Intervista all'ambasciatore ucraino in Italia

(di Andrea Cucco)
20/05/16

C'è un conflitto in Europa in cui è davvero complicato non schierarsi. Questo perché, anche quando non lo si fa, si viene schedati d'ufficio e sbattuti su liste di reporter indesiderati. Un nostro fotografo lo scorso anno ha avuto la "colpa" di testimoniare il fronte in Ucraina. Al ritorno ha ricevuto una lettera che lo informava che per 5 anni non avrebbe più potuto svolgere il suo lavoro nel Paese.

Nonostante questo siamo certi che gli errori di qualche capopopolo estremista (o governo) non debbano essere imputati ad un intero Paese.

Per comprendere cosa sta avvenendo agli occhi di Kiev, abbiamo incontrato S.E. Yevhen Perelygin, l'ambasciatore ucraino in Italia. Persona disponibile e con una preziosa esperienza diplomatica alle spalle, ci ha fornito il suo punto di vista.

Quando si pensa all'Ucraina da anni si ha in mente solo la guerra...

20 anni fa l'Ucraina era conosciuta in Italia per la tragedia di Chernobyl. Oggi per l'aggressione nel Donbass. Ma possiamo dire che è anche conosciuta per il calciatore del Milan Ševčenko!

L'Ucraina odierna è un Paese - europeo - di 45 milioni di abitanti con il territorio più vasto del continente. Il livello culturale è altissimo. La percentuale di ingegneri, per fare un esempio, è la più alta d'Europa. Ci sentiamo europei sotto l'aspetto storico, geografico ed oggi politico.

Da Udine al confine ucraino si impiegano otto ore di viaggio in auto. Meno che da Udine a Napoli!

La crisi nel Donbass è sostanzialmente eredità dello scioglimento dell’URSS. Popolazioni di etnia russa sono distribuite in tutte le ex repubbliche sovietiche. Ovviamente in Ucraina i numeri e gli interessi economici hanno fatto la differenza generando lo scenario attuale. Esiste davvero una soluzione politica a tutto questo?

La situazione attuale è una conseguenza della politica di Cremlino che da tanti anni ha deciso di ripristinare la sua influenza nell’area dell’ex Unione sovietica ed oltre. L’obbiettivo del presidente Putin è di creare un nuovo impero sotto la guida di Mosca. La soluzione politica esiste, evidente ad ogni persona ragionevole, e consiste nel: ritirare le truppe russe dal territorio ucraino, inclusa la Crimea, fermare i rifornimenti di armamenti dalla Russia al Donbass, ridare il completo controllo della frontiera ucraino-russa all’Ucraina.

Dopo questo processo, vi assicuro, nella regione del Donbass potranno essere immediatamente svolte elezioni amministrative trasparenti e regolari sotto il controllo della comunità internazionale. Se la Russia farà questi passi, potremo parlare di progetti scientifici, economici ed impreditoriali. L'area occupata è ricca di insediamenti industriali.

E se poi, votando, chiedono di riunirsi alla Russia? L’intangibilità dei confini internazionali è il perno attorno a cui gira la posizione di Kiev e dell’Occidente sulla crisi del Donbass. In base a questo il referendum sulla separazione della Crimea è stato considerato invalido. La comunità internazionale nel 2008 si comportò diversamente per il Kosovo, che oggi è riconosciuto da più di 80 Paesi. Quando va preso in considerazione il principio di autodeterminazione dei popoli?

Se avete deciso di fare paralleli storici tra la Crimea e gli eventi passati nella storia d’Europa, penso che invece del Kosovo sarebbe piu adatto ricordare il referendum per l'annessione dell’Austria da parte della Germania nazista. Nel marzo del 1938 è avvenuta l'invasione tedesca. Dopo un mese Hitler tenne nell'area occupata un referendum. La percentuale di voti austriaci a favore dell'annessione alla Germania fu del 99,73%. La consultazione era però sotto controllo militare tedesco!

La stessa cosa è avvenuta in Crimea.

Se vogliamo parlare di diritto all'autodeterminazione dovremmo parlare esclusivamente di un popolo autoctono: i tartari della Crimea.

Cosa vediamo oggi? Nelle migliori tradizioni staliniste, le autorità di occupazione russe stanno perseguitando il popolo tartaro: arrestano e uccidono i loro attivisti, chiudono le scuole ed i media e reprimono qualsiasi loro attività identitaria. A causa di queste vicende tragiche ormai si sta parlando di “sopravvivenza” dei tartari di Crimea come popolo. E questo non lo dico io, sto citando l’ultima risoluzione del Parlamento Europeo. 75 anni addietro Stalin deportò con la forza la popolazione della Crimea. Il ritorno è cominciato solo con l'indipendenza. Negli ultimi 25 anni sono tornati 200.000 tartari. In origine, prima della deportazione, erano 400.000.

Ucraina e Russia sono i due più grandi Stati slavi del mondo, sono Paesi ortodossi, gli ucraini hanno avuto il russo come seconda lingua fino a pochi anni addietro. Kiev è stata la culla della civiltà russa… insomma, i due Paesi hanno una storia profondamente intrecciata. Un futuro in cui Mosca e Kiev siano lontane è credibile?

Mosca e Kiev sono sempre state civiltà diverse. Alla fine del primo millennio Kiev era il centro dell'area dell’Europa orientale quando Mosca neanche esisteva. In quel periodo Kiev fu la capitale di un forte Stato medievale, che si chiamava “Rus' di Kiev”, nonché il centro della Chiesa ortodossa.

Per oltre trecento anni Kiev è stata dominata da Mosca facendo parte dell’impero Russo prima e di quello Sovietico poi.

Siamo però sempre stati differenti. Kiev ha intrapreso negli ultimi anni una strada europea, Mosca dimostra invece una tendenza costante alla dittatura, alla militarizzazione, alla censura dei media, alla violazione dei diritti umani.

Sono sicuro che le strade future dell'Ucraina e della Russia saranno lontane.

In Olanda c’è stato un referendum con cui si è detto “no” ad un allargamento dell’UE ad est. Secondo lei il futuro dell’Ucraina è con Bruxelles?

Conosciamo bene i risultati finali del referendum sull'Accordo di associazione tra l'Ucraina e l'Unione europea. E rispettiamo la voce di ogni elettore nei Paesi Bassi.

Dobbiamo anche prendere in considerazione che, secondo la legislazione olandese, il referendum ha carattere consultivo. Attendiamo la decisione finale sulla ratifica dell'Accordo dal Governo e dal Parlamento dei Paesi Bassi. Sono sicuro che la decisione sarà presa nell'interessi dei Paesi Bassi, dell’Europa unita e dell’Ucraina che è parte integrante di questa Europa e continuerà il suo percorso verso l’integrazione.

Ambasciatore, quanti anni ha?

53.

Avrà fatto il servizio militare sotto l'Unione Sovietica. Avendo quindi conosciuto bene i russi vorrei fare una parentesi. Molti ritengono che la Russia metta in atto una politica aggressiva verso ovest. L’allargamento verso est della NATO a partire dal 1999 però è innegabile. Lei che ne pensa?

Quando ho prestato servizio nell'esercito sovietico la NATO era il nemico. Per la mia generazione è difficile talvolta adattarsi alla nuova realtà.

Bisogna però riconoscere un dato di fatto: la NATO ormai da molti decenni è un’alleanza efficace – senza alternative - per la sicurezza collettiva. Ogni Paese europeo che rispetta i criteri dell’Alleanza ha un diritto innegabile di aderire a questo sistema. A suo tempo l’Italia ha scelto di farne parte. Quindici anni fa questa strada è stata percorsa da diversi Paesi dell’Europa dell'est. La stessa scelta la sta facendo anche l’Ucraina. Nessuno, tranne l’Alleanza stessa ed il popolo dello Stato applicante, deve prendere decisioni in merito.

Oggi circa la metà degli ucraini sono favorevoli all'adesione alla NATO.

Dal 2010 al 2014, per legge, ci eravamo prefissati di non far parte di un blocco militare. Il risultato è stata la perdita della Crimea e l'aggressione nel Donbass. Non esserci schierati è stato un chiaro errore.

Perché non dovremmo fare la stessa scelta che l'Italia ha liberamente fatto in passato!

Ambasciatore, parlando dell'Italia eviterei di dire che è stata una scelta libera. Il mondo fu spartito a Jalta e l'Italia “decise” di entrare nella NATO quanto altri di far parte Patto di Varsavia...

Gli Stati Uniti hanno avuto un ruolo importante fin dall’inizio della crisi, spingendo l’UE verso le sanzioni alla Russia. Crede che la posizione americana sia utile alla pace?

Non credo si debba affermare che gli Stati Uniti o l'Unione Europea abbiano preso tale provvedimento per l'Ucraina. Abbiamo una situazione eccezionale.

Chi ha portato alle sanzioni? La Russia.

Cosa si è visto? Un Paese che ha violato i diritti umani e fatto fuggire 10.000 persone.

Le sanzioni non sono un “compito” della politica, sono uno “strumento” per spingere al rispetto dei diritti e degli accordi internazionali. Anche contro una figura forte come il presidente russo.

Gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni quando l'Iraq ha invaso il Kuwait o la Serbia ha aggredito la Croazia e la Bosnia.

Sanzioni tanto dure furono imposte ai tempi dell'Unione Sovietica per l'invasione dell'Afghanistan.

Non sono un provvedimento contro la Russia, sono contro la violazione del diritto internazionale.

A tutti i Paesi va riconosciuta uguale dignità.

Conoscerà i russi meglio di me. Secondo lei è realizzabile l'obiettivo delle sanzioni?

Anche non conoscendoli è la Storia a rispondere. L'embargo è stato efficace, prima o poi.

Non ci sono comunque molte alternative alle sanzioni.

Parliamo della storia recente dell'Ucraina. Russi ed ucraini convivevano pacificamente. Ci possono essere stati errori politici interni, quali i provvedimenti nazionalistici, che hanno portato alla guerra?

È un'opinione personale. Alla domanda se negli ultimi 25 anni le autorità hanno commesso errori rispondo di sì. Ogni governo ne ha commessi nella politica interna. Non è stato mai sviluppato un modello unitario. Ci si è divisi tra un Ucraina russofona ed una nazionalista.

Oggi non c'è più questa separazione. La differenza è oggi tra una maggioranza favorevole all'Unione Europea ed un 15-20% che ha nostalgia dell'Unione Sovietica.

Esiste un altro Paese in Europa con una storia simile, l'Irlanda. Dieci anni fa ho prestato servizio là come ambasciatore. L'Irlanda ha superato tale divisione. Non è più presente la violenza di un tempo. Ho studiato e compreso i risultati e l'evoluzione storica di quella convivenza.

Parliamo di divisioni. Anni addietro un ufficiale ucraino mi raccontò di come durante la guerra fredda ci fosse la seria preoccupazione di un'invasione da parte della NATO. Da noi era invece costante la preoccupazione per un attacco da parte del Patto di Varsavia.

Era una politica ideologica del regime comunista. Negli ultimi due anni della scuola secondaria si impartivano lezioni militari. Si doveva smontare o rimontare un kalashnikov in 25-30 secondi... Siamo cresciuti con una costante minaccia in atto da cui difendersi.

Quando c'è un problema di sviluppo sociale od economico la politica impone un nemico.

Questo sta avvenendo in Russia oggi: la crisi economica viene imputata alle sanzioni ed all'accerchiamento del Paese da parte della NATO. Ma non è così.

30 anni fa non era per la NATO che il sistema ha fallito. È avvenuto a causa di regole di sviluppo economico vecchie. La NATO però era il nemico costante da temere.

Che tempo fece per rimontare il kalashnikov?

A scuola non ottenni risultati “positivi”. Durante il servizio militare di leva il tempo minimo era però più alto: 40 secondi.

Ai tempi doveva essere dura fare il militare. L'ufficiale che ho conosciuto mi raccontò di essere tornato a casa alla fine del periodo di leva, dopo oltre due anni!

Non era l'Italia in cui si cerca di andare a casa ogni weekend. Durante l'intero servizio si poteva tornare dalla famiglia due o tre volte se si era fortunati.

I primi sei mesi di leva erano tremendi. Abbiamo vissuto in tende in mezzo ai boschi con temperature che potevano scendere a -20°. Dopo il sesto mese ho però ricevuto i gradi da sergente e mi fu assegnata una squadra. Avevamo in dotazione blindati – quelli che oggi potrebbero corrispondere ai Lince – e carri armati.

I carri erano T...?

T-72.

Ricordo che sulle pareti delle caserme i soldati della NATO erano costantemente rappresentati come nemici...

Per concludere, crede che gli italiani comprendano cosa avviene in Ucraina? L'Italia può fare qualcosa di più e di concreto per risolvere la crisi?

Certamente sì, si può sempre fare di più. Tuttavia – e questo lo dico al di là del protocollo – il governo Renzi ha fatto molto. I rapporti bilaterali fra l’Italia e l’Ucraina sono ottimi. Abbiamo anche collaborazioni e rapporti tra i nostri ministeri della Difesa.

La comunità ucraina in Italia è numerosa.

Vi è una posizione favorevole e disponibile dell’Italia verso il rafforzamento dei rapporti con l’Ucraina in tutti i settori di reciproco interesse.

La solida posizione delle autorità italiane nel G7, nell’Unione Europea e negli altri organismi internazionali mostra un ruolo importante dell’Italia nel favorire la pace nell’est dell'Ucraina.

Le infrastrutture energetiche ucraine sono datate. Sapete chi è stato indicato in ambito G7 per l'ammodernamento dei sistemi energetici? L'Italia!

Speriamo. Visto che, con le sanzioni “europee”, mi è giunta voce che i prodotti italiani in Russia sono stati sostituiti da quelli tedeschi.

Non è vero! Quella delle conseguenze delle sanzioni è per lo più propaganda.

Le esportazioni italiane in Russia sono calate del 30%, ma se analizziamo le statistiche possiamo notare che le esportazioni cinesi verso lo stesso Paese sono calate del 40%.

Anni addietro 10 grivnia (moneta ufficiale dell'Ucraina, nda) valevano 1 euro. Oggi per quell'euro ci vogliono 28 grivnia.

Quest'anno però l'economia del mio Paese crescerà del 2%. Un'inversione di tendenza.

Il problema in Russia è simile. Il rublo si è svalutato. Non ci sono meno turisti russi in Italia a causa delle sanzioni. Ce ne sono di meno per il calo del loro potere di acquisto.

Nel 2013 l'Italia ha esportato in Ucraina prodotti per due miliardi di euro. Dopo due anni, a causa della guerra, il valore si è ridotto ad un miliardo.

Durante il primo trimestre di quest'anno le vostre esportazioni sono risalite del 30%.