È accaduto lo scorso anno a Cesano, vicino a Roma, durante un'esercitazione internazionale. Stavo visitando alcuni stand di aziende presenti all'evento quando mi sono imbattuto in un mezzo che venticinque anni fa avevo potuto solo sognare: un “VBM Freccia Porta-Mortaio” (vedi video).
Un blindato con un pezzo di artiglieria al suo interno non è il tipico desiderio di un ragazzo di 20 anni, ma ero un ufficiale di complemento e avevo ricevuto una particolare specializzazione: mortaista da 120 mm su veicolo M106. Stiamo parlando di un mezzo cingolato che univa la discreta mobilità del ben più noto M113, un veicolo blindato da trasporto truppa concepito negli anni cinquanta, alla potenza di un mortaio da 120 mm, un'arma capace di annientare il nemico a sei chilometri e mezzo di distanza.
La formula era vincente ma aveva dei limiti operativi, primo fra tutti il tempo necessario a battere con precisione un obiettivo: si arrivava in posizione, si apriva manualmente il portellone del mezzo, in pochi minuti si potevano elaborare le coordinate trasmesse (a voce e via radio) dall'osservatore, ovvero il militare che aveva in vista l'obiettivo, e a quel punto si poteva sparare il primo colpo.
Avveniva poi l'aggiustamento: dopo aver compreso il target tra due colpi, la cosiddetta “forcella”, si potevano avere con una buona approssimazione i corretti dati di tiro per centrare l'obiettivo. Si apriva quindi il fuoco con l'intero schieramento di armi (un plotone mortai aveva anche allora quattro pezzi oltre al posto comando).
Perché dunque il tempo era il problema? Perché a ogni colpo il mortaio si muoveva andando “fuori bolla” ed andava corretto. Una precisione maggiore poteva derivare poi dal calcolo di variabili come altitudine, pressione, temperatura e vento. Erano calcoli fatti da esseri umani, con mezzi spartani come cartine, reticoli e tabelle, non computer…
Cosa immaginavo allora? Speravo, per esempio, che la cadenza e la precisione di tiro sarebbero potute migliorare con bocche da fuoco “autolivellanti”.
Oggi il sistema d'arma che avevo vissuto con il rustico M106 portamortaio si è evoluto in una piattaforma che lascia aperti orizzonti operativi forse ancora da scoprire.
Il VBM Freccia AMC mortar carrier
La Difesa italiana ha, ad oggi, acquistato 20 mezzi in due tranche: la prima da 12, la seconda da 8. Alla consegna dell'ultimo veicolo entrambe saranno integrate nell'ultima versione del SICCONA (SIstema di Comando COntrollo e NAvigazione) e dotate della torretta Hitrole (12,7 mm, 7,62 mm o lanciagranate da 40 mm). L'equipaggio è formato da 5 membri: pilota, capocarro, marconista e 2 addetti al mortaio.
Ma torniamo al precedente raffronto e valutiamo la piattaforma su cui è montata l'arma. Dal M106 al VBM, passiamo da un cingolato ad un moderno ruotato che sostanzialmente raddoppia le prestazioni on/off road, autonomia compresa (oltre 800 chilometri). Vi è poi un netto salto qualitativo nella protezione balistica. E chi ha vissuto l'M113 ricorderà con un brivido le voci sulla vulnerabilità al 7,62mm, anche se in calibro Nato...
Il mortaio a bordo
L'Esercito italiano ha adottato da anni una bocca da fuoco che ha raddoppiato le prestazioni in termini di gittata. Siamo così passati da un mortaio ad anima liscia ad uno rigato, il Thomson-Brandt TR61 da 120 mm, che raggiunge obiettivi a 12,8 chilometri. La stessa canna è oggi protagonista del sistema TDA (Thales Defense Armement) da 120 mm 2R2M.
In posizione il VBM Freccia AMC è in pochi istanti in grado di fare fuoco con rapidità e precisione. Gli operatori a bordo non devono far altro che immettere in un computer le coordinate ricevute e appoggiare il proiettile (con le cariche di lancio aggiuntive indicate dal sistema) nel "cucchiaio" (la slitta di caricamento). Introduzione della bomba nell'affusto e posizionamento della bocca da fuoco sono automatici.
Grazie ad una piattaforma inerziale nessuna correzione tra un tiro e l'altro è necessaria per “rimettere a bolla”.
Appena lanciata la salva di granate il veicolo può rapidamente spostarsi per evitare un eventuale fuoco controbatteria e riprendere in pochi minuti a colpire l'obiettivo.
Tutto questo sarebbe di per sé sufficiente ad accendere entusiasmi, tuttavia viviamo in tempi di rivoluzioni nel mondo militare e il salto generazionale deve far aprire gli occhi su nuove potenzialità...
Due parole: digitalizzazione e netcentrizzazione
Se il limite nella comprensione di piattaforme come l'F-35 va superato nel valutare il cielo, altrettanto va fatto a terra.
Un’arma moderna non è uno strumento a se stante, è un ingranaggio parte di un "Sistema" che può amplificarne enormemente le potenzialità.
Un esempio: il VBM portamortaio è già ora in grado di rispondere ad una richiesta di fuoco trasmessa da un osservatore a terra attraverso un semplice puntatore laser ma anche da un Lince o dal fratello “Explorer”, la versione del VBM Esplorante da ricognizione e sorveglianza. La procedura “tradizionale” è ancora via radio per ragioni di sicurezza, nonostante ciò si potrebbero già azzerare i tempi di azione trasmettendo digitalmente le coordinate!
I tempi di “RE-azione”?
Difesa Online è da poco tornata da un teatro di guerra, quello siriano, in cui negli ultimi due anni sono affluiti migliaia di missili anticarro/antipersonale. Possiamo dire che quel che rappresentò lo Stinger in Afghanistan è negli ultimi due anni il TOW in Siria. Ne sono arrivati così tanti che vengono impiegati per eliminare anche obiettivi “poco paganti” come semplici sentinelle.
Il TOW ha fornito un vantaggio: i carri armati, per lo più vecchi T-55 e T-72 hanno un tiro utile che varia tra i 2 ed i 4 chilometri (quelli aggiornati nei decenni passati dal nostro Paese) mentre precisione e raggio d'azione dei missili filoguidati sono superiori. Basta andare a vedere i filmati pubblicati dai ribelli su YouTube per verificarlo...
Quando ho incontrato un generale al Ministero della Difesa siriano non ho potuto resistere dal domandare quali fossero le contromisure prese per contrastare la minaccia TOW.
“Be'..., monitoriamo attorno ai presidi tutte le possibili zone di lancio... Cerchiamo di prevenire l'arrivo dei terroristi in quelle posizioni... Ci stiamo lavorando. Mica penserà che non abbiamo preso contromisure?!!!”.
La risposta, un po' imbarazzata, un po' evasiva mi è sembrata eloquente ed esaustiva.
In quel momento ho pensato al Porta Mortaio come elemento integrato in un sistema di difesa. Esistono sensori tattici che possono rilevare missili, granate e perfino proiettili di piccolo calibro.
Iniziate a comprendere cosa può significare? Vuol dire avere già oggi a disposizione apparati di protezione, a difesa di una base militare (per fare un esempio), che portano la capacità di autoprotezione da pochi metri a 13 chilometri con munizione assistita (8 con munizione tradizionale) come tiro controbatteria.
Bisogna ragionare in termini moderni. La figura dell'osservatore relativamente vicino ad un target è possibile ma superata. Le coordinate possono essere calcolate dal computer di un Sistema che rileva un attacco e calcola il punto di partenza di una bomba o di una pallottola, ma anche da un semplice drone e, perché no, presto perfino dal tanto criticato F-35. Sarà chi vede l'obiettivo (anche un satellite!) ad effettuare poi l'eventuale “aggiustamento del tiro”.
Di recente è stato presentato il Centauro 2 (vedi video), la versione più avanzata (in fase di sviluppo) del ruotato anticarro forse più celebre al mondo. Ebbene (questo lo raccontiamo perché confermato in via ufficiosa) la bocca da fuoco e la mitragliera potrebbero anche essere gestite in remoto!
L’importanza di avere un plotone di Centauro 2 e VBM Porta Mortaio connessi in un sistema di difesa integrato è di facile comprensione anche per non addetti ai lavori. Significa avere armi capaci di intervenire da pochi metri, fino a 13 chilometri di distanza con tempi di reazione istantanei. Significa annullare o quanto meno ridurre sensibilmente minacce come quelle rappresentate dai missili che inevitabilmente saranno sempre più presenti nei teatri operativi.
(immagini: Consorzio Iveco - Oto Melara / web)