I britannici utilizzeranno le cannoniere contro i pescherecci francesi?

(di Stefano Peverati)
15/12/20

Date le difficoltà ed il prolungarsi delle trattative riguardo alla Brexit (con l’eventualità che questa si concretizzi senza alcun accordo), porterebbero sollevarsi tensioni riguardo ai diritti di pesca nel Mare del Nord, al punto da richiedere l’intervento delle navi della Royal Navy a protezione del settore ittico britannico dai pescherecci francesi.

I titoli provocatori dei tabloid clickbait (trad. "acchiappaclic", ndr) che propongono di "inviare le cannoniere" lo fanno solo per garantirsi un’ampia copertura mediatica ed il conseguente introito, anche perché se il Regno Unito non ottenesse i diritti di pesca nelle proprie acque sarebbe un motivo di forte imbarazzo. Certamente la missione più antica della Royal Navy è quella di tutela della pesca nazionale. I pattugliatori che svolgono questo compito hanno in dotazione armamenti leggeri, ma per una buona ragione, il ricorso alla forza deve avvenire solo per poche e giustificate situazioni.

Inoltre, il termine "cannoniera" non è un termine navale propriamente riconosciuto ed è carico di connotazioni negative dei tempi dell'impero, quando la Gran Bretagna imponeva la sua volontà a potenze marittime inferiori ("Politica delle Cannoniere"). Il compito della Royal Navy, invece, è di sostenere gli interessi di Londra, che in alcune occasioni potrebbe significare ricorrere alla forza, ma in questo caso sarebbe del tutto controproducente.

Anche il suggerimento di prendere in considerazione l'apertura casuale del fuoco su imbarcazioni civili che sconfinano nelle acque del Regno Unito violerebbe il diritto internazionale, ostacolerebbe i negoziati e danneggerebbe la reputazione del Regno Unito nel mondo. Affondare un peschereccio metterebbe immediatamente i pescatori britannici in un pericolo simile, causando oltremodo un embargo totale sulle esportazioni di pesce e le restrizioni all'accesso ai porti.

La Royal Navy per tutelare le risorse ittiche dei suoi mari ha in forza il Fishery Protection Squadron, il cui ruolo è quello di monitorare, ispezionare e informare i pescatori di tutte le nazioni in caso di violazione dei regolamenti, sia che peschino in zone proibite, sia che utilizzino reti non a norma o che abbiano un'imbarcazione non sicura. In casi estremi. Ciò può anche implicare il dover scortare le barche in porto per essere sequestrate nonché il rinvio a processo degli skipper.

Se le relazioni con l'UE dovessero interrompersi, è probabile che le barche britanniche potrebbero essere sequestrate in operazioni di tipo tit-for-tat (trad. "pan per focaccia", ndr).

La Francia e altre nazioni europee hanno marine proprie e la capacità di far rispettare quello che vedrebbero come un loro interesse nazionale. Il Regno Unito non è più il dominatore dei mari, e anche se lo fosse, una nazione responsabile non metterebbe a rischio l’incolumità di civili per una controversia sulla pesca. I pescatori hanno già una delle attività lavorative considerata tra le più difficili e pericolose, sarebbe una follia far correre loro il rischio di operare in zone di conflittualità.

Questa disputa potrebbe avere alcuni paralleli con le “Guerre del merluzzo", una disputa di lunga data tra Gran Bretagna e Islanda sulle zone di pesca nel Nord Atlantico che divampò a intermittenza tra gli anni '50 e '70. Durante la terza "Guerra del merluzzo” 1975-76, la Royal Navy dispiegò fino a 3 fregate alla volta per totale di 22 fregate e supportate, ad ogni dispiegamento, da una nave ausiliaria.

Questi dispositivi cercavano di fermare le navi della guardia costiera islandese che tagliavano le reti dei pescherecci britannici. Ci sono stati diversi incidenti di speronamento da parte islandese con ben 15 fregate britanniche che hanno subito danni, ma nessuna delle due parti ha mai aperto il fuoco e nessun marinaio è mai rimasto ferito in modo grave.

Pur avendo molte più fregate di oggi, questi scontri con l’Islanda hanno gravemente compromesso la capacità della Royal Navy di sostenere i suoi compiti primari della NATO. Alla fine, il Regno Unito fu costretto a fare marcia indietro, in quanto il costo finanziario delle operazioni e l'impatto sulla flotta non erano giustificabili in relazione al reddito dell'industria della pesca, oltre al fatto che l'Islanda era ed è un partner chiave della NATO.

I pattugliatori d’altomare (OPV) sono lo strumento principale per la protezione della pesca e il Ministry of Defence afferma che dal 1 ° gennaio 2021, due pattugliatori saranno impiegato in mare, con altri due in porto pronti all’uso. Probabilmente gli OPV della I Serie della classe River HMS Tyne, HMS Mersey, HMS Severn assieme al HMS Tamar appartenente alla II Serie della medesima classe. Questa impostazione delle missioni di pattugliamento è sostenibile e solo marginalmente più robusta di quella che è stata regolarmente mantenuta negli ultimi due decenni. La Zona Economica Esclusiva del Regno Unito (ZEE) è ampia e, come abbiamo notato prima, la Royal Navy non ha il numero di unità necessarie per controllarla in modo efficace, sebbene sia supportata da risorse aeree e immagini satellitari. Ciò su cui si può fare affidamento è l'esperienza della Royal Navy, la professionalità nella condotta delle operazioni e l’abilità di navigare nei mari spesso tempestosi che circondano il Regno Unito.

La Royal Navy è riuscita a salvare i 3 OPV della I Serie della classe River dalla vendita nel 2018, tuttavia i 5 nuovi OPV II Serie formano lo “Overseas Patrol Squadron" e sono destinati ad essere schierati all'estero per alleviare la pressione sulle fregate e sui cacciatorpedinieri; infatti lo HMS Forth si trova impiegato nelle Falkland, lo HMS Medway è nei Caraibi e lo HMS Trent è appena tornato nel Regno Unito dal suo secondo turno nel Mediterraneo. Il nuovissimo HMS Spey, insieme all'HMS Tamar, potrebbe essere conservato nelle acque del Regno Unito. Essenzialmente la Royal Navy ha in forza 5 o 6 OPV su cui fare affidamento al momento, ma è probabile che solo 2 o 3 siano in mare in qualsiasi momento. Inoltre, la Scozia controlla le proprie acque e dispone di tre Marine Protection Vessels (MPV) (MPV Minna, MPV Jura e MPV Hirta) e due aerei Cessna Caravan II F-406.

Opinione diffusa è che la Gran Bretagna stia semplicemente rivendicando i propri diritti di pesca che ha ceduto quando ha sottoscritto la Politica Comune Europea della pesca nel 1970. In effetti, la politica ha dato agli stati dell'UE pari accesso alla ZEE comune. Naturalmente, in quanto stato insulare, il Regno Unito ha una delle più grandi ZEE ed è stato fortemente svantaggiato dalla PCP. Questa è stata una fonte di risentimento di lunga data contro l'UE da decenni.

La PCP presenta alcuni vantaggi, in particolare nel tentativo di conservare gli stock ittici e di garantire standard di qualità ed etichettatura; molto più controverse sono invece le quote fisse e i limiti al numero di giorni che i pescatori possono trascorrere in mare. Molte comunità di pescatori britanniche sono state decimate dalla PCP e risentono della presenza di barche europee che pescano nelle acque del Regno Unito. Oggettivamente il Regno Unito ha una rivendicazione del tutto equa ai sensi del Diritto Internazionale stabilito che precede qualsiasi accordo con l'UE per riprendere il controllo delle sue acque, ma il processo richiede una gestione molto sensibile. È sempre stato irrealistico aspettarsi che l'UE rinunciasse all'accesso alla ZEE britannica subito dopo la Brexit poiché sarebbero necessarie una lunga transizione e una ragionevole politica di dare e avere, inoltre molte delle specie ittiche pescate dai britannici non vengono vendute nel Regno Unito ma esportate nei paesi dell’UE. L’aumentare della controversia probabilmente vedrà questo mercato ridursi sempre più fino a una totale chiusura, rendendo più difficile la vendita delle risorse ittiche o la ricerca di nuovi mercati al di fuori dell'Europa. Le proteste e le azioni dirette da parte di agricoltori e pescatori francesi, riluttanti anche a obbedire alle regole del proprio governo potrebbe non essere di buon auspicio per una soluzione pacifica.

Il settore ittico è importante ma è solo un aspetto secondario degli interessi molto più ampi del Regno Unito in Europa e nel mondo. Nel 2019 l'industria della pesca britannica ha rappresentato lo 0,12% del PIL e gli analisti stimano che se le navi britanniche avessero accesso esclusivo alla ZEE ammonterebbe a circa 650.000 tonnellate di pesce in più pescato ogni anno, per un valore stimato di 400 milioni di sterline mentre i pescherecci del Regno Unito perderebbero probabilmente l'accesso alle acque dell'UE e circa 90.000 tonnellate di pescato per un valore di circa 100 milioni di sterline.

La Royal Navy lavora a stretto contatto con le marine europee in ambito NATO, un'alleanza fondamentale per scoraggiare le minacce da avversari sempre più aggressivi. L'idea di navi da guerra Royal Navy che si confrontano con altre navi da guerra della NATO è pura follia.

La Brexit, pur tra mille ostacoli, sta procedendo. Le parti in causa stanno lavorando in modo pragmatico per una soluzione vantaggiosa per tutti, compresi i pescatori. Entrambe le parti hanno avuto 4 anni per fare progressi, mentre l'UE frustrava il disertore per scoraggiare gli altri stati membri, i politici britannici si sono abbandonati a un circo caotico di sciovinismo e segnalazione di virtù.

Alla fine, si spera, la controversia sulla pesca sarà risolta solo al tavolo delle trattative e non con uno scambio di colpi in mare aperto.

Foto: MoD UK / web