Kazakistan in fiamme: per adesso più i prodromi di una guerra civile che di un’invasione

(di David Rossi)
08/01/22

L’arresto con l’accusa di alto tradimento del capo del comitato nazionale di sicurezza Karim Massimov, membro del clan dell’ex presidente Nazarbayev, sembra preannunciare clamorosi sviluppi: la notizia della fuga dell’ex leader (e apparentemente burattinaio del Paese) e delle figlie è stata smentita ufficialmente: secondo il suo uffcio stampa, Nazarbayev è nella capitale e si tiene costantemente in contatto con Tokayev oltre che con i leader alleati. Insomma, non si sarebbe fatto scavalcare dall’ambizioso successore, del quale fanno ancora eco le parole contro i rivoltosi: “gangster e militanti molto ben addestrati, organizzati e comandati dal centro speciale. Alcuni di loro parlavano - a detta di Tokayev - lingue non kazake. Ci sono state almeno sei ondate di attacchi di militanti ad Almaty, con una forza totale di 20mila uomini”.

Va da sé che sono state respinte al mittente le profferte di dialogo con le opposizioni, di cui fra l’altro non si vede emergere una leadership seria.

Rimane in vigore l’ordine di sparare a vista a chiunque si trovi per strada senza motivo.

La vittima israeliana

Un israeliano di 22 anni è stato ucciso a colpi di arma da fuoco venerdì sera durante le violente proteste nella ex capitale kazaka Almaty. Il ministero degli Esteri ha dichiarato oggi che Levan Kogeashvili aveva vissuto nella nazione dell'Asia centrale per diversi anni. Non risulta una matrice razziale o religiosa dietro l’assassinio, né se l’uomo avesse partecipato a cortei o manifestazioni. La dichiarazione ha anche ribadito che da giovedì agli israeliani è stato detto di evitare viaggi non essenziali nel paese e, se già in loco, di tenersi alla larga da luoghi potenzialmente pericolosi. Ugualmente, gli USA hanno consentito il ritiro su base volontaria del personale consolare e dei loro familiari.

La comunicazione bloccata

L’accesso del Paese a Internet è stato interrotto da quasi tre giorni. Il blackout ha prodotto un vuoto di informazioni mentre le proteste antigovernative si intensificano, ostacolando i media indipendenti e gli osservatori dei diritti umani. Come se non bastasse, come raccontato dalla corrispondente del Guardian Joanna Lillis, a lei, come a tutti i corrispondenti stranieri, è stato vietato l’accesso al Paese dai varchi alla frontiera col Kirghizistan.

Il fratello russo

I servizi di sicurezza russi hanno preso il controllo della situazione nella città di Baikonur, sede del famoso e strategico cosmodromo, oltre che dei principali impianti gassiferi e petroliferi. Il dispiegamento ufficiale di circa tremila uomini non fa pensare, per ora, a un intervento massiccio. Tuttavia, il segretario di stato americano Blinken non nasconde la sua preoccupazione per gli sviluppi in Kazakistan: “penso - ha dichiarato - che una lezione della storia recente sia che, una volta che i russi si sentono come a casa loro, a volte è molto difficile convincerli ad andarsene”. Non ha mancato di rimarcare come secondo il suo parere le autorità kazake abbiano sicuramente la capacità di affrontare adeguatamente le proteste. Last but not least, ha concluso che, a suo modo di vedere, gli sviluppi in Kazakistan sono politicamente ed economicamente diversi da quello che sta accadendo al di fuori dell'Ucraina.

Commenti d’autore…

Come studioso dell'Ucraina post-sovietica, il coinvolgimento della Russia in Kazakistan mi sembra molto familiare. È simile a quello che è successo in Ucraina a partire dal 2014, quando i manifestanti pacifici sono stati accolti con violenza dal governo e una protesta è diventata una rivoluzione che alla fine ha rovesciato la leadership del paese sostenuta dalla Russia. (Lena Surzhko Harned, The Conversation)

L'intervento della Russia in Kazakistan è diverso rispetto alle precedenti operazioni militari di Mosca nell'ex spazio sovietico, come in Georgia nel 2008 e in Ucraina nel 2014. Un aspetto unico è il coinvolgimento della CSTO, che è un'alleanza militare composta dalla Russia e dai suoi più forti alleati… nello spazio post-sovietico, tra cui Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan e Tagikistan. A differenza delle operazioni della Russia in Georgia e Ucraina, adesso assistiamo al dispiegamento di truppe CSTO… Al momento c'è molto in gioco in Kazakistan, sia per il governo kazako che per la Russia e i suoi alleati della CSTO, per non parlare della popolazione kazaka e degli stessi manifestanti. Mentre Mosca si è dimostrata coerente nella sua volontà di usare la forza militare per difendere la sua posizione nell'ex spazio sovietico, tali interventi tendono a produrre conseguenze imprevedibili e ad ampio raggio. (Eugene Chausovsky, Foreign Policy)

Il Kazakistan non è né l’Ucraina né la Bielorussia. Le differenze sociopolitiche tra questi paesi sono molto sostanziali e anche le ragioni delle proteste di massa sono diverse. In particolare, va considerato il fatto che le proteste in Ucraina e Bielorussia sono avvenute per motivi politici, mentre quelle in Kazakistan sono state spinte da motivazioni socioeconomiche (un forte aumento dei prezzi del gas), sebbene in seguito anche slogan politici si sono levati. Proteste simili hanno già avuto luogo in quel Paese sebbene non su tale scala. Tuttavia, le proteste si stanno attualmente sviluppando nel contesto della transizione del potere e la combinazione di questi due fattori è un'altra caratteristica degli attuali processi politici in Kazakistan. Pertanto, secondo le mie previsioni, la situazione in Kazakistan si svilupperà in modo diverso dalla situazione in Bielorussia nel 2020-2021, e non nello stesso modo in cui era in Ucraina all'epoca del Maidan. (Volodymyr Fesenko su Kyiv Post)

Per molti osservatori russi, l'improvvisa esplosione di disordini in un paese altrimenti noto per la stabilità politica, sottolinea la sensazione che l'intervento - che fino a poche ore prima della richiesta di aiuto di Tokayev era stato giurato dal Cremlino - fosse inevitabile. "Penso che la Russia non avesse altra scelta che intervenire", ha affermato Kortunov del Consiglio Russo per gli Affari Internazionali, "Data la violenza dei disordini e l'instabilità della regione, questa sembra essere l'unica opzione", ha aggiunto. “Ma è importante che questa sia un'operazione breve e limitata nel tempo e che non ci risucchi". (The Moscow Times)