Marocchino clandestino uccide un 27enne

14/03/15

Amine Aassoul (nella foto), 29enne marocchino, ha ucciso un giovane ternano, Davide Raggi, solo perché il ragazzo aveva osato guardarlo.

Un omicidio senza motivo che potrebbe rientrare negli eventi casuali che possono accadere in una città se non fosse collegabile ad una serie di circostanze del passato che non permettono conclusioni semplicistiche che offenderebbero il morto, la sua famiglia e tutta la società italiana.

Amine Aassoul, l’assassino, già dal 2007 viveva a Terni per ricongiungersi alla madre che vi risiedeva con un italiano. Aveva ottenuto un permesso di soggiorno destinato a durare però molto poco in quanto revocato perché il soggetto si era reso responsabile di azioni non lecite a Porto Recanati, Fermo e Civitanova Marche.

Era stato quindi espulso dall’Italia e riaccompagnato in Marocco.

Assoul, però, era tornato in Italia nel maggio dell’anno scorso, sbarcando a Lampedusa clandestino fra i clandestini. Immediatamente aveva inoltrato richiesta di asilo politico, come da prassi, anche se poi respinta con atto notificato nell’ottobre u.s.

A questo punto la vicenda si connota di giallo ed induce alcune domande a cui qualcuno dovrebbe dare una risposta. Quesiti il cui oggetto non riguarda solo e solamente le vicende giudiziarie di Aassoul, ma l’intera sicurezza del Paese.

Ne proponiamo quattro al Ministro Alfano e chissà che non sia in grado di chiarire la vicenda.

1. Amine, quando è stato espulso dal nostro Paese per i fatti non leciti a lui ascritti, è stato identificato secondo le normali procedure riservate a chiunque prevarichi la legge italiana? Foto segnaletiche, registrazione dei documenti in suo possesso, rilevamento delle impronte digitali, individuazione e registrazione di possibili segni caratteristici (tatuaggi, cicatrici, ecc.).

2. Quando è rientrato in Italia con un flusso di migranti ed ha chiesto l’asilo politico sono state compiute analoghe procedure di identificazione o ci si è limitati a riportare i dati dei documenti in suo possesso, magari falsi? In caso affermativo gli elementi identificativi sono stati confrontati con quelli archiviati nei database del Viminale per un riscontro che, guarda caso, sarebbe risultato positivo?

3. Se all’arrivo, prima di dare corso alla domanda di asilo, la prassi identificativa fosse stata condotta e sviluppata con i dovuti risconti, il marocchino sarebbe stato immediatamente identificato come colui che nel 2007 era stato espulso. Persona, quindi che non poteva presentare alcuna domanda di asilo ma che aveva un unico diritto, quello di essere immediatamente arrestato e rimandato in Marocco. Questa prassi è stata seguita? I fatti direbbero il contrario in quanto Aassoul ha presentato la sua domanda e nel frattempo è ritornato a far parte del contesto sociale da dove era stato espulso per fatti contrari alla legge. Un’opportunità che è inutile negarlo ha aperto la porta a quello che è accaduto. Forse qualcosa dovrebbe essere chiarito o si chiede troppo?

4. Durante la fase istruttoria della domanda di richiesta di asilo poi respinta, probabilmente sarebbe stato possibile verificare chi in realtà fosse l’individuo confrontando, almeno in quel momento, impronte o quanto altro con i dati identificativi che la Questura di Terni avrebbe dovuto possedere stante i fatti del 2007. Non sembra che sia stato fatto in quanto gli è stata concessa la proroga di trenta giorni perché potesse fare ricorso. Perché invece non è stato rimandato immediatamente in Marocco?

Sul fatto il Ministro Angelino Alfano commenta: "Che il killer non esca più di galera".

Giusto caro Ministro ma forse se ci aiutasse a capire rispondendo alle mie modeste domande potremmo arrivare alla conclusione che ora in Italia ci sarebbero un morto ammazzato ed un clandestino in meno.

Non rientra, forse, tutto ciò nel primario dei compiti del Ministero da Lei gestito, che è quello di prevenire e poi perseguire?

Fernando Termentini