Un “tesoro” da raccontare: la Sala Storica dei Sommergibilisti

(di Lia Pasqualina Stani)
14/04/16

“Scrivere è viaggiare senza la seccatura dei bagagli” (Emilio Salgari) …il “mio viaggio” presso il COMFLOTSOM – Comando Flottiglia Sommergibili, iniziava “solo” con un permesso di ingresso alla base Navale in Mar Piccolo da mostrare al personale addetto alla porta di accesso presso l’Arsenale Marina Militare di Taranto.

Credevo sarebbe stato davvero un “breve” viaggio in un “mondo” sconosciuto, non solo a me, anche a chi crede che la Marina Militare Italiana (MMI) sia solo “navi, divise e gradi”.

I sommergibilisti italiani - come gli incursori - fanno parte di una componente specialistica di élite della MMI.

Quando qualcosa ci spaventa il miglior modo per vincere la paura, è affrontarla: quando non conosco “quel” qualcosa il miglior modo per conoscerlo, è documentarmi “esplorandolo”. Per realizzare questo reportage – come i successivi – nei giorni precedenti, ho scaricato da internet, stampato, letto e riletto molti documenti riguardante i sommergibili e i sommergibilisti italiani dalla loro nascita sino ai giorni nostri.

Ricordando Calvino: “scrivere è sempre nascondere qualcosa in modo che poi venga scoperto”. Guardando tutti quei documenti mi sono resa conto che c’erano infinite pagine di storia, rimaste sconosciute, che descrivendo una componente “eroica” e gloriosa della MMI, dal secolo scorso ai giorni nostri, aveva anche “scritto” alcune tra le pagine più importanti della storia del nostro Paese attraversando i due grandi conflitti mondiali.

Sono arrivata al COMFLOTSOM con qualche minuto di ritardo, ma il capitano di fregata Antonio Tasca (allora capo nucleo pubblica informazione) ed il tenente di vascello Carlo Faggiana (attuale capo nucleo pubblica informazione del Comando Flottiglia Sommergibili) mi hanno accolto nei migliori dei modi: avevano, addirittura, riservato uno dei loro parcheggi alla mia Smartina. Da veri gentiluomini mi hanno aperto la portiera e subito mi hanno stretto la mano, con un sorriso accompagnato da un “Bentornata nella nostra Grande Piccola Famiglia”.

Dopo un breve briefing, con gustoso caffè, con il comandante del Comando Flottiglia Sommergibili, il capitano di vascello Stefano Russo, ci siamo congedati e diretti nella struttura immediatamente accanto alla palazzina comando. Nella Scuola Sommergibili “Rio Corazzi”, definita l’Università dei sommergibilisti italiani, vengono formati “tutti” i sommergibilisti italiani dal cuoco al comandante di sommergibile.

Appena entrati salutiamo il fotografo ed il responsabile della Sala Storica, il maresciallo Todaro, ed il capitano di corvetta Giacomo Petruzzi, uno dei responsabili della formazione degli aspiranti sommergibilisti.

Il fotografo dà il via al primo scatto per realizzare il “book” della giornata.

Prima che aprissero la Sala Storica, dalla porta - con apertura simile a quella di una cassaforte - ho avuto l’impressione di entrare in una sorta di bunker. Mi sono sbagliata. Non appena ho varcato la soglia, quella stanza era talmente illuminata da farla luccicare. Un’emozione intensa tanto da perdere il respiro in pochi secondi, tipica ed indescrivibile, lo stupore dei bambini. Il fotografo ha chiesto al c.f. Tasca, al t.v Faggiana e a me, di posizionarci vicino al periscopio del glorioso sommergibile Scirè. Non ci sono parole per descrivere questi momenti. Ho solo avuto la sfrontatezza di dire impacciata: “sorridiamo!”.

Mi metto subito in ascolto del comandante Tasca che inizia il “percorso” che mi porterà alla scoperta delle varie bacheche e di vari cimeli e di tutto quello che è custodito nel loro interno.

La Sala Storica esiste grazie all’ammiraglio Giuseppe Arena e all’ammiraglio Duilio Ranieri. Arena è diventato il decano dei sommergibilisti l’anno scorso dopo la morte di un altro decano dei sommergibilisti, il comandante Mario Rossetto, che è stato al comando dei sommergibili durante la seconda guerra mondiale. Prima di Rossetto c’era l’ammiraglio Patrelli Campagnano, che è stato il più giovane comandante dei sommergibili durante la 2° guerra mondiale, all’età di 25 anni comandava già il sommergibile Platano.

L’ammiraglio Duilio Ranieri è considerato il fondatore della Scuola Sommergibili “parte moderna”, grazie a lui fu avviata la costruzione della 2°ala della Scuola Sommergibili ed è proprio Ranieri che volle e riuscì ad ottenere il 1° simulatore della Classe Sauro. Lui fondò la “parte moderna” della Scuola Sommergibili che è intitolata ad un altro ufficiale sommergibilista, Rio Corazzi, che ne è stato il padre fondatore.

Arena e Ranieri, i due ammiragli, erano non solo appassionati dei sommergibili e della storia dei sommergibilisti italiani e non, ma essendo amici fraterni, crearono proprio nella parte moderna della scuola, questa Sala Storica, dove custodire cimeli e documenti che ci hanno regalato gli eredi dei grandi eroi. E non tutto il materiale raccolto è stato comunque esposto ma è stato chiuso e catalogato in tanti cartoni che presto saranno revisionati.

Il “percorso” inizia dal “piano di costruzione” del 1° sommergibile italiano che è il Delfino, progettato nel 1892 su commissione dell’Esercito, che entrò in servizio il 1° aprile 1895 e il suo destino finale fu la demolizione! Fu la prima unità subacquea della Regia Marina.

Prosegue il comandante Tasca: La decisione di dotare di un’unità subacquea la Marina Italiana fu presa da un ingegnere navale che era presso l’ambasciata italiana in Francia. Si informava sui sommergibili che verso la fine dell’800 venivano costruiti proprio in Francia e in modo particolare rimase sorpreso dalle prestazioni del sommergibile francese Gymnote che era stato costruito nel 1888.

Il progetto del sottomarino italiano, che fu completato solo nel 1889, fu affidato a Giacinto Pullino, direttore del Genio Navale, il cui lavoro, fu coadiuvato anche da due ufficiali, Vigna e Laurenti. La costruzione del Delfino (foto), che fu inizialmente denominato come Pullino (solo in seguito fu cambiato il nome), ebbe inizio tra il 1890 e il 1892 nell’Arsenale di La Spezia. Fu progettato per navigare in immersione e fu il primo sommergibile dotato di bussola giroscopica. L’illuminazione interna era garantita da 12 lampadine elettriche.

Il 28 aprile 1892 a La Spezia sotto il comando del t.v. Carlo Scotti e con soli 4 uomini come equipaggio ebbe inizio la prima immersione del Delfino. Durò cinque ore. Notevole era ancora la diffidenza, da parte della Regia Marina e di molte altre importanti Marine dell’epoca nei confronti della “forza subacquea”, considerata in un certo senso non in armonia con le regole dell’onore dell’epoca. Nonostante tutte le prove effettuate, nel 1895, il Delfino fu accantonato in un capannone dell’Arsenale di La Spezia.

La ricostruzione del Delfino riprese nel 1901 e, nel mese di maggio dello stesso anno, totalmente rinnovato, si effettuarono prove di immersione, attacco, lancio siluri, restando in immersione, alla presenza del re Vittorio Emanuele III e dei principali vertici della Regia Marina. Poi il Delfino fu via via superato dalla costruzione delle nuove Classi di sommergibili nazionali. Fu radiato e demolito il 16 gennaio del 1919.

Ci spostiamo un po' più avanti e subito “leggo” in una cornice, l’Inno dei sommergibilisti: Sfiorano l’onde nere nella fitta oscurità, dalle Torrette fiere ogni sguardo Attento sta! Taciti ed Invisibili partono i sommergibili! Cuori e motori d’Assalitori contro l’immensità! […] Colpir, e seppellir ogni nemico che s’incontra sul Cammino! E’così che vive il Marinar, nel Profondo Cuor, del sonante mar! Del nemico e delle avversità se ne infischia perché sa che vincerà […].

Alla mia domanda banale quanto provocatoria: "lo sapete a memoria?", i presenti lo canticchiano “timidamente”.

Ci avviciniamo ad uno dei cimeli più preziosi della Sala Storica: il periscopio dello “storico” Scirè (foto).

Continua Tasca: Lo Scirè fu affondato da una vedetta inglese, Isley, al largo di Haifa con bombe di profondità. Dopo la Costituzione dello Stato di Israele, il relitto dello Scire, che giaceva a 35 mt su un fondale al largo di Haifa, spezzato in chiglia, fu oggetto di incursioni (v. articolo).

Dopo un patto raggiunto tra i governi di Italia ed Israele, dal 2 settembre al 28 settembre 1984, sono state svolte ad opera della nave “ausiliaria ” Anteo della Marina Militare Italiana, le operazioni di recupero di 42 salme. In quell’occasione sono state recuperate anche varie parti dello scafo, rimosse in un precedente tentativo di recupero. Sono stati recuperati un paio di cilindri dei SLC, parte del fascione, la bandiera di guerra, parti della torretta e il periscopio. Le parti del relitto recuperate sono conservate anche al Museo della base navale di Augusta, all’Arsenale di La Spezia e all’Arsenale di Venezia, mentre il basamento del cannone con parte del fasciame è conservato al Vittoriano. Negli anni successivi i subacquei della Marina Militare hanno provveduto a sigillare il relitto per impedire ad altri sub di penetrarvi. Il 18 dicembre 2004, nell’anniversario dell’attacco di Alessandria d’Egitto alla presenza della MOVM Emilio Bianchi, è stato varato il nuovo sottomarino Scirè”.

Al muro, il comandante Tasca, mi mostra una targa donata dall’ingegner Barberini, ex ufficiale di Marina, passato a Fincantieri. In occasione dei suoi 30 anni di carriera ha voluto regalare alla Sala Storica, una delle targhe realizzate per commemorare i caduti dello Scirè e regalate ai familiari di questi ultimi nell’immediato dopoguerra. L'aveva recuperata in un mercatino. Alla base di tale Targa che, come si evince dall’incisione, era stata dedicata al giovane guardiamarina Uggese, l’ingegnere Barberini ha fatto saldare una piastra di acciaio, lo stesso impiegato nella costruzione del nuovo sottomarino Scirè e questo per sottolineare il legame profondo tra i sommergibilisti di oggi e di ieri.

Arriviamo alla bacheca dedicata a padre Carlo Messori Roncaglia, cappellano di Betasom, vissuto fino a gli anni ’90, che ha partecipato anche al centenario della componente sommergibile, che viene fatta risalire al 1890.

Nel 1990, in quell’occasione – dice Tasca- celebrò la messa in modo profondo come se fosse ancora a Betasom. Era un gesuita dai valori incisivi e intimamente radicati nel suo animo “umano”. Avere il suo calice, che noi chiamiamo il “santo Graal”, che faceva parte del Kit di celebrazione con cui padre Messori celebrava la Messa durante le “sue” navigazioni con i sommergibilisti, è motivo di orgoglio. Alla base del calice sono stati incisi, i 32 nomi dei sommergibili atlantici che facevano base a Betasom.

Riconoscibile è la bacheca dedicata al giovane comandante, Gianfranco Gazzana Priaroggia, che perse la vita a bordo del sommergibile “Da Vinci” che deteneva il record di affondamento durante la 2°guerra mondiale. Attualmente è in servizio un sommergibile della Classe Sauro IV serie, che è stato dedicato al comandante Gazzana. In mostra nella vetrina la “tenuta da Gala” del comandante Gazzana.

Accanto c’è la bacheca dedicata al comandante, Carlo Fecia di Cossato (foto), morto suicida il 27 agosto del 1944.

Mostrandomi una lettera scritta da Di Cossato, il comandante Tasca incalza nel racconto: Fecia di Cossato aveva partecipato a tante missioni sia come secondo che come comandante. Nel 1943 quando l’Italia firmò l’armistizio con gli Alleati, non riuscì a superare il “periodo buio” della fine delle missioni. Aveva combattuto fianco a fianco coi tedeschi, visse gli anni tra il 1943 e il 1944 come un periodo di sconfitta oltre che di forte disagio, ed essendo anche un aristocratico visse l’armistizio come un atto di alto tradimento alla monarchia, soprattutto quando seppe che si era costituito il "Comitato di Liberazione Nazionale" e si parlava già di repubblica. Pensava anche a molti suoi amici che erano stati uomini del suo equipaggio e che avevano perso la vita in tante missioni, e questo contribuì ad aumentare “il peso morale ed umano” che aveva nel cuore. Prima di suicidarsi scrisse una emozionante lettera alla madre in cui concluse: “Da mesi e mesi non faccio che pensare ai miei marinai che sono onorevolmente in fondo al mare. Penso che il mio posto è con loro”.

Due anni fa, con il luogotenente Nicola Carbotti, quando siamo stati a La Spezia per il varo del "Venuti", abbiamo preso contatti con i familiari di Pietro Venuti, un sottufficiale sommergibilista che durante la 2° guerra mondiale ha sacrificato la sua vita per salvare il resto dell'equipaggio: l’unico modo per salvare gli altri era chiudere il portello del locale propulsione o "locale batterie" per impedire all’acqua di interessare le altre parti del sommergibile.

A Pietro Venuti, sottufficiale sommergibilista è stato dedicato un sommergibile che verrà consegnato alla MMI nel prossimo mese di giugno. Per l’occasione, come Nucleo Stampa dei Sommergibilisti, i familiari di Venuti ci hanno donato foto e documenti per allestire parte di questa bacheca.

Continuo ad ascoltare i racconti del comandante Tasca e mi accorgo come le parole, emozionandoci attraversano i ricordi, scorrono fino a parlare di un altro illustre comandante: Primo Longobardo. Un capitano di fregata piuttosto “anziano” per l’epoca, perché la maggior parte dei comandanti dei sommergibili erano giovanissimi, ad esempio Petrelli Campagnano aveva 25 anni, altri 35 anni fino ai 40 anni di Longobardo. Fece pressione sui vertici della Regia Marina e, essendo uno degli insegnanti della Scuola dei Sommergibili che era a Pola in quegli anni, insistette molto per ritornare al comando di un sommergibile. Amava vita a bordo e il suo desiderio era quello di tornare in prima linea.

Fu accontentato. Perse la vita quando il suo sommergibile fu attaccato da una corvetta inglese. Anche se parte dell’equipaggio fu messo in salvo dagli uomini della corvetta, morì assieme ad altri dopo l’attacco. Quando il comandante della corvetta inglese chiese ai naufraghi chi fosse il loro comandante, udendo il nome di Longobardo, ne rimase “scioccato”: Longobardo era un suo amico conosciuto nel periodo prebellico, durante un incarico a Pechino (Longobardo era addetto alla Difesa) e in segno della loro amicizia si erano scambiati un portacenere con le proprie iniziali.

Nella Sala Storica si trovano gli stendardi di sommergibili andati in disarmo, quelli della Classe Sauro, della classe Toti e i c.d. Ex USA, ossia sommergibili della US Navy donati alla M.M. negli anni ’60 e ’70. Ci sono delle copie sia nella Sala Storica che in mostra al Vittoriano.

Procede spedito e motivato Tasca quando racconta del sommergibile K-141 KurskOgni anno c’è un incontro a livello internazionale dei sommergibilisti. Quando fu organizzato a Taranto, furono invitati anche i parenti dei caduti del K-141 Kursk, un sottomarino russo a propulsione nucleare, entrato in servizio nel 1995 ed affondato nel mare di Barents il 12 agosto del 2000 anche se il fondale era relativamente basso (meno di 100m). Evidentemente l'evento lo si deve ad un’esplosione a prora. Successivamente fu recuperato parte dell’equipaggio e del sommergibile.

Mi mostra orgoglioso anche la foto dell’ex ministro della Difesa Giampaolo Di Paola, che è stato comandante di 3 sommergibili, mentre riceve la bandiera di combattimento del sommergibile Sauro, proprio uno dei sommergibili che ha comandato. Di Paola è stato l’ufficiale sommergibilista che ha raggiunto la carica più elevata diventando ministro della Difesa.

Nella stessa bacheca in un piano diverso, ci sono le foto dell’evento del Centenario dei sommergibilisti avvenuto vicino al Castello Aragonese, dove si mostrò in tutta la sua “grigia” bellezza, il Pelosi. Per l’occasione giunse a Taranto anche il presidente della repubblica, Francesco Cossiga, e celebrò la Santa Messa, padre Messori.

Nel piano inferiore della stessa bacheca, sono sistemate le foto della visita di papa Woytjla a Taranto, che fece un giro in Arsenale e sapendo che presso il COMFLOTSOM c’era la Madonnina di Betasom, volle vederla per benedirla. Personalmente ho avuto grazie all’ammiraglio Arena la posibilità di poter vedere e “toccare” la Madonnina. Vi lascio immaginare le emozioni provate.

Coinvolgente è stato il momento in cui mi sono ritrovata davanti al “Libro delle Missioni”.

NelLibro delle Missioni” - prosegue Tasca – per ogni sommergibile sono indicate tutte le missioni ed ovviamente anche la data dal momento in cui, qualcuno era considerato disperso, dettagliatamente in questo registro, che era quasi una sorta di rubrica, dove ad ogni lettera corrispondeva il nome di un sommergibile e tutte le missioni di guerra a cui ha partecipato. Un altro libro simile è presente nella cappellina dove è sistemata la Madonnina di Betasom. Sono riportati i nominativi di circa 3300 sommergibilisti morti durante il 2° conflitto mondiale.

Ci avviamo verso un’altra bacheca dove il comandante mi parla di Patrelli Campagnano: fino a qualche anno fa era un nostro decano. Nel 2007 festeggiammo i suoi 90 anni con una festa a sorpresa. Quando arrivò intonammo l’inno dei sommergibilisti diretti dall’ufficiale commissario Arena, figlio dell’ammiraglio Giuseppe Arena, che è un tenore. Patrelli Campagnano fu il più giovane comandante: “comandò” a 25 anni il sommergibile Platano. Mi mostra la cartolina con cui Patrelli Campagnano, con la sola firma posta verticalmente indicava ai suoi cari del suo arrivo a Betasom, perché la censura non permetteva di inviare ulteriori informazioni.

Racconta Tasca: Molti sommergibilisti erano di leva e non avevano una formazione specifica. Solo una piccola parte di ufficiali e sottufficiali erano stati formati dalla Scuola. La maggior parte dell’equipaggio faceva esperienza a bordo, con un “training on the job”, e veniva formato in base al tipo di mestiere che svolgeva nella società civile.

Ecco la bacheca dedicata a Filippi, un furiere che parlava bene il tedesco. Era il referente di Donitz a Betasom. Proprio Donitz fu il successore di Hitler per 20 giorni, dal 20 aprile al 10 maggio. Fu a capo della nazione, su suggerimento di Hitler, perché doveva cercare di portare in salvo quanto più tedeschi possibili. Donitz scrisse un libro dal titolo “10 anni e 20 giorni” cioè 10 anni al comando dei sommergibili e 20 giorni come capo dello Stato tedesco. Anche se fu condannato non per "crimini contro l’umanità" dal Tribunale di Norimberga ma per "crimini di guerra" (per i siluramenti dei mercantili), scontò 10 anni. Tornato in libertà, non si è mai pentito per il suo incarico. Affermò di non essere stato a conoscenza delle azioni di Hitler. E' improbabile, ma almeno non è stato un Göring o altri “boia”.

Su una foto di un sommergibile mi fa notare una frase: “Chi teme la morte non è degno di vivere”.

Bisogna fare uno sforzo enorme, credo - prosegue Tasca – per immedesimarsi nei sommergibilisti dell’epoca perché sapevi di partire ma nessuno ti garantiva il ritorno. Non a caso quando ritornavano dalle missioni, soprattutto i sommergibilisti tedeschi, andavano a Parigi per bere, divertirsi etc. Avevano coraggio, o forse erano “motivati” dalla forza dell’incoscienza. Molti avevano semplicemente la voglia di partire per la Patria, un senso di appartenenza vissuto come valore radicato. In molti casi la via era quasi obbligata, altrimenti si veniva considerati come “traditori”.

Continuando il percorso, parliamo del Romei, ovvero del nuovo Romei non ancora consegnato alla Marina Militare, ma attualmente impegnato nelle prove di collaudo (v.articolo). La curiosità che mi è stata riferita è che l’ultimo comandante del Romei – l’ammiraglio Filippo Casamassima - e il futuro comandante designato alla guida del nuovo Romei – il t.v. Fabio Casamassima- sono padre e figlio.

Il percorso sta per concludersi quando arriviamo alla vetrina dedicata al comandante Di Cossato, dove c’è la foto in cui viene decorato da Donitz e ben in vista nel piano inferiore si vede la sua sciabola. Accanto alla vetrina c’è la “tenuta” usata dai comandanti dei sommergibili quando erano in torretta, fatta con pelle di foca per tenerli al riparo dalle intemperie e o comunque dalle condizioni meteo avverse.

La bacheca dedicata al comandante, Salvatore Todaro, è l’ultima e qui c’è una lettera. "Io vorrei se possibile che questa lettera fosse rimessa al Comandante Sommergibli Italiani che ha affondato la nave Kabalo. Fortunato il paese che ha dei figli come voi, i vostri giornali danno il resoconto del vostro comportamento verso l’equipaggio di una nave che il dovere vi impone di subire. Esiste un eroismo barbaro ed un altro davanti al quale l’anima si mette in ginocchio. Questo è il vostro. Siate benedetto per la vostra bontà che fa di voi un eroe non solo d’Italia ma dell’Umanità". Questo è il testo della nota lettera che fu scritta in lingua francese.

Quando andai in America - ricorda Tasca - come ufficiale di  collegamento per il Todaro nel 2008, gli americani si informarono sul nome del battello, mi chiamarono e furono impressionati dalla figura di Salvatore Todaro e dalla vicenda del Kabalo (v.articolo).

Quando i sommergibilisti rientravano dalle missioni portavano delle bandiere che indicavano il tonnellaggio di mercantile - naviglio affondato -racconta ancora il capitano di fregata Tasca e prosegue: Il comandante Salvatore Pelosi e il suo equipaggio furono catturati nel Mar Rosso, e durante la prigionia, il suo equipaggio ricamò lo stendardo che regalò al suo comandante, che dopo le varie missioni e nel dopo guerra proseguì la sua carriera fino a diventare ammiraglio.

Questa è la Sala Storica raccontata a voce e col “canovaccio” dei ricordi dal comandante Antonio Tasca. Si arricchisce sempre più di cimeli e documenti ogni volta che “qualcuno” viene a conoscenza della sua esistenza conoscendo bene la “famiglia” dei sommergibilisti italiani direttamente o indirettamente.

Durante l’anno, dopo la visita al Castello Aragonese di Taranto, ogni sabato, si associa la visita alla Sala Storica e alla Scuola Sommergibilisti, basta fare richiesta presso il Comando Marina Sud.

Il comandante Tasca, si congeda per una riunione importante e mi lascia con la promessa di farmi intervistare il decano dei sommergibilisti, l’ammiraglio Giuseppe Arena.

Intavoliamo una conversazione con il tenente di vascello Carlo Faggiana, che aggiunge una curiosità “di merito personale e nazionale”. Nel frattempo il comandante Tasca ritorna, di gran fretta: aveva scambiato il suo “berretto” da comandante con quello del tenente di vascello Faggiana. Genuinamente sorridiamo tutti.

Riprende Faggiana: Nel 2007, ho avuto l’onore di deporre una corona di fiori, a bordo del sommergibile Pelosi - un sottomarino della Classe Sauro 3^ serie - nello stesso punto in cui, il comandante Salvatore Pelosi con il suo equipaggio al largo del Golfo di Aden, al comando del sommergibile Torricelli, il 23 giugno 1940, fu costretto - dopo un combattimento con tre cacciatorpediniere e due cannoniere della Royal Navy - all’autoaffondamento.

Sfogliamo quindi vari album fotografici sistemati sul tavolo centrale che documentano le varie fasi della componente dei sommergibilisti italiana.

Realizzando questo reportage – e gli altri che seguiranno - ho sempre avuto la certezza, parlando con ciascun sommergibilista, al di là dei “gradi”, del loro tenace attaccamento, quasi fosse una sentita “devozione”, e del sentito orgoglio di appartenenza alla specialità.

Un “microcosmo”, anzi una grande piccola “famiglia” come spesso amano definirsi, "unica ed irripetibile", aggiungerei io, che mi ha accolto fin da subito facendomi sentire a casa, protetta come tra le braccia di una mamma.