Dopo tre giorni di clamore la Francia conclude un incubo con un bilancio di 20 morti. Sarebbe semplice strappare consensi semplicemente condannando l'attacco ed accodarsi ai tanti "Je suis Charlie". Purtroppo non sono un politico, non riesco a farlo.
Non voglio sminuire la gravità dell'accaduto d'oltralpe, per quello ognuno ha il diritto alla propria libera opinione, voglio solo ricordare qualcos'altro.
Esistono luoghi in cui quotidianamente avvengono stragi ben peggiori che al massimo strappano un trafiletto sui giornali. Il più lampante, negli ultimi anni, è il conflitto in Siria ma si possono aggiungere l'Iraq, la Nigeria, l'Afghanistan, la Libia e svariati altri.
Dall'inizio della guerra in Siria le vittime sono state oltre duecentomila. Questo conteggio significa in media 10 volte il bilancio che ha sconvolto le prime pagine dei notiziari europei degli ultimi giorni, la differenza è che avviene ogni giorno e da quasi quattro anni.
La guerra in Siria, come quella che ha ridotto all'anarchia la Libia, è stata innescata ed è ancor oggi alimentata (anche) da civili, tolleranti, integranti e "colti" paesi occidentali.
In Europa nessuno è sceso in piazza per le 40, 80, 130 vittime delle autobomba che saltavano per aria in Iraq ben prima dell'arrivo dell'ISIS.
Quale il motivo?
Temo che sia perché si trattava semplicemente di siriani, iracheni, libici, nigeriani, afghani.
La morte non ha lo stesso effetto sulle persone?
La perdita di un figlio, un congiunto, un amico o di un commilitone provoca un dolore differente a seconda della latitudine di appartenenza?
No, a meno che non si tratti di untermenschen, "popoli inferiori" come definivano i nazisti i "non ariani".
Il messaggio che un giorno qualcuno trarrà dallo studio della storia odierna sarà: nel 2015, a 70 anni dalla sconfitta, il nazismo non era mai stato così forte?
Su youtube si possono trovare centinaia di video caricati dagli attori dei conflitti in corso. Mi sconvolge come molti, in cui vengono sgozzati (senza censure!) inermi cittadini, non abbiano che pochissime visualizzazioni. Spesso le vittime sono semplicemente "colpevoli" di essere "cristiani" o familiari di un soldato. Le testimonianze di queste atrocità sono frequenti ma senza eco nell'opinione pubblica.
Temo in questi termini, per quanto sia impopolare scriverlo, di sentirmi più vicino alle vittime ebree di Parigi: ree non di attività che, per quando inaccettabile, hanno provocato una reazione ma semplicemente di un'identità.
Fintantoché i 2.000 morti assassinati al contempo in Nigeria non provocheranno la stessa reazione tra gli europei dei 20 francesi uccisi in questi giorni non potremo a ragione condannare, senza sentirci degli ipocriti, ogni "ismo".
Andrea Cucco