I due marò: anche Napolitano sbaglia?

27/04/14

Marco Lillo pubblica ieri sul “Fatto quotidiano” un articolo che di fatto rinnega le tradizioni garantiste della corrente politica del giornale a cui il quotidiano fa riferimento, tracciando una disamina dei fatti che partono - in assenza di prove certe e di una sentenza - da affermazioni di colpevolezza e non di presunta innocenza come invece uno Stato di Diritto vorrebbe.

(http://www.dagospia.com/rubrica-29/cronache/non-rompete-maro-mentre-italia-napolitano-giu-76119.htm) Non rompete i Marò - mentre in Italia, da Napolitano in giù, tutti a fare retorica sui Fucilieri “trattenuti” o “prigionieri” in India la fanno facile: hanno ammazzato due pescatori...

L’autore trova spunto dalle parole del presidente Napolitano che durante la celebrazione del 25 aprile ha coniugato momenti della resistenza alla vicenda dei marò, scrivendo <Poi ha salutato "i familiari dei 103 ufficiali del reggimento Regina trucidati nell'isola di Kos per non essersi piegati ai tedeschi". Infine ha virato sul giusto tributo alle missioni in Kosovo e Libano che "fanno onore all'Italia" ed è a questo punto che, legando idealmente la forza giusta di ieri (della resistenza) alla forza giusta di oggi (le missioni di pace) ha ricordato i fucilieri. Così poco prima di "Viva la Resistenza, Viva le Forza Armate, Viva la Repubblica" ha scandito: "Desidero non far mancare una parola per come fanno onore all'Italia i nostri due marò a lungo ingiustamente trattenuti lontano dalle loro famiglie e dalla loro patria.>

Meraviglia anche leggere <il richiamo di ieri all'onore dei fucilieri nel discorso della liberazione è un grave errore storico, politico e diplomatico? Si può dire che Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, anche se devono essere liberati perché erano in missione in acque internazionali, non c'entrano nulla con i 103 ufficiali di Kos?>

Sicuramente dott. Lillo in democrazia si può dire di tutto ma a mio modesto parere è forzato il suo invito al presidente Napolitano <Prima di dire che i due fucilieri italiani fanno onore all'Italia, Napolitano dovrebbe provare a vedere la storia con gli occhi dell'India e della comunità internazionale. Tutti gli italiani dovrebbero provare a pensare alla reazione che può suscitare in India, un Paese che va alle elezioni a maggio, questo atteggiamento.>

Le chiedo e mi chiedo infatti perché il capo delle forze armate e gli italiani dovrebbero preoccuparsi delle elezioni indiane nel rivendicare diritti contemplati dalle convenzioni internazionali.

Le farà, comunque, piacere di sapere che io sono fra coloro che oltre ad informarsi su “Libero o Il Giornale” (spero che non ne abbia a male) lo fa anche leggendo il Corriere, Repubblica, Avvenire ed anche il Fatto Quotidiano. Forse proprio per questo vedo la vicenda di quanto avvenuto in India non solo “con gli occhi di Latorre e Girone” ma anche “con quelli di Ajeesh Pink, un pescatore di 25 anni del villaggio di Eraiyumanthurai nel sud del Tamil Nadu. Suo padre, dopo un incidente che gli portò via due arti nel 2003, morì”.

Proprio per questo invoco il diritto degli uomini di essere giudicati dal loro giudice naturale e non da quello imposto da Delhi o dalle correnti politiche dominanti in Kerala, e lo faccio - mi permetta - con la lucidità di pensiero comune a chi si informa su 360° non limitandosi a leggere racconti di parte.

Apprezzo il suo senso umano nel parlare dei morti e delle famiglie e ne condivido lo spirito, ma non posso apprezzare il suo approccio colpevolista che peraltro deriva dall’affermazione <Su quello che è accaduto il 15 febbraio del 2012 esistono due versioni. Per il Governo italiano: "Alle ore 12 la petroliera italiana Enrica Lexie veniva avvicinata da un'imbarcazione da pesca, con a bordo cinque persone armate con evidenti intenzioni di attacco. I militari del battaglione San Marco in accordo con le regole d'ingaggio in vigore, mettevano in atto graduali misure di dissuasione con segnali luminosi fino a sparare in acqua tre serie di colpi d'avvertimento, a seguito dei quali il natante cambiava rotta".

Secondo i pescatori indiani sul St Anthony dormivano tutti dopo una notte di pesca… Il capitano Freddy Louis, ha raccontato di essere stato svegliato dal suono della sirena e di avere scoperto il timoniere Jelestine già morto. Poi un ‘fuoco continuo a distanza di circa 200 metri' avrebbe ucciso anche Ajesh.>

Proprio per questo dovremmo essere cauti nelle conclusioni anche in considerazione che la versione indiana come noto è confutata da contro analisi di esperti italiani mentre gli investigatori indiani ancora devono produrre prove certe.

La inviterei anche ad approfondire le sue affermazioni quando scrive che le perizie indiane sono state fatte davanti ai nostri carabinieri. Sarebbe opportuno, infatti che a tale riguardo ripercorra i fatti, perché agli esperti del RIS fu proibito di assistere alle analisi balistiche comparative .

Concludo pregandola di non ricorrere ad Einstein: "Il nazionalismo è una malattia infantile. È il morbillo dell'umanità", per contestare parole del capo delle forze armate che da tempo invece in moltissimi ci aspettavamo. Personalmente sono immune, mi creda, dal “morbillo” a cui faceva cenno Einstein, ed a differenza di altri forse a lei più simpatici, rigetto ogni forma di antimilitarismo ed il rinnegare preconcetto dei valori che hanno fatto grande il nostro Paese.

Lo affermo con la convinzione personale che il senso dello Stato e della Patria come terra che conserva le spoglie di chi ci ha preceduto e ne tramanda le tradizioni, non è una malattia infettiva, bensì la molla per continuare ad impegnarsi per la crescita della nostra Nazione.

Lo sottoscrivo in base all’esperienza che ho condiviso in passato con coloro che in Kosovo, in Bosnia, in Kuwait in Libano, in Afghanistan, hanno fatto onore all’Italia garantendo agli altri i diritti umani, senza paura di contrarre malattie contagiose.

Fernando Termentini