F125 è il nome dell’avveniristico progetto per la classe di fregate Type 125 Baden-Württemberg. Missione principale è la partecipazione a missioni interforze, netcentriche, con la capacità di contrastare anche minacce asimmetriche e di eseguire operazioni di stabilizzazione con impiego di armi non letali. Destinate a sostituire le otto fregate del tipo F-122 (classe Bremen), commissionate tra il 1982 e il 1990, le F-125 sono lunghe 149,6 metri e larghe 18,8 metri e hanno un dislocamento di 7100 tonnellate, con un pescaggio di 5,4 metri. Piuttosto lente (solo 26 nodi), sono dotate di propulsione CODLAG (Combined Diesel eLectric And Gasturbine), con quattro diesel-alternatori da 2900 kW ciascuno, due motori elettrici con una potenza unitaria di 4500 kW e una turbina con 20 MW di gas. Interessante la scelta di imbarcare oltre alle armi tradizionali, sistemi difensivi “meno letali” come sensori di rilevamento di incursori subacquei, cannoni ad acqua, proiettori laser “dazzler” e cannoni acustici. Una configurazione che evidentemente renderebbe queste navi particolarmente idonee a operare in teatri operativi a bassa intensità come le missioni antipirateria e di stabilizzazione. La Storia insegna tuttavia che navi troppo specializzate si sono trovate a essere impiegate spesso non esattamente nello scenario preso a riferimento per la loro definizione. Le Navi Militari hanno una vita media di 20/30 anni; è sempre meglio puntare a conseguire la maggior flessibilità operativa possibile, magari lasciando volumi e spazi liberi per integrazioni future, se inizialmente il bilancio non consente di armarle per contrastare ogni tipo di minaccia.
Per quanto riguarda le dimensioni delle F125, criticate da alcuni marinai da scrivania, ritengo invece siano appropriate, sia per poter operare efficacemente in ambienti marini ostili, quando il naviglio più piccolo cessa di operare, sia per aumentare l’autonomia dell’equipaggio e la sua efficacia in missioni prolungate lontano dalle basi nazionali.
Intervento costiero, antiterrorismo, lotta al traffico illegale e alla pirateria… le F-125 sulla carta appaiono rispondendenti alle nuove minacce, in particolare per le missioni in Oceano Indiano in antipirateria, naval diplomacy, maritime security anche in presenza di minaccia asimettrica. Navi molto interessanti quindi.
Il sogno dell’ingegneria navale tedesca, nato nell’ormai lontano 2005, si è infranto però contro le prove in mare: la fregata Baden-Württemberg non funziona come dovrebbe. Un numero imprecisato, ma altissimo di “bug” a livello software ed equipaggiamenti forse poco maturi hanno di fatto messo in discussione un progetto ambizioso, lasciando disorientati i vertici del Ministero della Difesa tedesco.
Per alcuni osservatori esperti, alla base di questi inconvenienti c’è stata una cattiva pianificazione e gestione del programma, carenze ormai non isolate nel mondo militare e industriale di molti paesi e che hanno afflitto anche altri grandi progetti militari tedeschi, tra tutti la costruzione di un nuovo elicottero e di alcuni droni che ancora oggi faticano a “decollare” (ma come insegna il caso di “scuola” F35, il problema non è certamente solo tedesco). Anche la Germania sconta, infatti, l’applicazione integrale dell’utopia interforze che ha in pratica ridotto i Capi delle singole Forze Armate e i rispettivi Stati Maggiore al rango di ispettori e di utenti di mezzi definiti e sviluppati da organismi “terzi”, ovviamente interforze e a forte trazione civile. Manca in questo schema la funzione di garanzia della cosiddetta “ownership”, in passato assicurata dalla Forza Armata destinataria del nuovo sistema d’arma, che lo curava dal suo concepimento alla sua consegna e gestione in servizio per evitare che la nave da sviluppare, etc., venga vissuta dal “sistema”, come un mero oggetto contrattuale. Delle sue specificità operative ci si occupa spesso quando ormai è troppo tardi per rimediare.
La gestione dei nuovi programmi non è più un’attività strumentale al risultato, ma rischia di essere un fine in sé, con funzionari e ufficiali che sviluppano nel suo ambito intere carriere, spesso in piacevoli destinazioni all’estero. I programmi si articolano sempre più in lunghe “fasi”, quasi rituali (tutte generosamente pagate all’Industria): prefattibilità, fattibilità, sviluppo, industrializzazione, produzione. Purtroppo, con l’eccezione di alcune Nazioni che investono pesantemente in ricerca avanzata, nella maggioranza dei casi, la qualità ed efficacia del sistema d’arma, figlio di questo elaborato processo, è quella che lo stato dell’arte avrebbe comunque consentito. Con alcune eccezioni, le risorse spese in studi di prefattibilità, fattibilità etc. oltre a far lievitare i costi, legano come in una ragnatela il cliente (lo Stato) all’acquisto del prodotto, in quanto sviluppato a sue spese, a prescindere dal suo costo finale e dalla sua riuscita operativa. La conseguenza è stata quasi sempre la riduzione nel numero di esemplari acquistati/entrati in linea, rispetto alle effettive esigenze operative. Cifre enormi spese nelle fasi di sviluppo per poi avere pochi costosissimi esemplari in linea.
Del resto, per l’Industria gli studi a spese del Governo sono particolarmente vantaggiosi: metri cubi di documenti, quasi sempre il lingua francese o inglese, che difficilmente vengono messi in discussione: una “tassa” da sostenere pur di avviare la produzione di un nuovo aereo/carro armato/nave necessari alla sopravvivenza delle capacità minimali delle FF.AA..
Un’altra vittima di questo stato di cose è la sostenibilità logistica. I costi del supporto logistico che avviene quasi sempre in regime di monopolio da parte dell’Industria Prime Contractor, sfuggono di fatto al controllo delle FF.AA. che ne pagano le conseguenze soprattutto in termini di ridotta disponibilità e prontezza al combattimento.
Va dato atto però alla Marina tedesca di non essersi piegata alla forza politica dei gruppi industriali fornitori della Difesa e al Governo tedesco di non aver forzato la Forza Armata a umilianti compromessi.
La Marina tedesca con teutonica fermezza ha così restituito una nave ai suoi costruttori, dopo la sua consegna ufficiale.
Durante i test che si sono svolti nel Mare del Nord, al largo della Norvegia e davanti a Kiel, le prestazioni rilevate sono state inadeguate rispetto ai requisiti contrattuali.
Il fiasco industriale, basato su un progetto da 3 miliardi di euro, è particolarmente inquietante per la Germania, che ha decisamente bisogno di queste navi, visto che essendo il più grande esportatore europeo, deve poter fare affidamento a collegamenti marittimi sicuri per il trasporto delle proprie merci.
La messa in servizio della nave sarà posticipata a data da destinarsi. Nel frattempo il consorzio industriale ARGE F-125 (comprendente il leader industriale ThyssenKrupp Marine Systems, compresi Blohm + Voss e Nordseewerke, con Lurssen Werft) dovrà correggere i vari difetti software e hardware della F-125. Dopo sei anni necessari per la sua costruzione, la Bundesmarine dovrà attendere ancora parecchio per averla finalmente in linea.
Il Kieler Nachrichten, quotidiano di Kiel, sede della flotta tedesca del Baltico, ha segnalato l’esistenza di problemi con il radar, l’elettronica e il rivestimento antideflagrante dei serbatoi di carburante. Si è scoperto anche che la nave tendeva troppo a dritta, un difetto che il portavoce del programma sostiene sia stato poi corretto. Le problematiche post-consegna secondo i media tedeschi si baserebbero anche sul fatto che la nave abbia superato abbondantemente il dislocamento contrattuale e questo limiterebbe le sue prestazioni, aumentando fra l’altro, i costi operativi (consumerebbe di più) e non avrebbe margini di crescita per aggiornarne la configurazione al mutare delle esigenze operative.
La Germania, oltre alla gravità di questa situazione, si deve confrontare anche con altri problemi nel settore della Marina Militare, compreso il fatto di non avere sottomarini operativi al momento, situazione in cui ci si può facilmente trovare quando non si disponga di un sufficiente numero di mezzi, in particolare trattandosi di unità sofisticate e complesse come i moderni sottomarini.
La spesa militare tedesca è tuttavia in rapido aumento per soddisfare l’impegno concordato con la Nato di impiegare il 2% del prodotto interno lordo. Il budget della difesa dovrebbe salire infatti a 38,5 miliardi di euro nel 2018 da 37 miliardi nel 2017 e 35,1 miliardi nel 2016. Non è chiaro però quale sia il programma della Germania per gli anni a venire. Certamente sarebbe necessario affiancare a queste navi orientate per le missioni a bassa intensità, anche dei cacciatorpedinieri multi ruolo, ma con spiccate capacità di difesa antiaerea d’area. Il futuro della Marina tedesca ha però un ostacolo assai maggiore di quello rappresentato da una classe di navi da mettere a posto: l’organizzazione del Ministero della Difesa. Le scelte del cupo “burosauro interforze” finiranno per soffocare anche in Germania la voce della Marina, la più piccola delle Forze Armate, a favore di scelte tristemente Esercito-centriche.
Per la Germania e non solo, niente di nuovo.
(foto: Bundedswehr)