Sembra assurdo, ma un’intera generazione di italiani è rimasta all’oscuro dei crimini perpetrati dai partigiani titini, nei confronti della popolazione di etnia italiana, che risiedeva in Dalmazia e nell’Istria.
Gli obiettivi dei partigiani di Tito erano chiari. Il Governo jugoslavo, già dal 21 agosto 1944, cominciò a reclamare tutti i territori abitati da popolazioni slave che non facevano parte della Jugoslavia, incluse l’Istria e la Dalmazia già facenti parte dell’Impero Austro-Ungarico, prima del 1918, richiesta che i governi britannico, americano e sovietico appoggiarono e garantirono formalmente.
Quindi, per gli Alleati, l’importante era che Tito continuasse la lotta contro i tedeschi, se poi si commettevano atrocità nei confronti dei civili italiani poco importava.
A testimonianza del fatto che la Decima MAS fosse assolutamente autonoma rispetto alle direttive dei tedeschi, il 12 ottobre 1945 a Milano, il Comandante Borghese aveva riunito tutti i suoi comandanti di battaglione per affrontare la questione dei confini orientali.
Pola, Trieste, Fiume e Zara erano gli obiettivi delle truppe slave di Tito che progredivano nella conquista dei territori giuliano-dalmati.
Infatti, il IX Korpus jugoslavo, circa 10.000 partigiani addestrati alle tattiche di guerriglia dagli agenti sovietici dell’NKVD, cominciarono a rastrellare la popolazione italiana, operazione che iniziò con il crollo del regime fascista il 25 luglio 1943. Vennero catturati circa un migliaio di italiani: le prime vittime di una lunga serie.
Nell’aprile del 1945, con il crollo del Terzo Reich, il IX Korpus aveva mano libera per occupare i territori abitati dagli italiani. I titini occuparono Fiume e tutta l’Istria, dando inizio alle esecuzioni sommarie dei civili.
Tra il maggio e il giugno del 1945 migliaia di italiani dell’Istria, della Dalmazia e di Fiume furono cacciati dalle proprie case, i “fortunati” finirono nei campi di concentramento in Slovenia e in Croazia, agli altri toccarono le foibe.
Le fratture carsiche furono le tombe di numerose persone la cui unica colpa era quella di essere italiani.
In genere i titini procedevano secondo questo metodo: legavano insieme tre o più persone, e sparavano in testa a quella sul bordo della foiba, il peso trascinava anche le altre che, se non morivano immediatamente a causa della caduta, sarebbero morte in seguito di stenti.
Nel dopoguerra la Sinistra italiana gettò l’oblio su questa vicenda, Togliatti voleva addirittura cedere il Friuli alla Jugoslavia. Mentre la Democrazia Cristiana doveva cedere alle pressioni di Washington in quanto, in seguito alla rottura di Tito con Mosca, la Jugoslavia poteva costituire un baluardo all’avanzata sovietica in Europa.