Non attira più nemmeno l’attenzione degli organi di informazione forse “ammoniti” a non dare risalto ad un fenomeno gestito con approcci non sempre condivisibili. Il flusso di disperati che sbarcano sulle coste italiane è ormai una realtà con la quale convivere ogni giorno.
Per contro viene dato risalto ad un twitter del Ministro Alfano che annuncia la cattura di un rapinatore omicida dell’orafo di Prati. Un giusto plauso alle Forze dell’Ordine ma anche una notizia di routine trattandosi di una normale operazione di Istituto. Non sarebbe male, invece, se il Ministro degli Interni accompagnasse questi ed altri “editti di successo” con qualche commento su come viene gestito il problema dei migranti e l’ordine pubblico collegato e sui palesi “ripensamenti” di qualche Prefetto sulla dislocazione dei migranti, come ci indicano i fatti in provincia di Treviso e di Eraclea.
La situazione è sempre più caotica. Sicuramente non aiuta nè la gestione del problema né un coinvolgimento condiviso e cosciente della popolazione italiana, certamente disponibile ad “accogliere”, ma nello stesso tempo in diritto di pretendere garanzie per la difesa della propri sicurezza e della proprietà privata.
Nulla viene chiarito. Solo frasi ricorrenti di noti buonisti che accompagnano quello di coloro che gestiscono l’accoglienza sotto l’insegna del “no profit”. Tutti all’unisono pronti a giustificare disagi, improvvisazioni gestionali maldestre e raffazzonate con la parola “emergenza”, usata per convenienza e non perché realtà oggettiva. Il processo migratorio è, infatti, ormai consolidato e con un trend assolutamente prevedibile nel tempo e quantificabile nei numeri e, quindi, da affrontare con una pianificazione seppure di massima (leggi).
Definirlo emergenza come ci trovassimo a fronteggiare un’improvvisa catastrofe naturale è, invece, un’esemplificazione quanto meno opportunistica perché giustifica decisioni che contrastano anche con i diritti dei cittadini italiani e perché consente, inoltre, di applicare normative “più snelle” per gli acquisti delle risorse necessarie o l’affidamento dell’assistenza dei migranti.
A questa discutibile definizione del processo in corso se ne sovrappone, ora, un’altra di natura giuridica. Un sofisma non chiaro nel momento che si difende lo status di profughi per coloro che arrivano sulle nostre coste ma nello stesso tempo la magistratura arresta gli scafisti per “favoreggiamento all’immigrazione clandestina”.
E’ già accaduto in passato come ampiamente pubblicizzato dalle fonti istituzionali e ieri confermato dall’arresto per questo reato dei due scafisti che hanno traghettato la famiglia della bambina siriana Ragad, lasciata morire sul gommone per coma diabetico dopo che costoro avevano buttato a mare le fiale di insulina di cui la bambina aveva bisogno.
Una domanda sorge quindi spontanea e la vorrei rivolgere al Ministro della Giustizia e degli Interni: sui gommoni vengono trasportati profughi o clandestini?
Ad oggi non è chiaro. Nemmeno il Parlamento pretende che sia fatta chiarezza con interrogazioni mirate.
Piuttosto, si preferisce continuare a parlare di emergenza, vocabolo assolutamente idoneo per giustificare l’inefficienza, la mancanza di programmazione e finanche la gestione estrema dell’ordine pubblico.
Fernando Termentini