All'eroe sconosciuto

(di Gino Lanzara)
05/12/20

Quando si delinea un progetto, si comincia con il consueto carico di buone intenzioni; studio delle circostanze, correlazioni: tutto dovrebbe condurre al tratteggio di un quadro ricco di immagini, valutazioni, proposte. Ci proveremo, come sempre, ma con un’avvertenza: realtà e quotidianità, non serbando nulla degli insegnamenti passati, sono state caratterizzate da una spiccata propensione per un’improvvisazione che non può che inasprire tragedie come quella di cui siamo spettatori obbligati e paganti.

Sipario. Prologo. E come Epidemie. Malgrado le convinzioni dei frequentatori delle varie Street University, i numeri parlano chiaro: le malattie uccidono; vaiolo, poliomielite, morbillo, sono stati contenuti grazie a campagne vaccinali preventive che ne hanno abbattuto la mortalità. È un fatto; come è innegabile che le vaccinazioni siano una delle più importanti scoperte mediche, al netto di truffe e bufale, anche se non possiamo non riconoscere il primitivo fascino della ricerca di stolide coincidenze, ad esclusivo beneficio di quelle che Carlos Zafon definiva menti pigre.

Atto Primo. V come Vaccini. Una pubblicità risalente alle felici epoche del Carosello post Telegiornale, recitava: si si, sembra facile; fidatevi, non lo è. Come facilmente desumibile dal mare magnum internettiano, “un vaccino è una preparazione costituita da agenti patogeni opportunamente trattati (o da parti di essi) somministrata a soggetti sani con lo scopo di fornire un'immunità acquisita”1, un preparato per il quale occorrono competenza, studio, sacrificio, e magari la stessa acutezza d’ingegno che già durante la Guerra del Peloponneso2, aveva permesso, a uomini privi di (in)certezze cervellotiche, di constatare che, durante diverse epidemie di peste, chi era già stato colpito dal morbo e ne era guarito aveva meno probabilità di venire infettato una seconda volta dallo stesso patogeno.

S come Scienziati. Presupposto: intelligenza, intraprendenza e studio, altro che coincidenze. Si comincia da Lady Mary Wortley Montagu, che studiò intorno al 1717 la tecnica ottomana della variolizzazione3, passando per Edward Jenner, considerato l’inventore dei vaccini; poi per Louis Pasteur, inventore della moderna microbiologia nonché fecondo artefice di milioni di cappuccini giornalmente preparati con il latte pastorizzato; poi per Albert Sabin e Jonas Salk, che hanno sconfitto la poliomielite, malattia atroce che in troppi non rammentano data la giovane età, fino a giungere a Maurice Hilleman.

Atto secondo. All’Eroe sconosciuto. H come Hilleman. Maurice Hilleman ha sviluppato vaccini contro oltre 40 agenti infettivi, di cui 14 ancora presenti negli attuali calendari vaccinali; a lui si devono preparati contro il morbillo, la parotite, per lo sviluppo del vaccino trivalente4, quelli per l’epatite A e B, per meningite, varicella, streptococco pneumoniae5: essendo stato lo scienziato che ha salvato più vite durante il XX secolo, non poteva che essere lui il personaggio chiave degli eventi che, nel ‘57, hanno fatto la storia della vaccinazione. Durante quel periodo Hilleman, responsabile del dipartimento per le malattie respiratorie del Walter Reed Army Medical Center, comprese che ad Hong Kong l’epidemia d’influenza imperversante appariva più aggressiva e virulenta del solito. Hilleman e la sua squadra riuscirono ad isolarne il virus, stabilendo che si trattava di un nuovo ceppo capace di scatenare una pandemia di imprevedibili proporzioni.

L’asiatica, tra il ’57 ed il ’58, uccise circa due milioni di persone nel mondo ma, grazie ad Hilleman ed al suo vaccino, gli USA riuscirono a contenere il numero dei decessi entro circa 70.000 unità, a fronte di una previsione che sfiorava il milione di trapassi. L’asiatica si diffuse così rapidamente da rendere evidente il bisogno di spostare il focus sulla necessità di provvedere sia alla fornitura di cure sia al sostegno dei servizi sanitari. Va rilevato che, per alcuni, le lezioni impartite da quella pandemia, pur fornendo elementi utili a consentire sforzi utili in quanto a programmazione e reazione, sono rimaste in un cassetto.

L’epidemiologia di allora propone molte analogie con l‘attuale; insorgenza ad inizio anno, diffusione primaverile, attenuazione estiva; tra l’altro la spagnola aveva già fornito ampia letteratura circa l’arrivo di una seconda e più virulenta ondata, in preparazione di una terza (non illudiamoci, please) meno aggressiva della seconda ma più forte della prima. Le fonti? Reperibili6.

Who is who. Hilleman viene al mondo nel ’19 durante la pandemia spagnola da una famiglia di agricoltori; la madre muore pochi giorni dopo la sua nascita; vive la crisi del ’29, sopravvive lui stesso alla difterite infantile; per alleviare la famiglia, viene adottato dagli zii Robert, di mentalità più aperta di quella del padre naturale Gustave, ed Edith. È parsimonioso, tenace; all’Università del Montana accede con una borsa di studio. Ci si troverà a suo agio: come avrà modo di dire: "era un'istituzione senza fronzoli in cui i professori insegnavano..”.

Consegue la laurea in microbiologia e chimica, prosegue a Chicago, dopo aver comunque ricevuto, a fronte di 10 richieste, 10 borse di studio. È indipendente, temprato dalle difficoltà. Di Chicago dirà che era un ambiente in cui “affondare o nuotare”.

Nel ‘44 ottiene un dottorato di ricerca in microbiologia e chimica; ciononostante annuncia al corpo accademico la sua intenzione di accedere al mondo produttivo privato, più rispondente alle sue aspirazioni di ricercatore. Entra dunque a far parte dei laboratori di E.R. Squibb & Sons nel New Brunswick, New Jersey, dove sviluppa un vaccino contro l'encefalite B giapponese, che immunizza i combattenti nel Pacifico. Hilleman si dedica alle mutazioni virali, ovvero a concetti poi studiati durante la permanenza al Walter Reed, preziosissimi per il contenimento della pandemia del ‘57. Passa alla Merck, quale direttore di un nuovo dipartimento di ricerca sui virus e sulla biologia cellulare. Nel ’63 comincia gli studi sulla parotite, prelevando un campione di coltura dalla gola della figlia Jeryl Lynn.

Hilleman è instancabile, pragmatico, spesso aspro, pungente, impaziente, irascibile; si è confrontato con l'industria e le burocrazie governative, incarnando l’integrità e l’impegno che ci si attenderebbe da uno scienziato. Ha sostenuto che la politica, non la scienza, abbia deciso quali scoperte fossero da portare sul mercato.

P come Pecora Nera. È il Dottor A. Wakefield, inglese; mette in dubbio la validità del vaccino trivalente, adduce l’insorgere di patologie non meglio specificate7. Valgano per tutti gli accertamenti condotti dal giornalista Brian Deer, che svelò l’esistenza di un vaccino anti morbillo brevettato da Wakefield prima della diffusione delle sue teorie sul Lancet8.

Da questo momento, chi si sente appagato si fermi qui; chi ne vuole sapere qualcosa in più, si accomodi, con la premessa che noi garantiamo notizie ed analisi, non edulcorazioni cariogene.

Atto terzo. Lacrimosa. I come Italia. Il rapporto dell’informazione con le epidemie è sempre stato complicato, talvolta quanto meno superficiale, a partire dal ’18 fino a giungere ai nostri giorni; giusto dunque dedicare qualche considerazione a parte.

Un uomo come Hilleman, che dava molto e pretendeva altrettanto con particolare rigore, malgrado il talento, in Italia avrebbe avuto vita complicata; difficilmente sarebbe riuscito a conciliare la ricerca con le alchimie accademico-politiche. Certo sarebbe stato interessante valutare le reazione di Hilleman, se avesse presenziato ad un talk show, ed il suo lavoro fosse stato imprudentemente comparato a quello di altro specialista del tutto alieno al suo background, per esempio un veterinario.

Pensate al Walter Reed: negli USA una realtà di eccellenza all’avanguardia; in Italia, a Firenze, un sottovalutato stabilimento chimico farmaceutico militare rammentato, a torto, solo per china e cordiale. Del resto, cosa attendersi dalla costante enfatizzazione di una malcelata sopportazione per le istituzioni militari, sia quando operano a diretto supporto della società civile con vanga e barella in mano, sia quando contribuiscono all’indotto industriale nazionale grazie ad innovazione ed investimento, peraltro poco compresi per cieco furore ideologico, al pari del cd. dual use, del tutto travisato?

Anche la ricerca, attività regina di Hilleman, qui sarebbe stata in forte sofferenza; non è tanto l’ovvio gigantismo americano da superpotenza a fare la differenza, quanto un approccio culturale diverso, coltivato per curare gli interessi nazionali, e volto a tutelare di conseguenza ricerca ed istituti.

Epilogo. Concludiamo con un paio di osservazioni, e pensiamo a cosa avrebbe potuto fare Hilleman nelle attuali circostanze, alla luce di una più che dimezzata spesa pubblica sanitaria, ed una colposamente inconsistente organizzazione preventiva oggetto di recentissimo scoop giornalistico.

Malgrado gli artifici retorici, i tagli lineari negli ultimi 15 anni, hanno toccato duramente la sanità; chi oppone altri numeri, non intende tener conto di fattori concorrenti come inflazione ed incontrovertibile chiusura di strutture. Se nel ‘57, con le debite proporzioni, gli USA fossero stati invischiati in questi problemi, il Walter Reed sarebbe stato chiuso, Hilleman avrebbe forse insegnato all’università, probabilmente i decessi avrebbero superato la soglia del milione.

Di fatto la politica, a fronte di una minaccia ibrida come il Covid, non ha ancora compreso quali alleanze stringere; una cosa è certa: questa volta non ci saranno salvifici Piani Marshall. Non risulta che Hilleman, che si reputava un burbero di campagna, pur avendo contribuito a salvare milioni di vite abbia redatto autocelebrazioni; in altri Paesi, in momenti molto più recenti, ministri della sanità, fortunati fruitori di molto tempo libero, ignari degli accadimenti, con precisione scientifica hanno atteso congrui picchi di letale morbilità per comunicare la rimandata presentazione di un libro che annunciava all’orbe terracqueo la fine di un morbo che, tuttavia non informato delle novità letterarie, ad oggi non ha ancora espresso alcun desiderio di levare le tende.

Se il nulla produce best seller, ci domandiamo di quanti tomi avrebbe potuto constare l’agiografia di uno scienziato come Hilleman.

1 Wikipedia

2 431 a.C – 404 a.C.

3 l’inoculazione di materiale prelevato dalle pustole di un paziente in fase di guarigione dal vaiolo, al fine di rendere il soggetto inoculato più resistente a future infezioni; concettualmente simile alla vaccinazione ma più pericolosa perché basata sull’utilizzo di un virus umano non attenuato

4 Morbillo, parotite, rosolia

5 Causa la polmonite

6 Rapporti di bisettimanali di sorveglianza da giugno a dicembre 1957 a cura dell’'Unità di sorveglianza dell'influenza del CDC durante la pandemia del 1957; articoli del New York Times di settembre e ottobre 1957; documenti prodotti tra l'autunno e l’inverno 1957 dal John Hopkins Hospital di Baltimora, nel Maryland, dall’Università di Pittsburgh Medical Center; dai Dipartimenti della Salute dello Stato del Maryland e da quello della città di Baltimora.

7 Enterocolite autistica, patologia mai certificata

8 Insigne rivista britannica di medicina

Foto: presidenza del consiglio dei ministri / web