I Berretti Verdi nella guerra con la Cina

(di Tiziano Ciocchetti)
24/11/21

Negli ultimi vent’anni, le Special Forces statunitensi (e non solo) si sono addestrate e hanno operato in un contesto strategico fortemente permissivo, contro avversari inferiori da un punto di vista tecnologico e potendo disporre del completo dominio dei cieli.

Ora, non è certo un mistero che le Forze Armate di Washington si stiano preparando a un probabile conflitto convenzionale con la Cina (assai meno probabile con la Russia). Lo USSOCOM (United States Special Operations Command) non vuole certo farsi trovare impreparato, in special modo le forze speciali dell’U.S. Army che ne costituiscono la componente più numerosa.

In pratica si tratterebbe di un ritorno al passato. Prima della guerra al terrorismo (come se fosse possibile fare la guerra a una tattica) i Berretti Verdi si addestravano principalmente alle azioni dirette (DA) contro obiettivi strategicamente paganti, come ponti, tratti ferroviari, costruzioni industriali (fabbriche, depositi), aeroporti e altre infrastrutture la cui distruzione avrebbe rappresentato un duro colpo all’apparato logistico del nemico. Una tipologia di missioni che vedeva nell’eventuale conflitto con il Patto di Varsavia, nel teatro europeo, la sua massima espressione.

Nel corso del conflitto del Vietnam, le Special Forces americane furono impegnante in una serie variegata di operazioni, come l’addestramento delle forze regolari e irregolari (i Montagnard), quello che oggi è conosciuta come attività di mentoring e accompanying.

Tali rapporti addestrativi furono inizialmente stabiliti nel dicembre 1961, con la messa a punto di un programma pilota della difesa di un villaggio nella provincia di Darlac. Sette Berretti Verdi, insieme a un contingente di sud vietnamiti, vennero incaricati di sviluppare nella zona progetti a favore della popolazione civile. La strategia era quella di conquistare i cuori e le menti, grazie alla massiccia fornitura di medicinali, denaro e altri generi di conforto.

All’inizio del 1962, un distaccamento (12 uomini) del 1st Special Forces Group si unì al precedente per addestrare al combattimento gli uomini del villaggio. Visti i risultati positivi ottenuti il programma venne implementato con l’arrivo di altri 5 distaccamenti, dando l’avvio al piano CIDG (Civilian Irregular Defense Group). Nel luglio del 1964 18 team di Berretti verdi controllavano 11.250 “cidgees”, in campi situati ai confini con il Laos e la Cambogia.

In seguito agli attacchi dell’11 settembre e al dispiegamento del dispositivo militare americano e alleato in Afghanistan per abbattere il regime talebano (tornato poi dopo vent’anni al potere), i Berretti Verdi hanno pianificato e condotto un ampio spettro di missioni. Come nel sud-est asiatico, gli operatori delle Special Forces, hanno preso contatto con le popolazioni locali, stringendo rapporti con le milizie. Ciò è stato reso possibile anche grazie alla conoscenza dei dialetti locali (Fort Benning dispone di una eccellente scuola di lingue).

Le pedine operative delle Special Forces Group sono gli Special Forces Operational Detachment “A”, o semplicemente SFOD, i quali costituiscono l’elemento operativo di base dell’intera struttura, permettendo di creare le formazioni organiche che di volta in volta possono essere più confacenti alle necessità della missione.

Ogni SFOD è composto da 12 elementi. Il comando è affidato a un capitano, assistito da un warrant officer (grado intermedio tra ufficiale e sottufficiale), che agisce da vice comandante. Due sottufficiali anziani sono addetti alle comunicazioni e alle informazioni. Completano l’organico della SFOD due sottufficiali addetti alle armi, due specialisti EOD (Explosive Ordnance Disposal), due addetti alle trasmissioni e due paramedici. Ogni coppia (brick) è costituita da sergenti di gradi differenti, uno più anziano dell’altro ma entrambi con il medesimo incarico.

Se la situazione lo richiedesse, sarebbe possibile dividere lo SFOD in due team di 6 operatori, mantenendo all’intero di ciascun distaccamento l’intero ventaglio delle specializzazioni operative.

In un contesto operativo come il Pacifico Meridionale, caratterizzato dalla presenza di catene di piccoli atolli, alcuni dei quali artificiali, contro forze convenzionali dotate di massiccio supporto logistico, le SFOD agirebbero sfruttando la loro competenza nelle tattiche di piccole unità, al fine di distruggere le difese nemiche, eliminare bersagli chiave, raccogliere informazioni e fornire una maggiore manovrabilità, aumentando così le possibilità di successo delle unità convenzionali amiche.

Molto probabilmente un distaccamento delle Special Forces verrebbe infiltrato in profondità nel dispositivo avversario (magari utilizzando naviglio sottile), con l’obiettivo di penetrare le bolle A2/AD del nemico. Tali bolle sono il risultato di sistemi integrati, quali radar, C4I, missili antinave, superficie-aria, etc, in modo da impedire, alla flotta americana, di avvicinarsi a obiettivi sensibili.

Quindi il compito principale dei Berretti Verdi sarebbe quello di inibire i sistemi anti-accesso cinesi (un colpo calibro .50, anche da lunga distanza, metterebbe fuori uso qualunque sistema radar), consentendo così alle forze convenzionali una maggiore libertà di manovra.

Foto: U.S. Army / web / U.S. DoD