L’analisi che ho svolto fin da quel lontano 15 febbraio 2012 ha indotto in me certezze e dubbi. A dire il vero più perplessità che convincimenti per come l’intera vicenda è stata affrontata nel tempo.
I convincimenti sicuri sono tre, tutti importanti. Il primo riguarda il palese link lungo il quale è stato trasmesso dal governo Monti e da quello Letta un modus operandi che è arrivato all’esecutivo attuale. Non ultimo il richiamo al silenzio, quasi in analogia alla “secret Diplomacy” invocata dall’ex .inistro Bonino, con risultati tutti da dimostrare.
La seconda certezza riguarda le responsabilità ed i motivi per cui il 22 marzo 2013 i due marò sono stati rimandati in India, il cui accertamento è stato affidato all’analisi della magistratura.Infine, l’assoluta espressione di senso dello Stato e valenza etica delle dimissioni dell’ambasciatore Giulio Terzi da ministro degli affari esteri. Un atto di dignità personale avvenuto nel momento che l’interessato ha avuto la consapevolezza che sui diritti di due militari italiani aveva prevalenza l’interesse di lobby economiche e che i due marò erano stati svenduti per “trenta denari”.
A fronte di questi riscontri oggettivi solo perplessità. Prime fa tutte quelle che emergono da recenti e ripetute dichiarazioni del ministro della difesa e di quello degli affari esteri, che potevano indurre a sperare in una rapida e concreta soluzione del caso, ma che improvvisamente fino ad ora non hanno trovato reale oggettivazione.
Molti i dubbi che sorgono da quanto ci dice la ministro Mogherini e che suscitano spontanee domande nonostante che la stessa abbia “raccomandato silenzio”, laddove tacere potrebbe significare togliere al cittadino il diritto di sapere.
Chiedo quindi scusa alla ministro se vado ad intaccare le sue “raccomandazioni di silenzio”, ma nella fattispecie non sono condivisibili e per taluni aspetti inaspettate perché riferite anche ad aspetti sostanziali come quello di aver investito risorse dello Stato per coinvolgere esperti internazionalisti stranieri, anche se in Italia disponiamo di accademici di chiara fama competenti nello specifico settore giuridico del diritto internazionale e del mare.
Una scelta che in assenza di chiarimenti si è indotti a pensare che forse deriva da carenze di informazioni in possesso del ministro sulla realtà del mondo accademico italiano nello specifico settore, che potrebbero derivare dalle pregresse esperienze universitarie e professionali della ministro. Laureata in scienze politiche con una tesi di filosofia politica sul rapporto tra religione e politica nell’Islam, fatta durante l’Erasmus a Aix-en-Provence, in Francia e con un’esperienza internazionale come responsabile delle relazioni internazionali del PD seguendo dossier relativi all'Iraq, l'Afghanistan, il processo di pace in medio oriente (Fonte : http://it.wikipedia.org/wiki/Federica_Mogherini).
Propongo, quindi, tre semplici quesiti con l’auspicio che pur nel rispetto della riservatezza invocata, la ministro mi conceda una risposta come, invece, non avvenuto in occasione di una mia lettera inviata all’atto del suo insediamento.
1) Ministro, un’agenzia ansa del 4 luglio riporta alcune sue testuali dichiarazioni quali, "in questi 5 mesi il governo ha dato un'impronta un po' diversa" che "punti al risultato, il ritorno a casa”. Ha anche ricordato che l'Italia ha dato l'avvio "ad una fase diversa, l'internazionalizzazione" della vicenda. "Proprio ieri abbiamo lavorato con i giuristi internazionali" incaricati dal governo, e "nel momento in cui ci saranno passaggi concreti da comunicare lo faremo, in questa fase stiamo lavorando".
Perché giuristi internazionali ministro e non italiani e cosa significa internazionalizzazione quando atti giuridici internazionali come l’arbitrato risulta che ancora non siano stati avviati?
2) Un’altra agenzia del 3 luglio riporta che lei abbia dichiarato "E' più utile una parola in meno che in più", ha sottolineato il ministro che peraltro si è impegnato a riferire "nel momento in cui ci dovessero essere passaggi in cui è bene che il parlamento sia informato".
Ci vuole spiegare quale sia l’utilità di una parola in meno in una fase in cui le carte da giocare sono note a tutti? Forse perché si ha poco o nulla da dire!
3) Ci dice ancora ieri che sui marò "non siamo in una fase di riflessione ma in una fase operativa che non è né facile né breve" ma il "lavoro è costantemente in corso e il livello di internazionalizzazione è avviato anche se complicato".
Torno a chiederle con la modestia di una persona che dalle sue parole non riesce a capire, cosa significhi “internazionalizzazione” se non si attuano gli atti previsti perché la vicenda sia sottoposta all’attenzione di un giudice internazionale? Forse, ma sarebbe interessante saperlo da lei, vuol significare chiedere aiuto agli USA piuttosto che all’ONU o ancora peggio affidarsi ad un team di esperti internazionali non meglio identificati a meno dell’inglese sir Daniel Behtlehem, ex consigliere giuridico del United Kingdom Foreign & Commonwealth Office non particolarmente esperto in diritto del mare come si evince dal suo CV?
Tre semplici domande che se rimarranno tali ogni illazione o personale convinzione sarà lecita.
Un’opinione immediata è quella che coinvolgere esperti internazionali o chiedere l’impegno di altri Stati per risolvere la vicenda non rappresenta l’internazionalizzazione del caso, ma l’ennesima dichiarazione di debolezza della nostra politica estera ed un ulteriore cedimento di sovranità nazionale, di cui siamo stanchi almeno io e gli altri 387 cittadini italiani che hanno sottoscritto l’esposto presentato per sollecitare l’interesse del magistrato su fatti non chiari della vicenda, compreso l’attendismo a cui stiamo assistendo.
Fernando Termentini