Non vi viene l’orticaria a sentir definire questa “ripresa” del COVID-19 in Europa e in altre regioni “seconda ondata”, con un paragone nemmeno troppo velato all’influenza spagnola di inizio Novecento? In realtà, è sempre… la prima, in quanto “l'azzeramento dei casi non è avvenuto e quindi ora, come previsto, riparte”. Lo ha giustamente affermato il medico, ex attore e consulente del ministro della Salute Gualtiero “Walter” Ricciardi, proseguendo: “Quello che abbiamo fatto è appiattire la curva epidemica ma non è mai stata azzerata. Quando ci sono state condizioni favorevoli, ovvero i comportamenti estivi, uniti ai primi freddi, la curva ha ripreso. La possiamo chiamare seconda perché corrisponde alla nuova stagione, ma la pandemia è sempre la stessa”1.
Il lockdown della scorsa primavera, con una durata “cinese” (circa dieci settimane) che ha colpito a morte molte imprese non ha centrato, quindi, nessun bersaglio razionale: siamo punto e a capo con la stessa pandemia.
Ma davvero la situazione porterà “ad un veloce collasso delle terapie intensive con una stima di 151mila ricoveri”? No, perché chi lo afferma mente sapendo di mentire: in tutta Europa non ci sono 151mila posti nelle terapie intensive e quindi questi novelli Nostradamus usano questa iperbole per non annunciare la morte di 120-150mila persone nel giro poche settimane, col rischio di essere facilmente smentiti (e sbeffeggiati) dai colleghi e dalla stampa.
Ma che cosa accadrà? Beh, due mesi fa avevamo preso tre casi come esempi di Paesi precipitati nella così detta “seconda ondata”. Vediamo come stanno ora, a distanza di dieci settimane.
Il Giappone
Il Paese del Sol Levante veniva da una “prima fase critica” che era durata dall’ultima decade di marzo fino alla prima di maggio, con punte di 700-750 casi al giorno e una letalità rimasta quasi sempre entro le 30 vittime nelle ventiquattr’ore.
L’emergenza non è mai stata affrontata con quarantene di massa come in Europa, ma - esattamente come in Svezia - nel rispetto dei dettami costituzionali e chiedendo ai cittadini di collaborare.
La “seconda ondata” è partita molto presto, nella seconda decade di giugno, dopo alcune settimane con meno di 40 casi al giorno, superando il picco di marzo già il 24 luglio (927 vs. 743) e toccando un nuovo picco (1.998 positivi in un giorno) il 3 agosto. A seguito di tale data, il grafico ha preso a scendere, stabilizzandosi fra i 450 e i 650 casi fino ai giorni nostri. Insomma, circola molto ma ha una bassa letalità: non ha mai superato i 20 morti in una giornata.
Tutto lascia pensare che il COVID-19 sia ancora molto attivo e circolante, ma anche che le abitudini igieniche e la disciplina dei Nipponici aiutino a gestirlo efficacemente.
L’Australia
La premessa è che la terra dei canguri non è un Paese ad alta densità umana come il Giappone: fra una città e l’altra spesso ci sono migliaia di chilometri e molte famiglie / comunità vivono isolate. Nemmeno le metropoli australi sono paragonabili a quel formicaio che è Tokyo.
Il grafico parla di una “prima fase” durata fra metà marzo e metà aprile, quindi più corta che nel Sol Levante e di una “seconda fase” con picchi del solo 50% più alti che in primavera (mentre in Giappone sono stati quasi tre volte più elevati) ma di durata e in un periodo analoghi al Sol Levante. La letalità è stata, invece, sensibilmente più alta, anche se mai seriamente preoccupante, con poco meno di 500 vittime nel mese di agosto.
Superato il “secondo picco” il numero di casi è sceso fino quasi ad annullarsi. Il governo ha fatto spesso e volentieri ricorso a misure di lockdown, comunque per durata e peso non paragonabili a quello patito dagli Italiani: va detto che la chiusura delle frontiere ha giocato un ruolo determinante.
Israele
Lo stato ebraico nella prima fase - fra metà marzo e fine aprile - aveva avuto la “miseria” di 16mila casi, davvero poca roba - possiamo proprio dirlo! - a confronto con i 280mila del periodo fra l’inizio di giugno e la metà di ottobre: tuttavia, dopo il picco di 11mila casi in un solo giorno, il 23 settembre, anche a seguito di misure restrittive molto severe, il grafico segna un calo, in parte paragonabile a quello giapponese. I morti, che erano stati 61 nella settimana fra il 12 e il 18 aprile, sono stati 204 fra 3 e 9 ottobre - una crescita di tre volte a fronte di un numero di casi dieci volte più grande.
Va detto che gli israeliti ultraortodossi rappresentano il 40% dei nuovi infettati, a causa di non poche difficoltà nell’imporre loro il rispetto delle regole di distanziamento e igiene.
Se avevamo ragione a luglio a tracciare questi tre casi come esempi di quello che aspetta l’Italia e, più in generale, l’Europa occidentale, allora possiamo dire che la maggior parte dei Paesi avranno un picco di casi nella stagione autunnale, che detto picco sarà una, due, tre o anche quattro volte maggiore di quello di marzo-aprile, che molto probabilmente il numero di morti - a livello nazionale - non eguaglierà le cifre record della scorsa primavera ma certamente sarà nell’ordine di 50-200 casi al giorno per i Paesi più popolosi, che dopo il picco il numero di casi calerà ma non tornerà alle cifre “tranquillizzanti” della scorsa estate e che misure più stringenti saranno comunque necessarie. Dette misure saranno dei lockdown locali, la cui applicazione immediata aiuterebbe non poco anche adesso. Tra l’altro, manca una seria politica dei tamponi.
Ma non solo questi: stiamo trascurando problemi seri per concentrarci sulle sciocchezze come i “sei amici a cena insieme” che servono solo a distrarre gli Italiani. Per esempio, personalmente, nutro dubbi sulla sostenibilità dell’apertura full time delle scuole superiori: i ragazzi dai 14 anni in su non hanno bisogno di un custode in casa. C’è da credere che potremmo fare a meno anche delle palestre e delle scuole calcio. Così come potremmo ridiscutere gli orari di apertura di uffici e aziende, per evitare affollamenti sui mezzi pubblici nelle ore di punta.
Nutro fortissimi dubbi anche sull’uso diffuso di test sierologici che ingenerano un falso senso di sicurezza, sul fatto che i tamponi fatti privatamente non possano essere a carico del sistema sanitario e sulle modalità dei test “drive through”.
Troppe cose non tornano per dire che stiamo andando verso il picco e presto i casi caleranno come nei tre Paesi campione: probabilmente in Italia siamo ancora ai piedi della montagna e la scaleremo ultimi in Europa, convinti per questo di essere i più furbi.
1https://www.ilmessaggero.it/salute/focus/seconda_ondata_covid_ricciardi_...
Grafici: worldmeters.info