Il 1° reggimento carabinieri paracadutisti Tuscania è l’erede del 1° battaglione carabinieri reali paracadutisti formato nel 1940 e distintosi in Libia, nella battaglia di Eluet El Asel del 19 dicembre 1941.
Nel dopoguerra il reggimento ha partecipato a tutte le operazioni delle Forze Armate italiane, in patria e all’estero, dal Libano nel 1982 al Kurdistan nel 1991, dalla Somalia nel 1992 ai Balcani (tra il 1995 e il 1999).
Nel 2001, durante il G8 di Genova, il reparto ha preso parte al dispositivo di sicurezza, messo in piedi dall’allora governo Berlusconi, per arginare le manifestazioni violente dei black bloc. Elementi del Tuscania hanno fatto inoltre parte del contingente Nibbio in Afghanistan nel 2003 (continuando ad essere dispiegati nella successiva missione ISAF), così come sono stati presenti in Iraq nel corso della missione Antica Babilonia. Alcuni suoi operatori sono tuttora presenti in Iraq per addestrare le forze locali - e i peshmerga curdi - in operazioni antiterrorismo. Inoltre il personale del Tuscania assicura la difesa delle ambasciate italiane in paesi ad alto rischio.
Sicuramente il Tuscania, in questi anni ha maturato una grande professionalità, ma risulta difficile trovargli una collocazione nell’attuale scenario militare nazionale.
Con la creazione del GIS, nel 1977, il Tuscania venne individuato come naturale serbatoio di reclutamento per il nuovo reparto antiterrorismo. Tuttavia, da alcuni anni, tale obbligatorietà è stata soppressa. Un carabiniere che voglia far parte del GIS, una volta passata la selezione psico-fisica-attitudinale, deve superare il corso denominato Operatore GIS, con brevetto militare d’incursore. Tale qualifica si raggiunge in due fasi: la prima, di 9 mesi (presso il Tuscania), permette di conseguire la qualifica di paracadutisti esploratori; la seconda, della durata di 45 settimane, è a sua volta divisa in 18 settimane di corso base e 27 settimane di corso specialistico.
Agli inizi degli anni ’80 dello scorso secolo, insieme agli incursori del Nono e del GOI, i parà del Tuscania fecero parte dei GOS (Gruppi Operazioni Speciali), creati dall’allora Ministro della Difesa Spadolini per supportare le missioni di GLADIO.
Nella metà degli anni ’90 si era ventilata l’ipotesi di trasformare il Tuscania in un reparto ranger, ma poi venne scelto l’allora battaglione Monte Cervino.
Dopo l’11 settembre si è assistito, in ambito nazionale, a una proliferazione di reparti speciali/per le operazioni speciali.
Nel 2000 l’Arma dei Carabinieri diventava quarta Forza Armata e nel 2004 il Gruppo d’Intervento Speciale venne elevato al rango di forza speciale (ed inserito nel COFS) per cui, al termine dell’iter addestrativo, i suoi operatori assumono la qualifica di incursori.
In questi ultimi anni, il Comando Generale dei Carabinieri ha creato due nuovi reparti al fine di fronteggiare attacchi come quelli portati a Parigi dai jihadisti nel 2015: le API (Aliquote di Pronto Impiego) che sono alle dirette dipendenze dei comandi provinciali dei carabinieri e, oltre ai consueti compiti istituzionali, svolgono attività antiterrorismo; le SOS (Squadre Operative di Supporto), create nel 2016, dipendono direttamente dal Comando Generale, in particolari contesti operativi possono essere chiamate a sostituire il GIS.
Mentre per contrastare la criminalità organizzata in territori di non facile accessibilità, ai già esistenti Squadroni Eliportati Cacciatori di Calabria (foto) e di Sardegna se ne sono affiancati altri due: di Sicilia e di Puglia (l’addestramento di questi reparti è effettuato presso il Tuscania).
Quindi, allo stato attuale, i carabinieri dispongono di reparti in grado di svolgere un ampio spettro di missioni, quando solo un decennio fa si doveva far ricorso ai soli parà del Tuscania.
Quindi sarebbe lecito chiedersi quale potrebbe essere il corretto impiego di un reggimento di paracadutisti dei carabinieri, a parte svolgere funzioni di Polizia Militare e di sicurezza delle ambasciate.
Anche la creazione di una quarta compagnia, da inserire in ambito Tier 2, a supporto del GIS, appare poco funzionale, in quanto gli incursori del GIS operano all’estero con le altre forze speciali nazionali (Nono, GOI, 17° stormo e, dal 2017, Monte Cervino e RRAO). Mentre in un contesto nazionale sarebbero sufficienti, come supporto, il personale già in forza al Tuscania e alle altre unità speciali dei carabinieri sopracitate (senza contare il supporto delle altre forze di polizia).
È bene ricordare che l’addestramento di un operatore del Tuscania è superiore a quello di un normale parà ma nettamente inferiore a quello di un incursore. Alla fine, i “sopravvissuti” al corso di addestramento, della durata di circa nove mesi, ricevono la qualifica di carabinieri paracadutisti esploratori. Tale qualifica potrebbe essere impiegata in favore della brigata paracadutisti Folgore, tuttavia la Brigata ha già i suoi plotoni esploranti, inseriti nei reggimenti di arma base (183°, 186° e 187°).
In conclusione il Comando Generale dei Carabinieri dovrebbe interrogarsi sull’utilità (visto anche i costi elevati per mantenere in efficienza un simile reparto) del Tuscania. Magari valutare l’opzione di smembrare il Reggimento, andando così ad implementare l’organico del GIS (attualmente il reparto ha la forza di una compagnia) nonché delle API e SOS, al fine di poter disporre di personale ad altissimo livello addestrativo sul territorio.
Foto: Arma dei Carabinieri