Sono trascorsi più di due anni e mezzo da quel fatidico 15 febbraio 2012, quando è iniziato il calvario per i due fucilieri di marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Più di 900 giorni durante i quali, fatte salvo rare eccezioni, gli organi di informazione nazionale hanno centellinato le notizie quasi a seguire una scaletta temporale preordinata fuori dalle redazioni.
Dal rientro in Italia di Massimiliano Latorre per un periodo di convalescenza di 4 mesi a seguito di un grave malanno che lo ha colpito a Delhi il silenzio è diventato poi assoluto. Solo rare e ripetitive dichiarazioni da parte di rappresentanti di vertice della Difesa e degli Esteri per rassicurare che era stato predisposto quanto necessario per avviare un arbitrato internazionale che, però, ancora non veniva ufficializzato per dare spazio ad un'azione diplomatica non meglio chiarita.
Oggi improvvisamente si alza il sipario del silenzio non per iniziativa degli organi di informazione italiani ma per un'agenzia Ansa da Delhi con la quale si viene informati che l'India sta valutando la proposta italiana per una soluzione "consensuale" del problema. Lo riferisce il The Economic Times e fonti governative indiane di alto livello riferiscono che il governo ha deciso di tenere "presto" una riunione presieduta dal consigliere per la sicurezza Ajit Doval per studiare la soluzione offerta da Roma per risolvere la crisi.
Prendiamo atto che, come in passato, gli italiani per essere aggiornati devono fare riferimento alla stampa indiana e sia sempre il governo di Delhi a dare notizie, quasi mai quello italiano. Nella fattispecie, infatti, si parla dell'esame di una soluzione del caso proposta da Roma, ipotesi sconosciuta agli italiani in quanto ritenuti, forse, dallo Stato cittadini non affidabili e quindi non meritevoli di una democratica informazione.
Una scelta che però è difficile condividere. Oserei affermare offensiva nei confronti delle centinaia di migliaia di cittadini impegnati a tenere alta lattenzione sulla sorte dei due fucilieri di marina e preoccupati che l'Italia abbia ceduto ancora una volta il diritto di esercitare la propria sovranità delegando uno Stato terzo ad esercitare un'indebita azione giudiziaria.
L'oscurantismo, però, giustifica ogni illazione, per cui proviamo ad ipotizzarne e proporre un paio di quelle che potrebbero essere le soluzioni italiane proposte all'India, attraverso un'analisi di quanto avvenuto in questi 900 giorni.
La prima, una proposta italiana di scambiare i 18 marinai indiani fermati recentemente nel canale di Sicilia a bordo di una nave carica di 40 ton. di sostanze stupefacenti, applicando un accordo bilaterale sottoscritto in tal senso nell'agosto 2012. Soluzione che presenterebbe al mondo i due militari italiani come comuni delinquenti.
Una seconda soluzione e forse la più realistica potrebbe essere quella che l'Italia ha deciso di percorrere la road map da tempo proposta dal vice ministro degli esteri Lapo Pistilli, quando il 16 maggio 2013 in occasione del Forum dei giornalisti del Mediterraneo dichiarò che "In questo momento la collaborazione con le autorità indiane è ottima. Sono state gia' concordate le regole di ingaggio per il giudizio che gli indiani si apprestano a dare sui due fucilieri, così come sono già state concordate anche le condizioni successive a una sentenza. Questo mi permette di dire - ha aggiunto Pistelli - che la vicenda è avviata correttamente e aspettiamo solo che finisca".
Nell'uno e nell'altro caso, però, la possibile conclusione della vicenda non rappresenterebbe una vittoria diplomatica italiana. Piuttosto l'ennesima soluzione all'italiana che garantirebbe il rientro in Patria dei due militari per la massima soddisfazione delle loro famiglie e di loro stessi, ma ad un prezzo altissimo in termini di immagine degli interessati e dell'intero Paese. Presupposti che si sarebbero potuti evitare solo rispettando i vincoli costituzionali in tema di estradizione e non esercitando nei loro confronti, invece, il 22 marzo 2013 nei loro confronti un'estradizione passiva a favore dell'India.
Uno scambio di prigionieri, infatti, darebbe per scontato un coinvolgimento dei due marò in un fatto delittuoso e, ancora peggio, la seconda soluzione rappresenterebbe un'ennesima cessione di sovranità nazionale nel momento che l'Italia, rinunciando alle proprie prerogative garantite dal Diritto internazionale, preferirebbe concordare con l'India un'azione giudiziaria condivisa invece di pretendere che l'India rispetti l'immunità funzionale dei due militari garantita loro dal diritto pattizio e quanto previsto da UNCLOS (United Nations Convention on the Law of the Sea) ratificato in sede internazionale da Delhi.
I due fucilieri di marina rientrerebbero in Italia e questo sarebbe il vero successo ma il prezzo da pagare sarebbe altissimo.
I due militari ritornerebbero, infatti, in Patria privati della dignità di cui avrebbero diritto e per l'Italia agli occhi del mondo sarebbe un'altra vittoria di Pirro.
Fernando Termentini