di un tempo, costretti a marciare con pesanti carichi sulla schiena e con i loro viveri trasportati su carri. Così era accaduto durante la guerra civile americana, e così continuò a verificarsi nella prima guerra mondiale (Rupert Smith, “L’arte della guerra nel mondo contemporaneo”, il Mulino, 2009).

Sarà la grande diffusione del motore a scoppio negli anni tra i due conflitti mondiali ad estendere la motorizzazione del teatro di guerra fino al livello tattico dei diversi teatri operativi che lo compongono. In questo passaggio ha sicuramente avuto una parte importante la Jeep, veicolo costruito a partire dal 1941 dalla statunitense Willys (acquisita nel 1987 dalla Chrysler, dopo una serie di cambi di proprietà), in oltre 639.200 esemplari.

Con tutta probabilità il nome del famoso marchio è dovuto alla trasformazione fonetica della sigla identificativa delle caratteristiche del mezzo (G.P., general purpose), ma secondo una versione più fantasiosa deriverebbe dal personaggio di “Eugene the Jeep” - una sorta di cagnolino alieno capace di fare cose incredibili - che compare nel cartone animato di Braccio di Ferro.

Mobilità strategica e mobilità tattica fanno riferimento ad una propria filiera logistica che nel primo caso riguarda l’acquisizione, lo stoccaggio, il trasporto e la distribuzione di materiali verso i relativi teatri operativi, mentre nel secondo si sviluppa all’interno di questi ultimi.

In generale la presenza di barriere naturali quali catene montuose, vallate con pareti a strapiombo, mari, oceani, distese desertiche, fiumi dall’ampio letto e grande portata, rappresentano un vantaggio se considerati in un’ottica difensiva, infatti sono da sempre presi a riferimento per la fissazione dei confini. Al contrario, dal punto di vista della proiezione di potenza questi diventano parte dei fattori di difficoltà da mettere nel conto durante la pianificazione delle operazioni.

La capacità operativa di una forza di proiezione tende a diminuire con il progressivo allontanarsi dal suo centro generatore, il che rende fondamentale l’attività di rifornimento e supporto delle unità sul campo. In questa ottica il coordinamento a tutti i livelli degli organismi costituenti i servizi logistici, deve essere finalizzato a ridurre al minimo le criticità legate alle rotture di carico (inevitabili nei punti di interscambio modale), dovute al passaggio dalla nave o dall’aereo cargo al camion, o da questo al carro ferroviario e viceversa.

Nei tre decenni successivi alla seconda guerra mondiale la motorizzazione degli eserciti ha compiuto ulteriori passi avanti e il primo impiego in grande stile dell’elicottero durante la guerra del Vietnam (di cui le macchine della serie UH-1, basata sul Model 204 della Bell, sono state uno dei simboli), ha segnato un altro importante passaggio nella trasformazione del sistema di trasporto multimodale intrateatro.

Il soldato aerotrasportato costituisce la componente di un esercito di nuovo tipo, meccanizzato, cingolato e corazzato in misura ignota a qualsivoglia formazione blindata della seconda guerra mondiale. Le unità combattenti […] sono completamente meccanizzate, compresi persino i servizi logistici, i reparti officina e i reparti pontieri, e in larga misura corazzate e cingolate, artiglieria compresa. […] la sezione di fanteria di dieci uomini racchiusa in un veicolo corazzato: qui va cercata la differenza, davvero rivoluzionaria, degli eserciti degli anni ’70 rispetto a quelli degli anni ’40 (John Keegan, “Il volto della battaglia”, il Saggiatore, 2001).

In alcuni casi le diverse specialità in cui si articola il Genio militare (pontieri, minatori, guastatori, ferrovieri, ecc.), sono addestrate come unità d’élite (Genio d’assalto) per poter operare in diretto contatto o addirittura davanti (come ad esempio il Genio pontieri), alle truppe più avanzate. I reparti impiegati nel sostegno ravvicinato al combattimento (logistica di aderenza), sono equipaggiati con veicoli corazzati sviluppati su piattaforme progettate per il campo di battaglia come i mezzi gittaponte o bulldozer derivati da carri armati dotati di armamento da demolizione (solitamente un cannone a bassa velocità), modificati con il montaggio di una pala meccanica anteriore.

I ruoli di aderenza rientrano nei concetti operativi di mobilità e contromobilità che nel primo caso si concretizzano in operazioni relative al ripristino o alla semplificazione della capacità di movimento delle forze amiche: ristabilimento della viabilità compromessa da azioni d’interdizione da parte nemica, allestimento di sistemi di attraversamento, apertura di corridoi e varchi nei campi minati. Nel secondo si tratta di attività volte alla limitazione della capacità di manovra delle forze avversarie attraverso opere di incanalamento, ostacolo (posa di mine, filo spinato, ecc.), o logoramento.

Per il supporto logistico generale (logistica di sostegno), l’equipaggiamento è costituito da mezzi per la movimentazione dei materiali (handling), del tutto simili a quelli utilizzati in un qualunque cantiere edile civile o centro di smistamento merci, pur presentando solitamente una configurabilità modulare che permette di accogliere componenti protette - blindatura del powertrain (sistema motore-cambio-trasmissione) o cabine corazzate - quando si opera in settori di retrovia comunque esposti alle iniziative di forze ostili.

Questi macchinari vengono impiegati per: costruzione di ricoveri, esecuzione di lavori di mascheramento di posti comando, rifornimento e riparazione, allestimento con messa in sicurezza e successivo sgombero delle basi. Si tratta di attività riconducibili al ruolo definito protezione, in merito al quale si possono fare due esempi recenti.

Nel giugno del 2015 i militari americani hanno dato il via ai lavori per l’allestimento di una base nella località di al Taqaddum, a 25 chilometri da Ramadi, la capitale della provincia dell’Anbar, conquistata dai miliziani di Daesh nel mese di maggio. Le nuove installazioni delle forze statunitensi rientravano nelle attività di preparazione della riconquista della città che aveva una popolazione di 500.000 abitanti, sfollati in grandi campi per rifugiati dopo la caduta di Ramadi nelle mani dell’ISIS.

Secondo le dichiarazioni dell’allora Chairman of Joint Chiefs of Staff, generale Martin Dempsey, riportate dall’agenzia Reuters il 6 giugno, le infrastrutture di Taqaddum erano finalizzate ad agevolare i rapporti con le tribù locali disposte a lottare contro Daesh ma esitanti a spostarsi verso la base di Ain al-Asad, punto di riferimento per le truppe statunitensi di stanza nell’Anbar.

Dopo mesi di combattimenti le forze irakene hanno ripreso Ramadi lo scorso 28 dicembre entrando in una specie di città fantasma, fatta di cumuli di macerie e trappole esplosive un po’ dappertutto. In pratica non c’è edificio che non sia stato crivellato di colpi o minato o entrambe le cose, e le distruzioni non sono finite con la cacciata dei miliziani del califfato (che per essere completata ha richiesto all’incirca altri due mesi), in quanto alcuni degli ordigni, in molti casi collocati dentro cunicoli scavati sotto le costruzioni, presentano una struttura detta “a ragnatela” che li rende impossibili da disinnescare, per cui devono essere fatti saltare.

Il lavoro di bonifica in questi casi (per la sola Ramadi valutato in 15 milioni di $ dall’ONU), non ammette soste per il personale del Genio, il cui livello di impegno non è certo destinato a diminuire considerando l’offensiva in corso su Mosul. Per dirla con le parole pronunciate ai microfoni di Fox News dal tenente-colonnello Ralph Peters: Ramadi è stata una rissa da cortile della scuola. Mosul sarà una finale da campionato mondiale di boxe dei pesi massimi. Questo vale per il prima, per il durante e per il dopo, rispetto alla fase di combattimento vero e proprio.

L’autunno del 2014 ha visto l’inizio della smobilitazione della maggioranza del personale della grande base aerea di Bagram a una cinquantina di km da Kabul, pietra miliare del contingente d’intervento statunitense in Afghanistan, e dove si trovano ancora gli hangar del vecchio aeroporto militare sovietico.

L’aspetto era quello di un cantiere edile con i genieri che indossano caschetti e scarpe antinfortunio rimuovendo con la massima cura le attrezzature elettriche e le strutture metalliche fino all’ultimo chiodo, in modo da evitare che questi materiali possano cadere nelle mani dei talebani per essere usati nel confezionamento di congegni esplosivi.

Al culmine dell’impegno, nel 2011, Bagram ha ospitato 30.000 persone tra civili e militari, una presenza che il passaggio all’operazione “Resolute Support”, prevedeva di ricalibrare intorno alle 6.000 unità, con un piano di sgombero che prevedeva l’abbattimento di 2.000 edifici su un totale di 2.600, entro la fine del 2014.

Tornando alle aziende fornitrici dei macchinari per queste attività, CNH Industrial può vantare una posizione da leader globale nel comparto dei capital goods: è presente in 190 paesi attraverso i suoi 12 brand, 64 stabilimenti produttivi, 49 centri di ricerca e sviluppo, oltre 68.000 dipendenti e circa 6.000 concessionari.

Ad oggi ne fanno parte: Case IH, New Holland Agriculture e Steyr, per i trattori e le macchine agricole; Case e New Holland Construction per le macchine movimento terra; Iveco per i veicoli commerciali; Iveco Bus e Heuliez Bus per gli autobus e i bus granturismo; Iveco-Astra per i veicoli cava-cantiere; Magirus per i veicoli antincendio; Iveco Defence Vehicles per i veicoli per la difesa e la protezione civile e infine FPT Industrial (powertrain), per i motori, trasmissioni e assali.

Volendo concludere sulla falsariga tracciata dai toni ironici del numero 1 di FIAT: osservare al lavoro ruspe, muletti e bulldozer è di certo meno emozionante che vedere in azione squadriglie di caccia, reparti di veicoli corazzati o gruppi navali da battaglia, eppure questi mezzi, e le rispettive squadre di personale specializzato, svolgono un ruolo irrinunciabile in ogni momento e in tutti i settori di un teatro di missione.

(foto: juventus.com / web / U.S. DoD)