L’Islam non ha un centro, una struttura di comando, qualche autorità che aiuti il credente ad interpretare le sacre scritture dando loro il significato appropriato. Per questo i contenuti dei testi sacri islamici possono essere proposti, come avviene oggi, in maniera strumentale per giustificare azioni terroristiche anche sanguinarie, in particolare attraverso i centri di cultura islamici e le moschee sparsi nel mondo.
Un’azione di proselitismo in cui giocano un ruolo fondamentale anche le Organizzazioni Non Governative islamiche con l’apparente scopo di formare operatori preparati a portare aiuto ai bisognosi.
La maggior parte delle ONG islamiche ha ufficialmente finalità umanitarie. In realtà, però, ed in particolare a partire dalla guerra in Bosnia ed in Kosovo, quelle più importanti e con consistenti risorse finanziarie assicurate da Stati arabi come lo Yemen, il Qatar e l’Arabia Saudita si sono spesso rivelate strumento principale per diffondere “in modo protetto” l’Islam radicale, specialmente tra le popolazioni delle Nazioni in via di sviluppo dove venivano accreditate.
Vettori insospettabili protetti dalla missione umanitaria sviluppata, che hanno diffuso e diffondono i concetti del radicalismo islamico anche in Africa, ora gettito dei flussi migratori verso l’Occidente.
Strutture che attraverso forme di “aiuto umanitario” veicolano denaro, fanno proselitismo che molto spesso si traduce in un vero e proprio reclutamento di personale da avviare ai campi di addestramento. Realtà che hanno origini lontane, quando negli anni ’80 venivano preparati in Afghanistan i mujaheddin afghani da cui si distinse poi il wahabita Bin Laden, molti dei quali successivamente importanti combattenti a fianco dei bosniaci nella guerra nei Balcani.
Un ruolo spesso fondamentale quello delle ONG islamiche per facilitare l’inserimento nei territori nel mirino del radicalismo di gruppi di cellule dormienti, addestrate specificatamente per compiere attentati terroristici su input del vertice di riferimento, generalmente anche legate a gruppi malavitosi locali da cui ottengono copertura e sostegno logistico in cambio di armi e droga.
Fra le più controverse ONG, indagate od accusate di terrorismo, per memoria, citiamo: la Lega Mondiale Musulmana costituita a la Mecca negli anni ’60. Dopo l’attentato alle Torri Gemelle del settembre 2001 un suo esponente, Abdul Rahman Alamoudi, è stato arrestato per finanziamento a gruppi terroristici. La Lega è ancora attiva oggi con uffici nei cinque continenti.
La fondazione “Al Haramain” con sede principale a Ryad con lo scopo principale di assistere le comunità islamiche nel mondo. Il suo nome è stato associato agli attentati contro le ambasciate americane di Nairobi e Dar es Salaam nel 1998. E’ attiva in Somalia e lo è stata anche in Bosnia negli anni ’90 a favore dei battaglioni di mujaheddin afgani alleati del governo di Sarajevo. E’ stata messa al bando anche dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
La fondazione “Al Mouwafaq”, anch’essa ha la sede principale a Ryad. Ha anche vari uffici di rappresentanza in Europa e nei Balcani. Scopo principale è dare sostegno ai rifugiati musulmani nel mondo. E’ stata accusata di legami con la Jamaat Islamiyahegiziana, finanziando un battaglioni di mujaheddin egiziani che combattevano in Bosnia con il nome di Brigata Mouwafaq. Ha una filiale a Monaco, in Germania, sospettata di collegamenti con al Qaeda.
Il Consiglio di Coordinamento Islamico fondato nel 1986, con sede principale a Peshawar, in Pakistan, ed opera a favore dei rifugiati afghani con finanziamenti privati in maggioranza provenienti dall’Arabia Saudita.
L’Organizzazione del Soccorso Islamico Internazionale (International Islamic Relief Organization – Hay’at al Ighatha al Islamiyah al Alamyah), fondata nel 1979, ha la sua sede principale a Gedda con sedi distaccate in 90 Paesi del mondo. Scopo principale è quello di fornire assistenza agli orfani dei rifugiati e alle vittime della guerra.
Per quanto riguarda l’Africa, invece, è molto attiva un’altra organizzazione: l’agenzia dei Musulmani d’Africa. Con sede in Kuwait è legata non più al mondo wahabita, ma a quello dei Fratelli Musulmani. Questo organismo opera ed è presente in 34 Paesi del continente africano. Attualmente gestisce progetti agricoli in Mali, fornisce assistenza alle popolazioni tuareg, offre borse di studio agli africani islamici, assiste gli orfani, costruisce moschee ed è sospettata di finanziare la Al Ittihad al Islamyah dello Sheykh Hassan Dahir Aweys in Somalia.
La disseminazione geografica di queste strutture, le loro disponibilità finanziarie e la capillare permeazione sui territori ne fanno i vettori principali delle possibili “cellule dormienti” da dislocare nei Paesi nel mirino delle formazione radicali islamiche.
Persone insospettabili alcune naturalizzate nei Paesi occidentali come ad esempio i pakistani / inglesi autori degli attentati alla metropolitana di Londra, altri mescolati fra le migliaia di disperati che ogni giorno dalla Siria, dall’Afghanistan, dalla Libia e dalle regioni dell’Africa subsahariana raggiungono l’Italia per poi sciamare in tutto l’Occidente.
Molti parlano delle cellule dormienti, spesso con una certa superficialità, sia nel mondo della comunicazione sia soprattutto a livello istituzionale. Il cattivo uso della frase "cellula dormiente" oscura distinzioni importanti e contribuisce ad aumentare la confusione generale sulla natura della minaccia jihadista che incombe sul mondo occidentale.
Nella terminologia di spionaggio, un "dormiente" (Sleeper) è un elemento infiltrato nella società o, anche, nelle Istituzioni di uno Stato nel cui ambito opera correttamente secondo i compiti leciti a lui assegnati, rimanendo in “sospeso” fino a quando viene attivato da un segnale prestabilito o da un susseguirsi di eventi concordati in precedenza con la “cellula madre”.
Nuclei dormienti sono sparsi nel mondo fin dalla metà degli anni 1990, quando al Qaeda istituì un centro a Nairobi, in Kenya, mascherandolo proprio sotto le spoglie di una ONG di beneficenza chiamata “Aiuto per l’Africa”.
Attualmente le possibili cellule dormienti pronte ad essere operative sono mujaheddin reduci della jihad in Afghanistan, Bosnia, Cecenia e, più recentemente, salafiti somali ai quali si aggiungono i gruppi radicali operativi in Iraq, nello Yemen ed in Siria. Moltissimi di costoro con elevata probabilità, fin dai tempi della jihad in Afghanistan e Bosnia, fanno parte delle ONG islamiche legate alla Maktab al-Khidmat, o MAK. Una volta tornati nei Paesi di residenza mantengono le loro competenze paramilitari ed i legami con i commilitoni insieme ai quali avevano combattuto.
Personale preparato ed esperto che potrebbe disporre anche di materiale adatto a realizzare attentati terroristici “non convenzionali”, recuperato nei depositi di scorie radioattive sparsi in Africa, in particolare in Somalia ed in Tchad ed aggressivi chimici che giacciono incontrollati nei deserti della Libia, dell’Iraq o della Siria fra quelli sfuggiti all’ONU.
Lo stesso Obama, ha in varie occasioni paventato questo rischio. Uranio Impoverito e Plutonio, scorie delle centrali nucleari, materiali radioattivi conservati nei depositi una volta gestiti da grandi potenze nucleari come l’ex Unione Sovietica ed ora non più vigilati appropriatamente. Se mescolati ad ordigni esplosivi convenzionali consentirebbero di portare a termine attentati terroristici “sporchi” con effetti devastanti sulla popolazione civile.
Un Improvised Explosive Device (IED) “sporco” disperderebbe nell’ambiente polveri radioattive con proprietà letali immediate ed in grado di provocare un inquinamento ambientale residuo destinato a durare decenni, oppure sostanze chimiche o biologiche immediatamente mortali. Non a caso, notizia di oggi, l’Intelligence USA ha diramato una “Notice of Risk” sulla possibilità che terroristi del’ISIS potrebbero entrare in azione contaminando l’ambiente con il virus dell’Ebola, magari procurandolo attraverso operatori islamici umanitari dislocati in aree africane dove l’epidemia è in espansione.
Materiale radioattivo, chimico e biologico che potrebbe facilmente raggiungere l’Europa anche per il tramite di migranti ben addestrati ed inseriti nei flussi dei disperati che da un anno raggiungono le coste italiane.
Per ora l’ISIS ed il suo califfato parla all'Occidente con un approccio mediatico, ostentando sicurezza nel comunicare le proprie minacce. Tutto ciò avviene riprendendo i vecchi concetti dell’Islam radicale: la conversione di tutto il mondo alla fede in Allah, unico Dio ed unico Profeta. Un processo che ha subito un’accelerazione in un momento critico per l’Occidente, impegnato su fronti diversi ed in scacchieri distinti e separati.
Prima fra tutti la contrapposizione con la Russia che rende la stessa Russia meno attenta nel controllo degli alleati di sempre come la Siria, creando i presupposti perché ad Oriente si profili un clima di estrema incertezza che potrebbe rappresentare il sipario dietro il quale preparare azioni estremamente pericolose.
Terroristi pronti ad agire o solo preparati a costituire cellule dormienti hanno un substrato di accoglienza già pronto ed organizzato. Le migliaia di centri di cultura islamica e di Moschee sparse sul territorio italiano ed in tutto il resto d’Europa, ONG islamiche impegnate nell’umanitario a favore dei mussulmani. Tutte strutture ben organizzate che fanno riferimento anche alle comunità di mussulmani moderati, per mascherare il loro reale scopo di esistere.
In sintesi, la minaccia esiste ed è reale. Dal punto di vista mediatico, però, deve essere gestita con oculatezza e senza inutili allarmismi per scongiurare il pericolo dell’insorgere della psicosi collettiva del pericolo islamico che potrebbe portare ad un’attenzione diffusa piuttosto che concentrata sulla possibile minaccia. Sopravalutando, invece, il pericolo del Califfato si potrebbero infatti perdere di vista i segnali della preparazione di atti terroristici meno eclatanti della decapitazione di un ostaggio, ma più subdoli.
L’ISIS, ora alleato di Al Qaeda, sta mutuando le tecniche a suo tempo applicate da Bin Laden e con ogni probabilità ha iniziato a proiettare cellule addestrate all’azione terroristica forse anche rimodulando la dislocazione delle unità presenti da tempo in alcuni Paesi.
Tenere sotto osservazione l’eventuale nascita di nuove ONG islamiche sparse per il mondo o l’emanazione di sedi di quelle già operative, potrebbe rappresentare un importante indicatore per prevenire la minaccia.
Fernando Termentini