Sig. Presidente, non possiamo negare che è con vivo sconcerto che oggi, 16 dicembre, leggo che Ella si è dichiarato fortemente contrariato delle notizie giunte da Nuova Delhi circa gli ultimi negativi sviluppi della vicenda dei Marò e che resterà in stretto contatto con il Governo e seguirà con attenzione . etc. etc. (così da un comunicato del Quirinale).
Il nostro vivo sconcerto, che credo sia di tutti quanti sono informati meno sommariamente di quanto la stampa ha cercato di fare in modo che potesse esserlo la pubblica opinione e che nelle persone dei nostri due Militari, delle loro famiglie e dei loro amici e colleghi, sia rabbia ed indignazione, è determinato dal fatto che la decisione odierna della Corte Suprema Indiana e gli sviluppi di tutta l'annosa vicenda sono quelli che erano prevedibili. Il naturale seguito allo sciagurato tradimento dei sottufficiali dei Fucilieri di Marina Latorre e Girone perpetrato in Italia nel marzo 2013, quando, dopo che Ella, Signor Presidente, li aveva ricevuti nel Suo Palazzo tributando loro un onore che si rende ai vincitori di una dura prova a conclusione di essa (non certo per un gesto di solidarietà a degli imputati, pur ritenuti innocenti e perseguitati). Il Governo Monti, già dimissionario, con un voltafaccia vergognoso, di cui, tra l'altro, era uno dei principali artefici, in un modo particolarmente odioso, il ministro direttamente responsabile del ramo in cui avevano operato i nostri militari, già, presumibilmente, alla ricerca di una vistosa collaborazione nel mondo degli affari in cui si proiettavano le ombre delle tangenti Indiane, ha sconfessato clamorosamente il Suo gesto, ha negato il ruolo oramai dal nostro Paese, per Suo tramite, riconosciuto ai due Marò e li ha rispediti in India, a fare, più che da imputati di un delitto inconcepibile (l'omicidio volontario) del quale si presumono in quel Paese colpevoli, gli ostaggi di chi sa quale manovra.
Ci saremmo attesi allora da Lei, Signor Presidente, un gesto diretto ad impedire che questo tradimento fosse perpetrato. Quanto meno un gesto, una parola di disappunto e di conferma dell'onore e della pienamente positiva valutazione dell'operato dei due nostri connazionali, impiegati in una missione in difesa di vitali interessi italiani.
Ma non basta. Cè stato chi, pur investito di pubbliche responsabilità e prossimo a ricevere l'incarico di vice ministro degli Esteri, è giunto al punto di esprimere parole di scherno nei confronti della paziente opera compiuta per far venire e trattenere in Italia Girone e Latorre e di malcelato compiacimento per il fallimento di essa conseguente alla volontà dei ministri preoccupati degli affari dopo che essa poteva considerarsi compiuta. Una dichiarazione che implicava dileggio sui Suoi compiti. Ciò non ha impedito che quel tristo personaggio fosse nominato vice ministro degli Esteri, superando quel vaglio che si ritiene sia sempre stato compiuto da Lei all'atto della formazione dei Governi.
Più recentemente quel personaggio, che aveva pure prospettato la necessità di adoperarsi perché gli Indiani non infliggessero ai Marò una pena superiore a sette anni di reclusione, ottenendo che fossero mandati a scontarla in Italia, si è pubblicamente affermato, senza smentite, sarebbe stato da Lei preferito al posto di Gentiloni.
Che cosa ci si poteva e ci si può attendere da Autorità Indiane, che pure avevano mostrato di attendersi che, in effetti, Latorre e Girone non sarebbero stati fatti tornare in India, dopo la licenza elettorale, accettando che l'impegno del Governo Italiano fosse nei limiti dei suoi poteri costituzionali?.
Signor Presidente!
La Sua attuale dichiarazione di disappunto per la piega che sta prendendo la storia dei questi nostri Soldati, suscita, essa sì, stupore e dolorosa delusione. Perché, ci consenta, non può apparire del tutto comprensibile, non potendo allora, quando Ella nulla fece e nulla disse per impedire il tradimento dei nostri Marò, non esserLe chiara la catena di conseguenze che da quell'insana decisione sarebbe derivata.
Non Le nego il diritto all'amarezza, che si ha e si deve avere di fronte alle conseguenze di propri errori. Ma Ella non può oggi pubblicamente dolersi di quanto ora avviene, dichiararsene fortemente contrariato come se si trattasse di qualcosa dovuta esclusivamente a storture ed ingiustizie altrui.
Non è questo il tono che vorrei poter usare rivolgendomi al Supremo Rappresentante del mio Paese, ad un Uomo degno di rispetto e di ossequio, non solo per la Sua altissima carica.
Ma ritengo che sia insensato ripetere riportiamo a casa i nostri Marò ignorando responsabilità ed errori commessi in quanto è fino ad oggi accaduto.
Tanto Le dovevamo, da cittadino, con l'augurio che quanto potrà essere compiuto in seguito non soffra della preoccupazione di coprire responsabilità del passato.
Mauro Mellini
Fernando Termentini