I Sukhoi Su-25 dell'Iran

(di Andrea Gaspardo)
28/02/23

Tra il variegato insieme di velivoli che formano la prima linea da combattimento aereo della Repubblica Islamica dell'Iran, i Su-25 costituiscono senza dubbio il “mistero più intrigante”. Da quasi vent'anni, gli agili assaltatori di origine sovietico/russa solcano i cieli dell'Iran e delle aree limitrofe, avendo già avuto modo di distinguersi in un certo numero di occasioni, senza però aver ancora ricevuto la stessa copertura mediatica alla quale sono stati soggetti altri modelli di velivoli. Tuttavia, come spesso avviene in questi casi, per capire come l'erede del leggendario Ilyushin Il-2 Shturmovik sia finito a prestare servizio nel paese degli ayatollah, è necessario ripercorrere la Storia e risalire a quasi quarant'anni fa, all'ultima fase della Guerra Iran-Iraq.

Sempre a caccia di soluzioni rapide e a portata di mano per rafforzare la sua Aeronautica pesantemente impegnata nella guerra contro i vicini persiani, Baghdad optò per rivolgersi nel 1986 al suo principale fornitore di armi: l'Unione Sovietica, la quale decise di accogliere le richieste della sua “protetta”.

Il requisito iracheno era quello di permettere alla IrAF di ottenere un velivolo dedicato al supporto aereo (CAS) che le alte sfere di Baghdad individuarono proprio nel Sukhoi Su-25, cacciabombardiere assai performante che proprio in quel periodo si stava coprendo di gloria sopra i cieli dell'Afghanistan.

Tra il 1986 ed il 1987 gli iracheni acquistarono un numero complessivo di 73 Su-25, dei quali 69 appartenevano alla variante monoposto Su-25K mentre gli 4 erano invece della versione Su-25UBK, abbastanza per equipaggiare due reggimenti dedicati all'attacco al suolo.

Le varianti Su-25K e Su-25UBK rappresentavano le versioni del Su-25 espressamente sviluppate dall'Unione Sovietica nel 1984 per i clienti stranieri. Esse vennero offerte in due varianti: la variante “A” era destinata agli alleati del Patto di Varsavia e venne adottata da Cecoslovacchia e Bulgaria, mentre la “B” era rivolta ai clienti esteri non facenti parte di tale alleanza e, sul finire degli anni '80, venne fornita all'Angola, alla Corea del Nord e all'Iraq.

Una volta che i Su-25 divennero completamente operativi, nel 1987, furono intensamente impiegati dalla IrAF in missioni CAS (Close Air Support) e BAI (Battlefield Aerial Interdiction) fino al termine delle ostilità totalizzando almeno un migliaio di missioni di combattimento (nei periodi di maggiore sforzo, gli equipaggi dei Su-25 iracheni effettuarono anche 15 sortite al giorno lungo la linea del fronte).

Anche nel teatro operativo della Guerra Iran-Iraq il Su-25 dimostrò, come già avvenuto in Afghanistan, eccellenti doti di incassatore ed un'elevata capacità di sopravvivenza al fuoco nemico tanto che in almeno un'occasione un esemplare riuscì a sopravvivere e ad atterrare alla base dopo essere stato colpito dalla testata di un missile MIM-23 Hawk delle difese antiaeree iraniane.

Tuttavia, nonostante le indubbie vittorie, i due reggimenti d'attacco lamentarono anche un paio di perdite accertate: un Su-25K venne abbattuto da un missile MIM-23 Hawk sul finire del 1987 mentre un altro venne abbattuto nel maggio del 1988 da un F-4E.

Nel complesso, l'impiego operativo dell'assaltatore sovietico nelle file della IrAF nel corso del conflitto fu un grande successo certificato non solamente dal numero di missioni di combattimento e dal basso numero di perdite, ma anche dal fatto che, al termine del conflitto, Saddam Hussein in persona decise di decorare con la massima onorificenza militare tutti i piloti che avevano avuto l'occasione di combattere sul velivolo. Eppure, nella successiva Guerra del Golfo del 1991, i Su-25 iracheni vennero travolti esattamente come il resto della IrAF dalla furia dell'offensiva aerea della Coalizione a guida americana. Gran parte degli esemplari vennero distrutti al suolo e gli unici due che si alzarono in volo per attaccare le forze della Coalizione, il 6 febbraio del 1991, assieme a due Mig-21, vennero falciati senza pietà dagli F-15C statunitensi a colpi di missili AIM-9 Sidewinder. Un certo numero di Su-25K e Su-25UBK venne però evacuato in Iran e lì fu sequestrato dalle autorità del paese, assieme a numerosi altri velivoli sia militari che civili, che gli iraniani trattarono alla stregua di “riparazioni di guerra” per i danni subiti alcuni anni prima. In Iraq rimasero sì e no una dozzina di Su-25 che continuarono a servire nelle fila di una notevolmente depotenziata e degradata IrAF fino all'invasione americana del 2003 che ne segnò la definitiva fine.

In Iran, intanto, i Su-25 iracheni che ivi avevano riparato subirono dapprima un destino diverso rispetto ad altri modelli di aerei. A differenza di quanto avvenuto per i Mig-29 e i Su-24 descritti nelle precedenti analisi, la IRIAF non aveva alcun piano relativo all'introduzione in servizio di questo specifico modello di aereo perciò tutto ciò che se ne fece fu di lasciarli parcheggiati per anni, esposti alle intemperie, ai bordi delle piste della Tactical Fighter Base 3 (TFB 3) “Nojed” situata nell'area di Hamedan assieme a decine di altri velivoli di origine irachena.

Le cose cominciarono a cambiare nei primi anni Duemila quando, dopo le invasioni dell'Afghanistan (2001) e dell'Iraq (2003), gli iraniani cominciarono a sentire sul collo il fiato della presenza americana e, temendo di essere i prossimi a subire un'invasione, decisero di procedere al potenziamento del loro strumento militare. Nell'ambito di questo programma, i Pasdaran (o più formalmente: il “Corpo dei Guardiani della Rivoluzione Islamica”) colsero l'opportunità per riequipaggiare le loro forze convenzionali, in particolare modo la loro Forza Aerospaziale (AFAGIR).

Già nel 2003 nel corso di un'esibizione aperta al pubblico in occasione dell'anniversario dello scoppio della Guerra Iran-Iraq alla Tactical Fighter Base 1 (TFB 1) di Mehrabad, venne mostrato, tra gli altri, al pubblico un esemplare di Su-25 descritto come “operativo nelle Forze Armate del paese”. Sì scoprì in seguito che esso era solamente il primo dei Su-25K/UBK ex-iracheni che proprio allora stavano venendo riportati in servizio dall'Iran grazie all'assistenza tecnica della Georgia. Non solo, gli aerei in questione non erano affatto entrati in servizio con la IRIAF, bensì con la AFAGIR; quindi rappresentavano i primo esempio di velivoli ad ala fissa e ad alte prestazioni ad essere operativi con successo presso i Pasdaran (nessuno aveva dimenticato i loro fallimenti in relazione al tentativo dotarsi di una componente autonoma di jet sul finire degli anni '80 e nei primi anni '90!).

L'anno successivo (2004) i Pasdaran andarono oltre, acquistando in Russia 3 Su-25UBK nuovi di fabbrica e, nel 2006, la linea da combattimento venne ulteriormente rafforzata da 3 Su-25T di seconda mano sempre ex-russi. Da quel momento in poi, i Su-25 hanno costituito una componente indispensabile della dottrina di reazione rapida dei Pasdaran.

In ogni caso, nonostante siano ormai passati due decenni dalla loro introduzione in servizio, diversi misteri circondano ancora la carriera operativa dei “Grach” iraniani. Se sembra appurato che essi non abbiano mai sofferto alcuna perdita per incidenti o in combattimento, è altresì ancora non del tutto chiaro quanti Su-25 siano effettivamente in servizio. Presa per buona infatti la notizia che i persiani abbiano acquistato i sopra citati 6 tra Su-25UBK e Su-25T tra il 2004 ed il 2006, non vi è consenso invece relativamente a quanti esemplari ex-iracheni siano stati rimessi in servizio dato che alcune fonti parlano di 7, altre di 13 ed altre ancora addirittura di 16 (il che, per proprietà transitiva, starebbe a significare che i Pasdaran operino un numero totale di 13, 19 o 22 Su-25 a seconda delle stime).

In passato avevamo affermato che, per quanto riguarda i velivoli in servizio presso la IRIAF, anche quando i numeri erano profondamente incerti, lo studio dell'Orbat (Ordine di Battaglia) può risultare una valida alternativa per avere stime più precise sul numero di velivoli effettivamente a disposizione degli iraniani, ma questo ragionamento non si può applicare in maniera acritica al caso dei Su-25 perché essi non sono in servizio presso la IRIAF, bensì presso la AFAGIR e non è affatto certo che i Pasdaran operino secondo un'organizzazione di matrice occidentale come ha invece sempre fatto la IRIAF!

È un fatto che i Su-25 siano concentrati in un unico squadrone ma questo non ci aiuta, perché nel caso esso fosse effettivamente organizzato secondo le linee guida americane, avremmo un numero di potenziali velivoli oscillante tra i 18 e i 24, ma se l'organizzazione fosse invece di stampo russo, il numero sarebbe invece più basso ed oscillerebbe tra i 12 e i 18. Alla luce della mancanza di informazioni in tal senso, questo particolare aspetto della carriera iraniana del “Grach” rimarrà per il momento un mistero.

Assai meno misteriose sono invece le caratteristiche tecniche dei velivoli stessi. I primi Su-25 dei quali l'Iran entrò in possesso, come già detto prima, furono esemplari di seconda mano ex-iracheni appartenenti alle versioni Su-25K monoposto appartenenti alla variante “B” e Su-25UBK biposto.

Il Su-25K rappresenta la variante commerciale da esportazione, sviluppata nel 1984, del Su-25 base entrato a suo tempo in servizio con la V-VS sovietica. La variante “A” del Su-25K, a quel tempo adottata da Cecoslovacchia e Bulgaria, si differenziava dal Su-25 “base” solamente per l'installazione del sistema IFF SRO-2 in luogo dello SRO-1P, le diverse apparecchiature crittografate e l'assenza dei sistemi di sgancio per gli ordigni nucleari. D'altronde, la variante “B” del Su-25K, a qual tempo adottata da Angola, Corea del Nord ed Iraq (e quindi ereditata per trapasso dall'Iran), presentava, oltre alle differenze citate nella variante “A”, anche diverse limitazioni riguardo alla dotazione dell'armamento, non avendo la capacità di impiegare missili aria-terra guidati. Erano però dotati del mirino ASP-17 associato al cannone e al sistema di sgancio bombe e del telemetro laser e designatore del bersaglio Klen-PS.

I Su-25UBK biposto, sia quelli ereditati dall'Iraq che i 3 nuovi di fabbrica acquistati nel 2004 avevano un doppio ruolo da addestramento e da combattimento e potevano sganciare lo stesso tipo di munizionamento della variante monoposto. L'unica differenza era dovuta alla presenza di due sedili, anziché uno, posti in tandem, con conseguente riprogettazione della fusoliera e diminuzione della capacità di imbarcare carburante (circa 250 kg in meno).

Tutt'altre prestazioni caratterizzavano invece i 3 Su-25T acquistati nel 2006. Sconosciuto ai più, il Su-25T nacque come sviluppo del Su-25 “basico” in risposta ad un requisito operativo riguardante lo sviluppo di una piattaforma protetta ed avanzata tecnologicamente, dotata di sistemi di designazione dei bersagli allo stato dell'arte ed in grado di lanciare con precisione missili guidati relativamente semplici e poco costosi. Non è chiaro il motivo per cui i Pasdaran abbiano deciso di acquistare questa variante, anche se probabilmente lo fecero dopo aver osservato le notevoli prestazioni che essa registrò nel corso della Guerra Eritreo-Etiopica del 1998-2000 nelle mani degli etiopi. In ogni caso i Su-25 di tutte le versioni menzionate sono diventati un elemento imprescindibile delle componente da combattimento ad ala fissa della AFAGIR e sono stati concentrati in un unico squadrone, il 1o FS (Fighter Squadron) di base alla Tactical Fighter Base 7 (TFB 7) “Dowran” situata nei pressi di Shiraz. Nonostante essa sia formalmente una base appartenente alla IRIAF, essa presenta anche una buona parte degli asset aerei dei Pasdaran, risultando quindi una base congiunta a tutti gli effetti.

A seguito dello scoppio delle cosiddette “Primavere Arabe”, i Su-25 sono stati oggetto di un programma di aggiornamento che li ha portati allo stadio Su-25TK/Su-25UBTK, potenziandone le capacità di attacco al suolo in ambiente ostile ed esaltandone in particolare la vocazione anticarro e, successivamente, nel 2014 hanno pure avuto il loro battesimo del fuoco che, curiosamente, è avvenuto in terra irachena, là dove la carriera del Su-25 in Medio Oriente era incominciata diversi decenni prima.

Con il deterioramento della situazione in Iraq a causa dell'esplosione della guerriglia dell'ISIS a seguito degli eventi incominciati nel 2011 nella vicina Siria, l'Iran iniziò ad incrementare il suo appoggio al governo iracheno suo “protetto” già nel corso del 2013. Quando l'ISIS lanciò nel giugno del 2014 la sua offensiva di larga scala che portò alla caduta di Mosul e di gran parte dell'Iraq occidentale e centrale, fino alla periferia della capitale Baghdad, i Pasdaran presero immediatamente il toro per le corna venendo direttamente coinvolti nella guerra contro l'ISIS in territorio iracheno. Nell'ambito dell'intervento iraniano nel suddetto conflitto, i “Guardiani della Rivoluzione” inviarono il loro intero squadrone di Su-25 in Iraq e lì ci rimase per i successivi tre anni e mezzo fino a che l'entità territoriale nelle mani del cosiddetto “Stato Islamico” venne completamente debellata sul finire del 2017.

Insieme a 21 esemplari di Su-25 iracheni acquistati per l'occasione in Russia e Bielorussia, i Su-25 iraniani (pilotati da equipaggi misti iraniano-iracheni, ma con una netta preminenza della componente iraniana) svolsero un ruolo insostituibile nelle operazioni in appoggio tanto alle Forze Armate Irachene quanto delle Forze di Mobilitazione Popolare (PMU). In tale occasione ci fu una compartecipazione alle azioni militari anche dei velivoli dell'IRIAF, ma l'impegno degli aerei ad ala fissa dell'Aeronautica Iraniana, per quanto è dato saperlo, fu limitato al solo anno 2014.

Per coprire il loro coinvolgimento diretto nella Guerra in Iraq, gli iraniani affermarono di stare solamente supportando l'Iraq mediante la restituzione dei velivoli sequestrati agli iracheni nel 1991, ma tali dichiarazioni erano solamente delle foglie di fico che già allora non convinsero alcun osservatore straniero. Sbaglia però chi crede che la guerra per fermare e debellare il cosiddetto “Stato Islamico” sia stata l'unica occasione in cui i Su-25 iraniani abbiano utilizzato le loro armi in azioni di fuoco contro bersagli ostili. Come gran parte dei velivoli da combattimento ad ala fissa del paese degli ayatollah infatti, anche i Su-25 dei Pasdaran sono stati utilizzati nella “guerra ai droni” che da almeno vent'anni affollano i cieli iraniani e almeno uno di questi incidenti assunse persino dimensioni internazionali quando, il 1 novembre del 2012, due Su-25 spararono colpi di cannone contro uno UAV americano da ricognizione MQ-1 Predator colpevole secondo le autorità di Teheran di aver violato lo spazio aereo persiano sopra le acque del Golfo Persico.

Nonostante siano passati vent'anni dalla loro introduzione in servizio, i Su-25 continuano a servire nel 1o Fighter Squadron della AFAGIR e, sebbene nel frattempo siano stati affiancati anche dai Sukhoi Su-22, continuano a mantenere intatto il loro ruolo nelle strategie di intervento rapido del Corpo dei Guardiani della Rivoluzione Islamica e del sistema militare dello stato persiano in generale vedendo nel contempo progressivamente accresciute le proprie capacità belliche mediante l'installazione di nuovi armamenti di origine domestica tra i quali merita di essere menzionato il missile a guida laser a doppia capacità aria-terra e terra-terra Bina.

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