Napoleone e l’Ucraina

(di Paolo Palumbo)
30/03/22

L’Ucraina è oggi al centro di una questione mondiale capace di determinare la rottura di uno status che dura dalla fine della “Guerra Fredda”. Una terra storicamente diversa dalla Russia che, in età moderna, ha maturato una radice culturale variegata avendo subito gli influssi di altre culture: parte dei essa era dell’impero Asburgico, mentre la parte più orientale risentiva dall’influsso dell’impero zarista.

Tra gli episodi storici più importanti della storia ucraina, vi fu la battaglia di Poltava, quando nel 1709 i russi di Pietro il Grande (immagine seguente) sconfissero l’esercito svedese di Carlo XII. Senza dubbio due grandi condottieri, ma tra i due fu Pietro il Grande a passare alla storia grazie alle sue riforme civili e militari che restituirono alla Russia un ruolo centrale nei giochi politici europei del XVIII secolo1.

A quei tempi l’Ucraina era considerata la terra dei cosacchi e già nel XVII secolo l’ambasciatore francese a Costantinopoli de Cessy riferiva a Parigi delle continue incursioni di cosacchi ucraini sia verso la capitale, sia vero il Mar Nero. Da sempre gli ucraini mostrarono un atteggiamento diffidente nei confronti di San Pietroburgo e quando il re di Svezia Carlo XII attaccò Pietro il Grande, il cosacco ucraino Ivan Mazeppa si schierò apertamente con gli svedesi. Dopo la battaglia di Poltava e la grave sconfitta svedese, lo zar Pietro pretese dagli svedesi il ritorno dei cosacchi emigrati che avevano combattuto per Carlo XII e fu solo l’intercessione della Francia ad impedire il loro massacro.

L’hetman (o atamano, il grado militare più elevato presso i cosacchi) Pylyp Stepanovych Orlik (successore di Mazeppa) si fece carico di difendere i diritti dell’Ucraina in Europa con il chiaro appoggio della Francia. Fu inoltre Orlik a diventare capo del contingente ucraino che permise ai francesi di vincere la battaglia di Bergen nel 1759. Una storia di ribellione, dunque, che nel 1789 subì importanti influssi da quanto stava accadendo a Parigi.

L’albero della libertà a Kiev

Appena dopo la rivoluzione, il cittadino Parandier, rappresentante francese ad Amburgo e attento verso le questioni con la Russia, inviò un dispaccio al Comitato di Salute pubblica a Parigi spiegando il perché l’Ucraina costituiva il fattore decisivo che permetteva ai russi di fare la guerra: "l’Ucraina li fornisce di tutto il grano necessario, gli abitanti dell’Ucraina sono intrepidi, coraggiosi, abili, disinteressati e gelosi della loro indipendenza"2.

Seguendo la dottrina secondo la quale la rivoluzione fosse un principio esportabile in qualsiasi paese pronto ad accoglierla, il Comitato di Salute pubblica lanciò un proclama affinché la Francia appoggiasse con tutti i mezzi la sollevazione dei cosacchi ucraini: "nazione bellicosa, oltretutto libera, soggiogata da Pietro I e nella quale sarà importante far rinascere il sentimento di libertà per liberarsi dal giogo, vogliamo vedere l’albero della libertà a Kiev"3.

Passato il turbine rivoluzionario, Napoleone imperatore dei francesi, ereditò la politica che fu di Luigi XIV e poi del Comitato; nei confronti dell’Ucraina ricevette tutto l’aiuto dal ministro Talleyrand il quale, per pura coincidenza, durante la frequentazione del collegio di La Flèche, conobbe Petro Mohyla fervente patriota ucraino e metropolita di Kiev.

Tra il 1806 e il 1807 la questione dell’Ucraina fu al centro di un dibattito più ampio inerente all’Europa orientale ed in particolare la possibile nascita di uno stato polacco indipendente. In un rapporto del barone Jean François de Bourgoing, ministro plenipotenziario in Sassonia, emerse chiaramente che la Russia di Alessandro I aveva pessimi rapporti con alcuni stati confinanti, soprattutto perché la sua politica imperialista li stava assimilando in modo arbitrario: l’invasione della Crimea e della nazione cosacca, l’assoggettamento parziale della Moldavia e quello di una parte della Polonia durante le spartizioni del XVIII secolo.

Nel 1807, Napoleone inflisse la prima dura sconfitta all’impero russo, battendo le truppe di Alessandro ad Eylau e Friedland per poi arrivare alla fatidica pace di Tilsit nel luglio dello stesso anno. L’imperatore sancì il suo predominio in Europa, imponendo a Federico Guglielmo re di Prussia e allo zar Alessandro I le sue condizioni. A quel punto l’Ucraina divenne un argomento centrale nell’agenda politica francese anche perché il trattato di Tilsit assomigliava più ad una tregua che non una pace duratura; Napoleone sapeva che, presto o tardi, l’equilibrio tra le due potenze si sarebbe rotto e una guerra sarebbe stata inevitabile. Era dunque importante capire chi – in caso di scontro – si sarebbe potuto schierare insieme all’imperatore.

L’Ucraina – secondo la memoria redatta da Leclerc, impiegato degli affari esteri – sarebbe stata l’unica regione orientale a poter dare un supporto significativo all’esercito russo poiché le riserve di grano presenti nelle altre regioni erano irrisorie. Nel suo rapporto Mémoire sur le causes de l’ambition de la Russie et les moyens de la réprimer il diplomatico francese immaginò una nuova geografia con una grande Polonia le cui frontiere sarebbero arrivate dal mar Baltico fino al mar Nero. Solo così, ed insieme all’unione dell’Ucraina e dei paesi cosacchi, l’espansionismo russo avrebbe trovato un valido argine e "Napoleone avrebbe respinto i russi nel profondo dei loro deserti"4.

Napoleonide e la campagna di Russia

Quanto profetizzato da Napoleone sulla zattera di Tilsit, nel 1812 divenne una dura realtà.

Alexandre Maurice Blanc de Lanautte conte d’Hautervie, ministro degli affari esteri e acerrimo rivale di Talleyrand, redasse uno scritto dedicato all’Ucraina nel quale inserì la storia delle campagne di Carlo XII (immagine), citò le opere di Voltaire, de Bellervie, ma soprattutto riportò un passo della corrispondenza di de Bonnac che nel 1708 era delegato francese alla corte del re di Svezia: "Carlo XII entrò subito in Ucraina e se questa nazione non si schierasse con lui non vedo come potrebbe continuare la guerra; l’Ucraina ricca e abbondante di bestiame e di viveri ha degli abitanti che portano pressoché tutti i tipi di armi, potranno servirgli da magazzini e fargli passare il nutrimento per la sua armata nel cuore della Moscovia giacché bruciata e desolata"5.

Le annotazioni del conte d’Hautervie furono un monito per l’imperatore: per arrivare a Mosca era importante salvaguardare le linee di rifornimento e questo sarebbe stato possibile soltanto con l’amicizia dell’Ucraina.

Il 16 novembre 1811, il duca di Cadore, Jean-Baptiste de Champagny si rivolse al barone Bignon, diplomatico residente a Varsavia affinché inviasse pronte informazioni a Parigi sulla Podolia, la Volinia e l’Ucraina con una precisa descrizione delle strade ed in particolare sulla linea Lemberg-Kiev e Dubno-Kiev lungo il corso del fiume Dnepr.

I ragguagli di Bignon rappresentano la prova che nel 1812 Napoleone aveva intenzione di passare per l’Ucraina, ripercorrendo la via di Carlo XII6.

Quando la guerra contro la Russia apparve inevitabile, l’11 dicembre 1811 Napoleone indirizzò una missiva al duca di Bassano Bernard-Hugues Maret, chiedendo che Bignon fosse incaricato di organizzare una sorta di polizia segreta per raccogliere informazioni sulla Lituania, Volinia, Podolia e Ucraina. Gli agenti affiliati a tale organismo di polizia dovevano informare Parigi sullo stato delle fortificazioni e delle strade da San Pietroburgo a Vilna, da San Pietroburgo a Riga, da Riga a Memel e sulle vie di comunicazione di Kiev7. In effetti lo zelante Bignon già da qualche mese stava spiando su quanto succedeva a Kiev.

L’11 aprile 1811, l’agente sul campo Lubienski inviò un primo rapporto a Bignon riportando come tra le persone vi era un forte malcontento nei confronti dei russi: alcuni edifici pubblici erano stati addirittura incendiati e in molti speravano in una “guerra di liberazione” guidata dai francesi8.

Nel 1812, il conte d’Hauterive compilò l’Examen des frontières de la Pologne considéré uniquement sous le rapport militaire ove immaginò la creazione di uno stato indipendente che l’imperatore avrebbe investito come tale. Uno stato che avrebbe incluso il ducato di Czernihow e di Poltava, allungandosi lungo il Dnepr fino a Orel: "I cosacchi, conosciuti con il nome di Zaporogi o Zaporoviani (al di là delle Cataratte) così riuniti ai Tartari della Crimea, potranno formare un unico stato sotto il nome di Tauride [così gli antichi greci chiamavano la Crimea n.d.a.]". Il suggerimento fu addirittura di nominare questa nuova terra Napoleonide, ma fu poi abbandonato.

L’ipotesi territoriale elaborata dal diplomatico francese includeva anche alcune particolarità sulla popolazione e la forma di governo più idonea: "Questo stato, composto per la maggior parte da una popolazione sempre a cavallo, sarà governato da un capo e per mezzo di una costituzione confacente al loro modo di essere, con la prospettiva di una indipendenza politica formeranno presto una nazione civilizzata che costituirà una delle barriere più resistenti alle ambizioni della Russia e alle sue pretese sul Mar Nero e sul Bosforo"9.

Dopo l’analisi politica, d’Hautervie entrò nel campo militare, esprimendo tutta la sua ammirazione per i cosacchi descritti come forti, robusti, coraggiosi, infaticabili e molto intelligenti10. Ovviamente una forza militare come quella dei cosacchi Zaporozihan (cosacchi ucraini), ma ben determinata, sarebbe stata utile ai francesi: "otterremo più di 60.000 uomini per la cavalleria leggera dei quali 10.000 potranno essere impiegati nella cavalleria francese dove saranno molto utili per le ricognizioni o per circondare e inseguire il nemico, sia a sorvegliare le strade più lontane. L’Ucraina sarà utile per la fornitura dei loro cavalli e potrà dare dai 40 ai 50.000 cavalli al mese"11.

L’interrogativo più importante riguardava l’eventuale riconoscimento di questo nuovo stato da parte dell’imperatore Napoleone il quale – ancora lontano da conferire l’indipendenza alla Polonia – avrebbe certamente esitato anche rispetto l’Ucraina.

Charles Louis Lesur, scrittore ed ex membro del Comitato di Salute pubblica, confermò essere un abile storico quando Napoleone gli confidò uno studio sui cosacchi. La prima edizione del suo volume Historie des Cosaques fu pubblicato nel 1813 e ne esistono pochissime copie: in queste pagine si possono leggere passi molto interessanti circa l’Ucraina e il carattere dei suoi abitanti: "Gli ucraini sono più generosi, più sinceri, più educati, più ospitali e più lavoratori dei russi; essi offrono una prova vivente della superiorità che la libertà civile dona agli uomini che non sono nati nella servitù"12. In più Lesur descrisse la terribile repressione di cui furono vittime i cosacchi ucraini dopo che Mazeppa si alleò con Carlo XII: "Ovunque i generali russi trovassero i cosacchi, avevano l’ordine di passarli a fil di spada […]. Il progetto dello zar era di sottomettere assolutamente tutta l’Ucraina. L’inflessibile zar aveva sete del sangue di tutte le nazioni"13.

Quando Napoleone, nel giugno del 1812, attraversò il Niemen con le sue truppe non seguì lo stesso piano di Carlo XII e l’Ucraina rimase al di fuori del piano strategico francese. I funzionari russi che risedevano in Ucraina ricevettero comunque le istruzioni per sorvegliare la popolazione poiché le spinte indipendentiste spingevano verso un’alleanza con i francesi. Ciò non avvenne, tuttavia gli ucraini decisero di opporre una resistenza passiva, ostacolando il reclutamento di uomini per i russi che dai 4 previsti ogni 100 abitanti passò a 1.

Nonostante i fermenti nazionalisti contro la prepotenza di Alessandro I, malgrado i successi iniziali di Napoleone, parte degli ucraini servirono i russi con alcuni reggimenti di cosacchi. Il governatore dell’Ucraina Orientale, Yakov Lobanov-Rostovsky riuscì, infatti, a riunire quattro reggimenti con la promessa che questi – alla fine della guerra – sarebbero rimasti attivi come parte della nazione cosacca.

La storia cambiò quando la Grande Armata di Napoleone fu costretta a ritirarsi: l’imperatore tentò di passare attraverso la Bielorussia, cercando così di raggiungere l’Ucraina orientale. In quella circostanza i confini furono difesi da reggimenti ucraini che, intimoriti dalla politica di Napoleone troppo favorevole alla Polonia, temevano di finire sotto l’influenza di Varsavia. Era dunque più conveniente restare all’ombra di San Pietroburgo.

La cavalleria cosacca

Tra le varie specialità che componevano il corpo di cavalleria a disposizione di Alessandro I, esistevano alcune unità irregolari composte da cosacchi, calmucchi, tartari e baskiri. Tra tutte queste i cosacchi avevano una reputazione terribile poiché finire nelle loro mani significava una morte certa e violenta. La loro reale efficacia sul campo di battaglia fu sempre oggetto di discussione: sebbene fossero veloci e micidiali negli attacchi in ordine sparso contro piccoli gruppi in ritirata, messi di fronte ad una formazione ben organizzata, o ancor peggio di fronte ad un quadrato di fanteria, non sapevano come comportarsi e spesso avevano la peggio.

I cosacchi erano gruppi combattenti composti dai 500 ai 1000 uomini e tutti avevano uno stretto legame con il territorio ove operavano. All’interno dei reparti o altrimenti conosciuti come Pulk vi era una gerarchia che vedeva come capo assoluto un Ataman che dirigeva dai 5 ai 10 squadroni denominati Sotnia. Solitamente montavano cavalli piccoli e molti veloci ed erano armati di lancia e sciabola ricurva.

Con il passare degli anni le formazioni cosacche ricevettero un’organizzazione sempre più complessa, simile a quella dei reggimenti russi regolari andando ad includere addirittura unità di artiglieria completi di 20 cannoni da 3 libbre, quindi molto leggeri e facilmente trasportabili.

I cosacchi del Don godevano di un’ottima fama di combattenti, ma ancora meglio erano i cosacchi del Mar Nero tanto che un vecchio adagio recitava “Un cosacco del mar Nero vale tre cosacchi del Don”14.

Alcune unità erano considerate ribelli, nel senso che rifiutavano l’autorità della Russia come ad esempio gli stessi cosacchi del Mar Nero e gli Zaporozihan (o zaporogi) ucraini.

1 Prima della battaglia di Poltava Pietro il Grande avviò una serie di riforme volte a modernizzare la struttura dell’esercito russo per diversi secoli. Egli rimpiazzo i vecchi streltsy (reggimenti) che aveva voluto il padre con dei reggimenti di nuovo stile. A questo aggiunse la creazione di una scuola di artiglieria e del genio sempre meno dipendenti dall’ingaggio di ufficiali stranieri. Introdusse la tattica lineare che aveva imparato dagli svedesi e sviluppò l’industria metallurgica e tessile per rendere sempre più forniti e indipendenti i reparti militari. Dopo la battaglia di Poltava nel 1709 apparve anche il primo manuale di addestramento pubblicato nel 1716 con al conseguente fondazione di un collegio militare per unificare l’unità di comando. Tra gli obiettivi più significativi prefissati da Pietro vi fu la riforma e il rafforzamento della marina russa la quale alla sua morte includeva 50 vascelli da guerra e 700 navi minori. D. L. Smith, "Peter the Great" in F. D. Margiotta (edited by) Brassey’s Encyclopedia of Military History and Biography, Washington-London, Brassey’s, 1994, p. 780.

2 Elie Bortchak, "Napoléon et l’Ukraine" in Revue des Etudes Napoléoniennes, Tome XIX, luglio-dicembre 1922, p. 27.

3 Ibidem.

4 Ivi, p. 29.

5 Ivi, p. 30.

6 Secondo l’opinione di Napoleone, Carlo XII non aveva sbagliato nulla nella sua marcia verso il cuore della Russia, tuttavia era arrivato in Ucraina troppo tardi. Egli, infatti, sarebbe dovuto arrivare quando Ivan Mazeppa, ribelle cosacco, aveva richiesto aiuto paventando un’alleanza Ucraino-Svedese.

7 Napoleon Ier, Correspondance de Napoléon Ier publiée par ordre de l’empereur Napoléon III, Paris, Imprimerie Impériale, 1867, Tomo 23, p. 111.

8 Bortchak, cit., p. 32.

9 Ivi, p. 33.

10 Nel 1811 i reparti di cosacchi assegnati ai confini della Russia erano i seguenti: in Finlandia 3 reggimenti, lungo il confine tra la Polonia e Dniester 13 reggimenti, con l’armata della Moldavia 29 reggimenti, sul Don 12 reggimenti, in Georgia 8 reggimenti, ad Orenbourg (Russia orientale) 4 reggimenti e un reggimento Calmucco, nel Caucaso 6 reggimenti detti “coloniali” e 3 chiamati Voisko. Nell’estate del 1812 dall’Ucraina (Kiev e Kamieniec Podolski) furono stabiliti 4 reggimenti di cosacchi ucraini ciascuno con 8 squadroni.

https://www.napolun.com/mirror/napoleonistyka.atspace.com/cossacks.htm

11 Bortchak, cit., p. 32.

12 Ivi, p. 36.

13 Ibidem, p. 37.

14 C. McNab, Gli eserciti delle guerre napoleoniche, Gorizia, LEG, 2012, p. 309.