Ci avviciniamo al secondo anno di lontananza dall’Italia di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, senza che nessuno garantisca loro il minimo rispetto dei diritti umani, primo fra tutti quello di aver negata la libertà personale senza giustificato motivo.
Il 6 marzo 2012, immediatamente a ridosso degli eventi che hanno coinvolto i nostri militari in un articolo utilizzai la parola “rabbrividisco”. Un’affermazione forte, che derivava dalla preoccupazione del rischio che i due Fucilieri di Marina potevano incorrere nella pena capitale, prevista dall’ordinamento indiano.
Rabbrividivo, anche , perché nemmeno i Comandanti dei due Leoni del S.Marco, sentivano in quel momento il bisogno di alzare la voce per pretendere che i loro uomini fossero tutelati dallo Stato. Comandanti peraltro molto silenti anche successivamente e, fatto salva quale modesta eccezione, per tutta la durata di questi 24 mesi.
Rabbrividivo per il pragmatismo che caratterizzava il comportamento di coloro che invece avrebbero dovuto garantire la massima tutela ai due militari, in primis il Capo dell’Esecutivo ed il Capo delle Forze Armate, il Presidente della Repubblica all’uopo designato dalla Costituzione.
Rabbrividivo di fronte alla assoluta inerzia ed oserei dire distacco dalla vicenda della maggior parte dei rappresentanti politici che pur in Parlamento perchè eletti dal popolo sovrano, erano poco impegnati a difendere due cittadini coinvolti in fatti connessi ad un compito previsto da una legge dello Stato. Un silenzio rotto solo da scarne iniziative finalizzate a garantirsi uno spazio per poi poter dire di aver contribuito a risolvere il problema dei nostri militari, e gridare al successo guadagnato sulla pelle di questi servitori dello Stato.
Di fronte a questa evidenza assolutamente deludente un’unica nota positiva, la fierezza di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone che continuavano a guardare avanti a testa alta manifestando tutto l’orgoglio di essere militari italiani, come continuano a fare anche ora.Un orgoglio che non può essere dimenticato da chi indossa un’uniforme, simbolo della tradizione e della cultura nazionale, espressione di appartenenza allo Stato di cui ognuno deve andare fiero come lo sono Massimiliano e Salvatore, manifestandolo con lo sguardo ed il portamento. Io, però, continuo a rabbrividire di fronte alla folla di coloro che improvvisamente svegliatisi da un letargo durato 24 mesi si affannano per di poter conquistare uno spazio che possa far dire loro “io non ho mai abbandonato i nostri Marò”. Politici e politicanti che forse nemmeno conoscono la storia dei due Leoni del S.Marco e che poco sanno di quanto avvenuto di fronte alle coste del Kerala, considerando che qualcuno ancora disquisisce di acque territoriali piuttosto che contigue.
Ho disagio nel leggere che il nostro Ministro degli Esteri piuttosto che intervenire in prima persona con il cipiglio che tutti pensavamo la caratterizzasse, preferisce mantenersi sul vago affermando "Ci sono sul tappeto molte opzioni e sarà il presidente del Consiglio a decidere" ed ancora "prenderemo delle decisioni come squadra, presieduta del premier, che saranno seguite da tutti. Bisogna agire in modo coerente e disciplinato con messaggi unici".
Si deve solo sperare che questa collegialità di intenti dichiarata si attui davvero e non avvenga invece quello che si è verificato l’11 marzo 2013, quando l’allora Sottosegretario de Mistura esponeva alla stampa “La decisione di non far rientrare i maro’ in India “e’ stata presa in coordinamento stretto con il presidente del Consiglio Mario Monti e d’accordo tutti i ministri” coinvolti nella vicenda, “Esteri, Difesa e Giustizia”. Aggiungeva “siamo tutti nella stessa posizione, in maniera coesa e con il coordinamento di Monti” e che “a questo punto la divergenza di opinioni” tra l’Italia e l’India sulle questioni della giurisdizione e dell’immunità richiede un arbitrato internazionale”.
Di lì a qualche giorno, invece, i Fucilieri di Marina furono riconsegnati all’India dal Premier Monti condividendone la decisione con il Ministro della Difesa, e l’Arbitrato Internazionale è almeno fino ad ora scomparso dall’agenda di Governo.
Ora giunge dall’India che forse la Corte Suprema lunedì ci concederà la “grazia” di non prevedere la pena di morte anche se non rinuncerà alla SUA. Un altro motivo per essere sbigottiti perché in questo modo l’onere della prova non sarà più a carico del tribunale, ma saranno gli accusati che dovranno presentare le prove della loro innocenza senza aver mai partecipato alle indagini difensive.
Anche per questo, quindi, continuo a rabbrividire!
Fernando Termentini