“La forza schierata in Siria potrebbe finire per aiutare indirettamente lo Stato islamico. I russi sono presenti in zone dove non si registra la presenza dei fondamentalisti dell’Isis, ma di altri gruppi nemici dello Stato Islamico”. Il Royal United Services Institute ha pubblicato (la tempistica è a dir poco curiosa considerando l’incontro tra Putin ed Obama alle Nazioni Unite previsto per lunedì prossimo) una relazione che analizza l’attuale coinvolgimento militare in Siria.
Il rapporto, intitolato “Inherently Unresolved” (che potremmo tradurre come “Intrinsecamente Irrisolto”) valuta lo sforzo globale per contrastare la diffusione dello Stato islamico.
“Iraq e Siria potrebbero non sopravvivere come stati unitari”
Sappiamo ormai da giorni che i russi hanno schierato 28 aerei, ed alcuni battaglioni di fanteria e marina oltre ad un completo supporto logistico. Analizzando però le quattro basi russe (Mosca ha fortificato la base di Latakia, sulla costa mediterranea della Siria ed il porto di Tartus. Il perimetro difensivo adesso comprende anche la base militare di Al-Sanobar, a sette km a nord di Latakia, ed il complesso di stoccaggio di Istamo, a tre km in direzione ovest.
C’è qualcosa che non quadra secondo gli inglesi: "I russi sono schierati nelle zone dove sono operativi i gruppi come Jabhat al-Nusra e Ahrar al-Sham, nemici di Damasco, ma ostili anche allo Stato Islamico. Se le truppe russe combattessero contro di loro, aiuterebbero involontariamente il califfato”.
Nel rapporto si sottolinea che il dispiegamento russo non dovrebbe essere visto come un cambiamento della politica nei confronti dell’Isis, ma una mossa in gran parte politica progettata per risparmiare Assad e consolidare la presenza russa nella Regione.
“I russi potrebbero mirare a guadagnare il favore dell'Occidente e degli Stati arabi del Golfo, riluttanti a combattere l’Isis sul terreno. Il Cremlino potrebbe anche sperare che l'Occidente, mostrando il suo apprezzamento, alleggerisca le sanzioni imposte in risposta alla situazione in Ucraina".