Benvenuti nel caos, benvenuti in Libia

(di Gino Lanzara)
25/11/21

Le notizie che arrivano dalla Libia sembrano confermare il pessimismo espresso da più parti circa regolarità e bontà concettuale della tornata elettorale di imminente svolgimento in Libia.

L'aleatorietà delle prescrizioni regolamentari ha di fatto lasciato campo libero alle interpretazioni di ognuna delle parti in causa. La bocciatura della candidatura di Saif al Islam Gheddafi, oggetto di ricorso immediato, insieme al deferimento del generale Haftar da parte del procuratore militare, portano a ritenere che si sia solo all'inizio di vicende che caratterizzeranno tutto il periodo in modo decisamente imprevedibile.

Viste le reazioni che gli avvenimenti hanno suscitato in ambito interno, non si può trascurare il peso che questi ultimi hanno esercitato nel contesto sociale libico, e come possono riverberarsi sui tavoli delle cancellerie europee che, troppo semplicisticamente, ritenevano ormai chiusa la querelle nord africana.

Che il nome di Gheddafi eserciti ancora il suo fascino è fuori di dubbio, così come rimane vibrante il timore che Haftar incute, soprattutto in funzione delle possibili alleanze che si delineerebbero ad urne chiuse.

A parte gli outsider in lista, e non ancora cassati, i nomi di peso in lizza rimangono pochi; ma quanti di loro possono dirsi realisticamente in possesso dei requisiti richiesti?

L'attuale premier Dbeibah, pur non potendo formalmente partecipare alla contesa elettorale, continua a proporsi sotto un aspetto politicamente accattivante, buono per accontentare le frange moderate della Fratellanza Musulmana senza scontentare tuttavia il business side europeo, bisognoso di certezze che il duo Gheddafi junior - Haftar non può garantire.

La Libia è grande, troppo, Tripolitania e Cirenaica, pur rilevanti, fanno dimenticare l'estensione meridionale del Fezzan, su cui la Francia ha posato ben più del suo sguardo. Rimangono dunque dubbi e domande, che tuttavia a ben vedere trovano risposte rapide ma politicamente scomode, e che rimarcano la debolezza politica occidentale; basta semplicemente pensare a chi, in questo momento, non può permettersi di perdere controllo e potere sulla scena libica, vista la sua  fragilità politica e soprattutto economica interna.

Ankara sta assistendo al crollo quotidiano di valuta e credibilità internazionale: se anche Tripoli sfuggisse, per Erdogan il danno sarebbe troppo rilevante. Non si può però nemmeno trascurare l'ipotesi per cui ci possa essere più di una regia occulta, volta a suscitare disordini ed interessi funzionali al dirottamento dell'attenzione generale verso candidati altrimenti improponibili.

Cosa attendersi? Siamo appena all'inizio di un periodo caratterizzato da un'instabilità destinata a travalicare i confini libici, e per la quale il nostro Paese non sembra essere in possesso dei più efficaci strumenti di controllo. Benvenuti nel caos, benvenuti in Libia.

Foto: web / presidency of the republic of Turkey