Fonti vicine al neo eletto presidente Joe Biden fanno sapere che la scelta del prossimo segretario alla Difesa è caduta sull’ex generale Lloyd James Austin III. Riprende quindi il trend, iniziato nella scorsa Amministrazione, di scegliere un ex generale per ricoprire l’incarico di dirigere il Pentagono.
Austin non è un generale qualunque, è stato il primo afro-americano a comandare una divisione in combattimento e ad avere la responsabilità di un intero settore operativo. Andato in pensione nel 2016, nei giorni scorsi Austin era emerso come il miglior candidato per la Difesa. Non è da escludere che lo staff di Biden abbia fatto pressioni per inserire in quel ruolo una persona di colore, anche se inizialmente si era pensato a una donna, nella fattispecie il sottosegretario per la Politica di Difesa dell’Amministrazione Obama Michèle Flournoy.
La scelta di Austin è stata dettata anche dalla sua eccellente carriera militare e dal fatto che aveva già collaborato in precedenza con Biden quando questi era vicepresidente. Tale collaborazione è cominciata allorquando l’Amministrazione Obama decise il ritiro delle forze americane dall’Iraq nel 2011.
Tuttavia, secondo la legge americana, è necessario essere fuori dalle forze armate da almeno sette anni per ricoprire la carica di segretario alla Difesa, a meno che non venga concessa una deroga come accaduto nel recente passato per l’ex generale dei Marines Mattis.
Inoltre alcuni analisti hanno espresso perplessità nel continuare con la linea degli ex generali a capo del Pentagono, in quanto temono per l’equilibrio del potere civile/militare. Anche se alcuni detrattori dicono che Austin è una figura “mite”, non certo un protagonista come Mattis, e assolutamente in linea con le politiche della futura Amministrazione.
Durante i suoi decenni di servizio, Austin ha sempre cercato di evitare le luci della ribalta e raramente ha preso parte a eventi pubblici, come conferenze stampa o discussioni di think tank.
Nel 2013, il presidente Barack Obama lo ha nominato alla guida del Comando Centrale, responsabile di tutte le operazioni militari statunitensi in Medio Oriente. In questa veste ha supervisionato le operazioni contro l’ISIS quando questi ha occupato vaste aree dell'Iraq e della Siria nel 2014.
Mentre nel 2015 ha dovuto dare giustificazioni circa il ruolo delle forze americane in Siria, ufficialmente presenti per addestrare le milizie laiche antigovernative ma al contempo attive contro lo stato islamico.
Un'altra polemica che incombeva sul Comando all'epoca era l'accusa di aver minimizzato i rapporti dell'intelligence sulla minaccia rappresentata dall’ISIS e dipinto un quadro troppo positivo dei progressi degli sforzi militari statunitensi.
Austin si è ritirato dopo 41 anni di servizio ed è entrato a far parte del consiglio di amministrazione della Raytheon Technologies, uno dei più grandi appaltatori del Pentagono. Ciò potrebbe rappresentare un potenziale conflitto di interessi, secondo i legislatori di orientamento progressista, che hanno sollevato preoccupazioni sulla nomina di un segretario alla Difesa che ha legami con l'industria.
In conclusione, come osservatori, la questione principale verte sulle capacità di Austin di imporre alla futura Amministrazione americana il punto di vista di un militare, mettendo in rilievo le eventuali conseguenze di scelte sbagliate.
Ricordiamo ancora i disastri, in politica estera, degli otto anni di governo dell’accoppiata Obama/Biden (guerra in Libia, nascita dell’ISIS, espansionismo turco, tanto per citarne alcuni) e, stavolta, si spera che il futuro presidente, con tutto il suo staff, abbia fatto tesoro degli errori del passato.
Foto: U.S. DoD