La resa di Colonia: l’Occidente senza difese

(di Giampiero Venturi)
12/01/16

Nel settembre del 2006 l’allora Pontefice Benedetto XVI parlando all’Università di Ratisbona, citò Dialoghi con un Persiano dell’imperatore bizantino Manuele II. Il Papa si riferiva al passaggio in cui si deprecava l’uso della forza per la conversione ad una fede o ad un’idea e nello specifico l’imperatore indicava Maometto e la spada dell’islam.

Le frasi di Papa Benedetto citavano parole di pace frutto di un ragionamento basato sull’osservazione di modi e costumi. Nei dialoghi di Manuele c’è un serrato confronto tra sistemi legislativi e culture diverse, fra musulmani, ebrei e cristiani in particolare. Basta leggere per capire che non c’è nulla di aggressivo, né nel libro, né nella citazione del Papa.

Le reazioni alle parole di Benedetto XVI furono feroci. Prima ancora che nel mondo islamico, furono violentissime proprio in Occidente. Il mondo liberal progressista, sempre attento al fascino della ragione, attendeva al varco il papa tedesco dal giorno della sua elezione a Pontefice e l’occasione fu ghiotta. Eugenio Scalfari su Repubblica e soprattutto le coscienze radical di autorevoli officine di pensiero progressista come il New York Times erano lì, pronte al fuoco incrociato. Al Papa che portava il nome di Benedetto patrono d’Europa non si poteva concedere nemmeno l’arbitrio della libertà di parola. Il principio sacro per cui molte teste “senza padrone” erano disposte ad immolarsi, per il Papa non valeva. Nemmeno se le parole erano state estrapolate dal discorso completo e citavano uno scritto di 600 anni prima: no, Papa Benedetto andava bruciato al rogo estremo della libertà (degli altri).

Niente di più utile di quell’episodio per capire il corto circuito ideologico in cui si sta fulminando l’Occidente benpensante: la libertà degli altri di distruggerci è così importante che a chiunque ci rifletta va impedito di essere libero.

Le violenze di capodanno a Colonia e nelle altre città tedesche ci portano sullo stesso piano di analisi. Soprattutto le reazioni delle ultime ore che ripropongono il carosello dei distinguo e dei “però” più preoccupati ad evitare di associare l’islam alla violenza che a indignarsi per la violazione delle libertà più elementari.

Fossero stati i simboli della tradizione europea, bianca e cristiana ad essere profanati, non avremmo avuto problemi. Avremmo trovato perfino accoliti del fanatismo tollerante pronti a condividere. Stavolta il corto circuito invece è totale perché le violenze psico-fisiche di capodanno hanno avuto come oggetto le donne, importunate nel loro diritto di muoversi e soprattutto di essere tali. A Colonia, con una prassi ben radicata nelle culture islamiche, si è violato non tanto il diritto di fare o di agire, ma addirittura di essere.

L’imbarazzo ideologico è evidente. Costretti a scegliere fra i principi basilari del pensiero femminista e l’immigrazionismo integralista, i pensatori chic & choc nicchiano e si appellano all’ultimo nascondiglio ancora possibile: la parola d’ordine diventa “non fare di tutta l’erba un fascio”. Poco importa dei numeri, la statistica a volte non conta.

Basterebbe invece un briciolo di buon senso e soprattutto di umiltà ideologica per capire dove si sbaglia, prima che sia tardi: il rischio di identificare l’islam con violenza e ritardo civile non è più grave di quello di sottovalutarne la diffusione tout court in una società occidentale secolarizzata, fragile, in balia della prepotenza e delle impunità scambiate per diritto.

Basterebbe contare i Paesi a maggioranza islamica con tradizioni democratiche o buttare un occhio ai sistemi penali pakistani, sauditi, malesi, marocchini. Basterebbe riflettere sui principi di reciprocità o sulla condizione sociale della donna in Senegal, in Sudan, nel Brunei, in Qatar, in Mali, in Turkmenistan. Basterebbe viaggiare un po’ e rendersi conto di quanto sia pericolosa l’idea di un progresso unilaterale e a tutti i costi.

Le menti radical così pronte a dichiarare oscurantista una virgola del cardinale Ratzinger o omofobico uno starnuto di Putin chinano gli occhi davanti a un fenomeno macroscopico imbarazzante perfino per un’intelligenza mediocre. Nessuna traccia nemmeno delle battagliere figlie dell’emancipazione femminile sempre pronte ad evirare quel che resta del maschio occidentale. Ma questo è il vento ormai e la libertà vale a seconda di chi la chiede: chi sparava a zero contro Papa Benedetto è lo stesso che un anno fa scriveva Je suis Charlie del resto…

Se il pregiudizio ideologico riuscirà ad andare oltre il buon senso è difficile a dirsi. La furia della ragione è capace di accecare anche se stessa. Il nemico dell’Occidente non è l’islam, ma il suo autolesionismo. Proprio Benedetto XVI citando Pascal diceva che la ragione non sottomessa a principi assoluti rende ciechi. Gli dava ragione perfino la sua ammiratrice atea Oriana Fallaci, quando sosteneva che l’Occidente è senza difese perché ha smesso da un pezzo di volersi bene. Un bizzarro senso della libertà e un’idea strumentale della tolleranza significano proprio questo.

Poveri noi, povera Europa, povero mondo.

(foto: miniatura del XV secolo della battaglia di Nicopoli)