IL Debito

(di Francesco Pontelli)
15/05/17

All'interno di un sistema economico sempre più complesso ma con dei fondamentali corretti il debito ed il ricorso ad esso rappresenta un segnale di fiducia e positivo in termini generali.
Un'azienda che ricorra a questa forma di finanziamento non potendo attingere a risorse proprie dimostra tuttavia di possedere delle aspettative di crescita per la propria vocazione industriale o di servizio alle quali risponde attraverso un investimento infrastrutturale che permetta di affrontare l'aumento della domanda prevista per il proprio bene o servizio e magari contemporaneamente la riduzione del Clup (costo del lavoro per unita di prodotto).
Al tempo stesso anche una famiglia che ricorra al credito al consumo dimostra non tanto di possedere attualmente le risorse finanziarie per affrontare un acquisto importante quanto di nutrire delle aspettative positive relative ai guadagni futuri nel medio e lungo termine:
e con la quasi sicurezza attraverso questi redditi futuri di riuscire a far fronte agli Impegni finanziari dei quali la famiglia risulta consapevole e responsabile .
In termini generali quindi sia che si tratti di impresa economica che di famiglie il debito rappresenta una manifestazione di fiducia relativamente alle aspettative del proprio futuro.
Questo scenario tuttavia trova un terzo incomodo che si pone in concorrenza con questi due soggetti al fine di finanziare la propria spesa pubblica: lo Stato.

Ogni Stato sovrano presenta una quota abbastanza rilevante di indebitamento che vada dal 38% della Svizzera fino al 132% dell'Italia passando per quote dell'87 o 67% della Germania a seconda che si valutino anche i debiti dei vari Lander.
Quando questo debito viene visto funzionalmente in un'ottica di aumento della capacità competitiva del singolo Stato attraverso investimenti infrastrutturali che diventano automaticamente dei fattori competitivi con il fine di rendere tutto sistema industriale e di servizi esprime così la propria funzione di sviluppo strategico ed economico. 
Viceversa come nel caso della gestione della spesa pubblica italiana se questo viene utilizzato sostanzialmente solo ed esclusivamente al fine di far fronte alla spesa ordinaria allora in questo caso il debito diventa un problema indipendentemente dalla sua entità ma ovviamente si dimostra insostenibile in determinati casi come quello italiano.
La spesa ordinaria e corrente lascia invariato il Sistema Paese sotto il profilo competitivo anzi questo subisce un arretramento in quanto gli altri paesi avanzano nella propria capacità di progresso economico proprio grazie agli investimenti infrastrutturali.
Secondariamente questa perversa tipologia di spesa pubblica tende a creare delle sacche di rendita assolutamente svincolate da qualsiasi contesto del mercato che gravano maggiormente sulla competitività dell'intero Paese.

La mancanza di comprensione o meglio l'ignoranza degli effetti nel breve ma soprattutto nel medio e lungo termine di una simile articolata spesa pubblica emergeva nella sua gravità ed evidenza verso la fine degli anni ottanta proprio in un periodo nel quale avvenne l'esplosione del debito pubblico.
In quel periodo in cui i disastri finanziari ancora oggi l'Italia sta pesantemente pagando attualmente un ministro affermò candidamente che "al limite il debito si sarebbe potuto consolidare" riportando sotto controllo il rapporto debito/Pil.
Il peso di un debito va ricordato risulta anche in relazione alla valuta nella quale questo viene espresso.
Questi valori della valuta assieme al livello dello spread rappresentano il livello di considerazione relativa la sostenibilità di un Paese in rapporto alla sua crescita economica, alla sostenibilità di questa spesa pubblica in rapporto sia al Pil che al deficit.

Solo per offrire un esempio delle considerazioni che gode l'economia italiana in questo particolare momento si ricorda che lo spread spagnolo rispetto al nostro risulta inferiore mediamente nelle ultime settimane di circa 60 punti base.
Se poi noi avessimo una valuta nazionale e quindi il debito ma anche il Pil venissero espressi in questa valuta porterebbero sostanzialmente nostro Paese sull'orlo del fallimento finanziario.
Anche se in euro e quindi in una valuta più forte rispetto ad un ipotetico ritorno alla lira solo negli ultimi nove mesi sono usciti dal circuito finanziario italiano investimenti per circa 150 miliardi.
Lascio immaginare quale catastrofico scenario finanziario si proporrebbe se alla motivazione di una scarsa fiducia nella crescita di un Paese si aggiungesse una valuta in caduta libera come sarebbe un ipotetico ritorno alla lira.
Quindi il debito può rappresentare o meglio dovrebbe rappresentare una quota di spesa pubblica finalizzata a realizzare fattori competitivi che si manifesteranno per forza attraverso un aumento della capacità di competere del Paese nei mercati internazionali e soprattutto un aumento del Pil.
Viceversa in Italia è stata usata e viene attualmente ancora usata come strumento per ottenere consenso elettorale provocando un continuo arretramento del nostro paese sotto profilo competitivo.
Va sottolineato infatti che la spesa pubblica ha raggiunto la soglia di 828 miliardi con un fortissimo arretramento della spesa per investimenti infrastrutturali. 
Tale spesa risulta aumentata nonostante il quantitative easing abbia tagliato i 13 miliardi all'anno il costo di servizio al debito al quale si deve aggiungere un aumento del debito stesso di circa 50 miliardi all'anno rendendo la somma di queste tre voci ancora più ingiustificabile l'aumento della spesa pubblica.

La prova della insostenibilità economica di questa strategia della spesa pubblica soprattutto unita ad una assoluta mancanza di visione da parte dei diversi governi viene testimoniata dal saldo negativo del flusso finanziario per 134 miliardi nel 2015 aumentato poi nel 2016 di un ulteriore 34% esattamente l'effetto opposto che l'Investment compact aveva pronosticato.
Numeri e strategia del mondo finanziario che indicano molto chiaramente, appunto, la considerazione e soprattutto manifestano le negative aspettative relative alla nostra crescita caratterizzata da una spesa pubblica assolutamente improduttiva che lascia invariata la capacità competitiva del nostro Paese mentre gli altri avanzano nonostante le forti difficoltà della crisi scoppiata nel 2008.
Il debito in fondo dalle ragioni e dalla sua genesi della sua nascita attraverso la articolata crescita e gestione risulta l'ennesima manifestazione di un assoluta irresponsabilità assieme alla classica manifestazione di superbia convinti che per uno Stato non si sarebbe mai presentata l'occasione doverne rendere conto in ambito finanziario.

In più dal 2011 fino ad oggi il nostro Paese ha vissuto un clima di "favorevole sospensione" dalla valutazione dei fondamentali economici grazie all'attività di Draghi presidente della Bce che acquistando dal 2012 sui mercati secondari i nostri titoli ha ottenuto l'abbassamento dello spread e sucessivsmenre attraverso il quantitative easing di fatto ha annullato o perlomeno ridotto il peso della valutazione dell'equilibrio economico finanziario. 
In questo senso il nostro Paese usufriusce delle "sinergie finanziarie" che hanno permesso che la valutazione negativa forse spalmata all'interno di un'area macro economico-finanziaria che l'euro rappresenta.

Nonostante questo tutti i governi dal 2011 ad oggi hanno continuato ad aumentare la spesa come il debito nonostante i risparmi di oltre 13 miliardi all'anno per minor costo del debito pubblico ed ha varato leggi finanziarie il cui costo complessivo di tutti questi fattori supera abbondantemente i 500 miliardi.
Quella cifra che venne indicata necessaria al Fondo Monetario per riportare il debito pubblico ad un rapporto equilibrato con il Pil. 
Ormai tuttavia i tempi si fanno maturi per una inevitabile politica di tapering e successivamente Mario Draghi dovrà dire addio alla presidenza Bce.

Anche questo dimostra un ulteriore segno del nostro declino culturale del quale quello economico ne rappresenta semplicemente una manifestazione.

(foto: U.S. Coast Guard /BCE / web)