La sorte del boia, è ancora incerta. Nonostante l'euforia delle prime ore, manca la certezza dell'eliminazione di Mohammed Emwazi. Spieghiamo il perché.
Quando un drone entra in azione in territorio ostile, si ha la “quasi” certezza di stare per colpire un obiettivo sensibile. Il monitoraggio delle comunicazioni consente di procedere, con una relativa sicurezza, contro un potenziale nemico. I problemi, però, iniziano dopo il raid. L'unico metodo per confermare l'avvenuta eliminazione di un bersaglio è di prendere un campione di DNA ed analizzarlo. Questa capacità, però, dipende dall'accesso al suolo. Cosa altamente improbabile a Raqqa, capitale dello Stato islamico.
Se Emwazi è morto, nelle prossime ore potrebbe essere l'Isis stessa a comunicare al mondo la sua eliminazione. In ogni caso, non significherebbe nulla, perchè potrebbe trattarsi anche di depistaggio. Il raid conferma l'imponente rete di sorveglianza degli USA, ma anche le lacune di un apparato non presente fisicamente sul campo.
All'inizio dell'anno, l'FBI ha confermato la morte di un terrorista, Zulkifli bin Hir, dopo aver condotto test del DNA sul dito dell'uomo trovato sulla scena del raid dal commando che lo ha ucciso nelle Filippine. Tre anni prima era stato ritenuto ucciso in un attacco aereo.
Pochi minuti fa si è appreso che in un ospedale di Raqqa si troverebbe in condizioni disperate una figura di alto profilo di origine inglese.
(foto: US Air Force)