Sogni, sport e disabilità nelle parole del tenente colonnello Marco Iannuzzi

(di Anita Fiaschetti)
05/04/17

A sei anni aveva un sogno o forse già le idee chiare: diventare un pilota. È così che inizia la chiacchierata con il tenente colonnello dell’Aeronautica Militare Marco Iannuzzi, capo sezione Promozione e Sviluppo Pratica Sportiva del Personale Disabile della Difesa. Lui del GSPD - Gruppo Sportivo Paralimpico Difesa - è tra i veterani: ricorda bene quando nel 2013 alla firma della lettera di intenti tra il Ministero della Difesa e il Comitato Italiano Paralimpico erano solo 5 paralimpici, di cui 4 in servizio nel ruolo d’onore. Oggi, a distanza di pochi anni, quel numero è cresciuto moltissimo arrivando a ben 42 iscritti, di cui 20 in servizio.

Torniamo al punto di partenza. Quello che a sei anni sembrava solo un sogno, nel tempo è diventato per Iannuzzi una realtà. A Caserta frequenta l’Istituto Tecnico Aeronautico e nel 1994, a soli sedici anni, prende il brevetto di volo. Nel 1997 e 1998 tenta il concorso per l’Accademia, ma viene entrambe le volte respinto, fino a quando nel 1999 vince sia il concorso per l’Accademia che quello da AUPC – Allievo Ufficiale Pilota di Complemento. Inevitabile la scelta, come dichiara egli stesso: “il pilota di complemento nella sua vita fa una cosa: vola”. Un sogno che si realizza, anche se non sempre le cose vanno come si spera. Nel gennaio del 2000, durante il corso di addestramento presso il 70° Stormo di Latina, Iannuzzi ha un incidente: “è andata bene, siamo vivi e non ci sono stati danni a terzi. Siamo stati però sfortunati perché il campo d’erba dove si decise di fare l’atterraggio era troppo corto per fermare la corsa dell’aereo, altrimenti non ci saremmo fatti nulla”.

Esplosione di una vertebra lombare, la diagnosi. Dopo l’incidente: tutto da rifare.Le domande che ti fai quando hai un incidente sono: perché a me? Perché questo? In realtà la risposta non c’è, quindi fai bene a cambiarti le domande che ti poni: come ne posso uscire? Che cosa devo fare per riprendere in mano la mia vita? Prima lo capisci e meglio è per te e per chi ti è vicino”. Ed è con questo spirito che Marco ha intrapreso la sua nuova vita. “I medici dicevano che sarebbe stato poco probabile tornare in piedi e avere una deambulazione come quella che ho oggi. Per due anni mi sono dedicato alla fisioterapia, facendo fino a dieci ore al giorno. Volevo tornare a stare in piedi. È qui che mi sono avvicinato al nuoto: da fisioterapia a passione. Ho avuto il piacere di far parte della nazionale di nuoto paralimpico dal 2002 al 2009 compreso; 8 campionati italiani, un europeo, un mondiale. Manca l’Olimpiade, ma mi sono divertito lo stesso”.

Avere un incidente significa perdere l’idoneità al servizio e andare incontro al congedo: “mi sono ostinato a voler tornare al mio impiego attraverso il ruolo d’onore e ci sono riuscito: a gennaio del 2003 sono entrato nello Stato Maggiore dell’Esercito. Da lì per diversi anni mi sono occupato della Rivista Aeronautica e delle Relazioni Esterne. La mia è la testimonianza di chi è riuscito a reinventarsi nella Forza Armata, la stessa che comunque non ti lascia mai solo”.

Lavoro, sport e altro ancora. Diverse le sfide che il tenente colonnello si è posto nella sua vita: dalla laurea in Scienze della Comunicazione, ai viaggi fatti sull’Himalaya o sulla Muraglia Cinese con la donna che da sette anni è al suo fianco: “quando ci siamo conosciuti nessuno avrebbe scommesso su di noi perché siamo agli opposti, ma è proprio questa la nostra forza. Ci compensiamo e viviamo insieme le sfide”. Tra queste, oltre al viaggio futuro a Machu Picchu, vi è quella attuale, ovvero il trasferimento a New York, dove la moglie di Iannuzzi lavora a un importante progetto di ricerca.

Seppur l’intervista si è svolta a distanza - è bastato calcolare il fuso orario: io in un primaverile pomeriggio milanese, lui in piena mattina a New York - la sua permanenza nella “Grande Mela” è temporanea. A breve tornerà a Roma allo Stato Maggiore della Difesa e continuerà a occuparsi del GSPD, in vista anche dei prossimi impegni. “Ci sono tante gare, europei e mondiali, ma l’obiettivo deve essere Tokyo 2020. I ragazzi si stanno preparando all’appuntamento di settembre con gli Invictus Games di Toronto. Ci sarà lo zoccolo duro dei veterani, ma l’intenzione è quella di avere una buona componente di ragazzi nuovi e una di persone a cui pensiamo possa far bene l’esperienza Invictus per andare avanti nel percorso riabilitativo e di recupero”.

Di passi avanti il GSPD ne ha fatti diversi, l’attenzione del vertice politico e militare è alta, ma la strada da fare è ancora tanta. Tra gli obiettivi futuri quello di ampliare gli sport di squadra, visto anche il crescente numero di iscritti e di dare sempre più rilevanza mediatica a eventi come gli Invictus Games: “l’atmosfera che si respira nei Paesi anglosassoni è molto diversa da quella italiana. Lì le persone ringraziano chi serve il proprio Paese. In Italia questa percezione è ancora lontana, nonostante il concetto di Forze Armate si sia evoluto. Mi piacerebbe che la televisione italiana riuscisse a dare spazio, così come ha fatto per le Paralimpiadi, a questo evento, per il messaggio di alto valore che trasmette”.

E sulla propria partecipazione a Toronto, lo stesso Iannuzzi dice: “Non so se ci sarò. Abbiamo un numero limitato di persone che possiamo portare dataci dall’organizzazione degli Invictus Games. Se la mia partecipazione dovesse togliere spazio a qualcun altro preferirei non andare, ma lascio alla parte dirigenziale la scelta. Certo è che mi farebbe piacere esserci perché è un’esperienza bellissima da vivere”. Che sia nel rowing o nel nuoto, nel lavoro o nella vita personale, nei viaggi o nei sogni, l’augurio è che il tenente colonnello Iannuzzi possa sempre trarre il meglio dalle proprie sfide, così come ha fatto dalla propria vita.