I blitz, avvenuti a circa 20 chilometri dal centro di Raqqa, erano parte di un’operazione complessa, dove le forze aeree della Coalizione hanno effettuato 7 raid aerei come diversivo. Nel mentre si svolgevano le incursioni dei cacciabombardieri, due elicotteri hanno tentato di infiltrare due squadre di incursori per recuperare i prigionieri a Rumelia, una zona ad est di Raqqa.
L’operazione sarebbe fallita in quanto i carcerieri jihadisti a guardia degli ostaggi, dopo aver rilevato i velivoli in avvicinamento, li avrebbero costretti a riprendere quota sotto il pesante fuoco delle mitragliatrici.
Il secondo tentativo, è fallito nella campagna di Raqqa, più esattamente nella zona di Alekershi.
È ipotizzabile che, la mancata esfiltrazione e la conseguente uccisione degli ostaggi, possano ingenerare effetti negativi geopolitici tali da destabilizzare l’area e la Coalizione. Infatti le autorità giordane erano in trattativa con i rapitori per la liberazione del tenente Kassasbeh, ma le richieste dei jihadisti includevano l’uscita di Amman dalla Coalizione, oltre alla liberazione di alcuni terroristi dalle carceri giordane.
Un’ipotesi inammissibile per gli USA, in quanto diversi reparti e molti velivoli della Coalizione sono basati in Giordania, ma questa ingerenza nella trattativa potrebbe comunque agevolare il processo di uscita dei giordani, ed altri paesi sunniti potrebbero seguirne l’esempio, tramutandolo in un effetto domino a favore del Califfato. Se tale scenario non si verificherà, aver interrotto le trattative in corso tra Amman e l’Isis, sembra mediate da capi tribù della provincia irachena di al-Anbar, renderà sicuramente più complicati i rapporti tra statunitensi e giordani.
Giovanni Caprara
(foto: archivio U.S. DoD / web)