Sono tanti i ricordi militari accumulati in soli 12 mesi di servizio di leva, figuriamoci per coloro che hanno dedicato un’intera carriera alla vita militare.
Qualcuno ritiene di dover assolutamente mantenere il riserbo (e non si capisce il perché) anche dopo il congedo, altri sono più disponibili proponendo e contribuendo a far conoscere aspetti sconosciuti del nostro esercito, come l’umanità.
Il luogotenente torna alla ribalta con un racconto di feeling sociale con la località che ospitava un’esercitazione. Un luogo dove si è recato diverse volte organizzandosi sempre meglio. Filippo premette: questo posto era stato utilizzato l’anno precedente dal mio maresciallo e maestro. Una figura a cui Filippo pare molto legato e che gli ha trasmesso – scusate il gioco di parole – la passione per le trasmissioni e non solo.
La casa di riposo
Alla fine degli anni 70 inizio 80, tutti i mesi di maggio i reparti delle trasmissioni dell’esercito erano impegnati in una esercitazione che si chiamava Dry-Iron. Il mio battaglione in questa esercitazione si schierava nella pianura Veneta dove, io e la mia squadra composta da 10/12 militari eravamo accampati in una località sui Colli Berici nei pressi di San Giovanni in Monte.
Un'area ad hoc per la “visibilità elettromagnetica”. Allora era importante essere in alto o in ampi spazi per assicurare l’ottimizzazione dei collegamenti. Sia gli automezzi che le antenne erano posizionate in un piccolo spiazzo sulla dorsale di una collina la cui proprietà era di un'Associazione che gestiva una casa di riposo per anziani.
Con il maresciallo e “maestro”, Filippo si recò un mese prima per una ricognizione e con l’occasione presero accordi con la direzione della struttura per anziani che autorizzò l’utilizzo dell’area e il consumo a pagamento dei pasti nella mensa, offrendo l’uso di una saletta riservata. Questa casa di riposo era molto bella, aveva molti servizi per gli ospiti e per quel tempo era già priva di barriere architettoniche.
Scelta del personale
Andare in esercitazione in quota e isolati aveva i suoi pro e contro, ma ad accomunare ognuno di questi luoghi è il ricordo delle poche persone che ci abitavano e del rapporto speciale che riuscivamo a instaurare con loro. Visto il contesto, era fondamentale la scelta dei giovani di leva da interessare all’esercitazione, optando per i più garbati.
Suona il rancio
L’entrata alla mensa era scandita da un valzer che veniva suonato a mezzogiorno con l’impianto di amplificazione e che si sentiva benissimo anche all’interno delle camere dove alloggiavano gli ospiti. Per entrare a mangiare dovevamo aspettare la fine di questo valzer viennese.
Dopo qualche giorno una signora di Rovigo, abbastanza allegra, mi invitò a ballare. Accettai e con il sorriso e gli anfibi ai piedi ballammo il valzer; fui il solo ad essere coinvolto perché gli altri non sapevano danzare.
Mentre ballavo notai che anche ad altre ospiti sarebbe piaciuto fare un giro di danza e, nei giorni successivi, accontentai altre tre dame.
Il Centro nodale
Al centro nodale tutto procedeva bene, non c’era nessun problema. Una mattina dal comando mi dissero che dovevo portare una linea al centro nodale infrastrutturale per inserirsi nella rete nazionale, iniziai subito una ricognizione a piedi per capire come stendere il cavo.
Non era un lavoro complicato, c’era soltanto un ostacolo da superare, l’attraversamento della strada provinciale, gli alberi per appendere il cavo non c’erano.
Il pensiero fisso
A breve distanza notai un tubo circolare in calcestruzzo inutilizzato che attraversava la strada, dentro c’erano erba e terriccio. Con un sasso legai i fili e lo lanciammo dentro il tubo. Dopo alcuni tentativi ci rendemmo conto che questo sistema non andava bene, il sasso sbatteva contro le pareti e si fermava. Non riuscì nemmeno il tentativo con una fila di rami attaccati l’uno all’altro perché questi poggiavano sulla terra e non avanzavano.
Ormai era ora di pranzo, interruppi il lavoro e andai a mangiare con il pensiero fisso su quel cavo... (Continua)
Leggi seconda parte - I racconti del luogotenente: il gatto caporale
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