Il 1° ottobre 2024 Israele ha annunciato che le forze di terra erano entrate nel Libano meridionale, inizialmente con unità di commando, seguite da unità corazzate e unità di fanteria. Le unità impegnate sono la 98^ Divisione paracadutisti Ha-Esh, con le sue forze speciali della 89^ Brigata Commando Oz; la 36^ Divisione corazzata Gaash e la 91^ Divisione combinata Galil. A queste si è aggiunta, successivamente, la 146^ Divisione di fanteria della riserva HaMapatz.
Sono queste le unità che muovendo dalle basi di partenza nel nord di Israele, hanno il compito di occupare fisicamente il sud del Libano, dopo l’azione di preparazione svolta dagli intensi bombardamenti sulle posizioni occupate dalle milizie di Hezbollah.
Il punto è che molti degli obiettivi delle IDF nell’Operazione Northern Arrows sono dislocati nel settore sotto il controllo della missione UNIFIL delle Nazioni Unite, cui l’Italia contribuisce in modo considerevole con un contingente di circa 1200 uomini.
Ricordiamo che l’Area di Responsabilità di UNIFIL è la striscia di terreno delimitata a sud dalla cosiddetta “linea blu” a ridosso del confine con Israele e a nord dal fiume Litani.
L’Area, a sua volta, è ripartita in due settori: Occidentale e Orientale. Di seguito riportiamo i principali contingenti ivi schierati, in ragione della maggiore contribuzione da parte dei rispettivi governi.
Nel settore Occidentale troviamo i contingenti di: Italia, Ghana, Corea del Sud, Irlanda, Polonia, Malaysia. Nel settore Orientale operano i contingenti forniti da: Spagna, India, Indonesia, Nepal. Troviamo poi la Francia (con alle dipendenze una compagnia di fanteria della Finlandia), che costituisce la Force Commander Reserve e ha competenza per entrambi i settori.
Fin qui niente di nuovo. Vediamo se possiamo aggiungere qualche dettaglio di interesse per comprendere come si stiano sviluppando i combattimenti, in uno scenario operativo decisamente controverso, visto il coinvolgimento diretto subito dalle unità dell’ONU con le note conseguenze del ferimento di alcuni loro militari.
Intanto va detto che UNIFIL opera con uno standard di sicurezza basato su due tipologie di procedure: passive e attive.
Le procedure passive prevedono l’utilizzo della protezione individuale, costituita dall’equipaggiamento canonico costituito da giubbotto anti-schegge ed elmetto. Se necessario, il personale trova rifugio nei bunker predisposti presso le basi in cui è dislocato.
Le procedure attive, invece, si concretizzano nella irrinunciabile attività svolta dalla liaison branch di UNIFIL:
I peacekeeper che lavorano nella Liaison Branch dell'UNIFIL agiscono come primi soccorritori della Missione. Sono attivamente dispiegati in aree sensibili lungo la Blue Line. Essendo presenti sulla scena, sono in grado di fermare le violazioni della Blue Line, prevenire incomprensioni e ridurre la tensione. La comunicazione è fondamentale. Durante il giorno l'unità è in contatto regolare con le Lebanese Armed Forces (LAF) e le Israel Defense Forces (IDF). La Liaison Branch risponde direttamente al capo missione e al comandante della Forza di UNIFIL e tiene informati i vertici di qualsiasi potenziale problema. … “I team di collegamento sono composti da due ufficiali di collegamento di nazioni diverse e un assistente di collegamento. Abbiamo 34 peacekeeper nella nostra branch e provengono da 18 nazioni diverse. Gli assistenti linguistici locali sono un elemento chiave nei nostri team".1
Per le scarse risorse di cui dispongono, come strumento militare le LAF non hanno una grossa rilevanza e, tuttavia, nel sud del Libano sono l’unica istituzione che gode di una certa autorevolezza in quanto sono interconfessionali, e si pongono come interlocutori credibili con tutte le parti in conflitto. La loro arma è il soft power; si potrebbe dire che nei vari incontri tra le parti la regola che vale per ogni partecipante è “venite, ma venite con le LAF!”. Di fatto, sono loro i “garanti” dell’obiettività nel confronto.
La situazione, infatti, vede la strumentalizzazione di UNIFIL sia da parte delle IDF, che accusa la missione di non tutelare adeguatamente gli interessi di Israele, sia da parte di Hezbollah che, al contrario, accusa i militari dell’ONU di essere spie al servizio degli Israeliani.
Nel quadro del “dialogo tra sordi” che normalmente si svolge nell’area sopra indicata, tuttavia, è fondamentale la “collaborazione” offerta dalle IDF alla liaison branch nel comunicare le proprie intenzioni, che determinano l’adozione di tre diversi livelli ci procedure da parte di UNIFIL:
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livello 1: si procede con l’attività di routine, in quando non si prefigura alcun tipo di rischio in relazione alle attività condotte dalle IDF;
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livello 2: si opera con i dispositivi di protezione indossati e si richiamano le pattuglie all’interno delle basi;
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livello 3: ci si ritira al riparo nei bunker.
In particolare, in conseguenza dell’attacco terroristico condotto da Hamas il 7 ottobre 2023, quest’ultimo livello dal punto di vista procedurale è stato affinato a partire dall’8 ottobre 2023.
In linea di massima, queste procedure vengono adottate secondo due criteri:
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quando è Hezbollah a lanciare i razzi verso Israele, ha poco senso agitarsi. È importante svolgere l’attività di osservazione dei lanci e delle aggressioni che essi rappresentano, ma di fatto, non costituiscono un pericolo per la posizione relativa delle basi di UNIIFIL;
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diverso è il discorso se sono le IDF a reagire in risposta agli attacchi subiti. Capita che l’onda d’urto generata dalle esplosioni delle granate israeliane possa coinvolgere il dispositivo di UNIFIL, come nel caso di una base ghanese seriamente danneggiata nel gennaio di quest’anno dall’esplosione di una bomba esplosa a 250 metri dalla sua posizione).
Nondimeno, anche Hezbollah si “premura” di informare i comandi dei contingenti sull’opportunità o meno di operare in determinati tempi e luoghi, a garanzia della loro incolumità.
La force protection di UNIFIL si avvale, inoltre, di una serie di apparati ISR2, sostanzialmente radar e telecamere di videosorveglianza, che hanno procurato non pochi problemi, ancora una volta, per le accuse reciproche di spionaggio contestate all’UNIFIL da ambo le parti. In realtà tutto ruota intorno ad un clima in cui la disinformazione ad opera delle parti in conflitto è un’arma da impiegare su tutti i fronti, soprattutto quella orientata all’opinione pubblica e, in tale quadro, non è facile orientarsi nella raccolta informativa per l’apparato di sicurezza istituito nell’ambito dell’UNIFIL.
Vediamo, allora, quali siano le ragioni ed i relativi rischi rispetto ai problemi sorti nei rapporti tra IDF e UNIFIL. Va detto, innanzitutto, che gli episodi che hanno visto il ferimento di militari del contingente, in realtà si sono verificati già in passato, come nel caso del ferimento di tre “caschi blu” ghanesi, per riportare il più recente prima di quelli successivi alla penetrazione delle IDF in territorio libanese:
Tre caschi blu delle Nazioni Unite sono rimasti leggermente feriti quando si è verificata un'esplosione nei pressi del loro "veicolo ONU chiaramente contrassegnato" durante un pattugliamento nei pressi di Yarine, nel distretto di Sour, nel Libano meridionale, ha dichiarato domenica la Forza interinale delle Nazioni Unite in Libano (UNIFIL). …Non è la prima volta che le forze di peacekeeping dell'ONU vengono prese di mira nel Libano meridionale. All'inizio di marzo, una pattuglia congiunta di UNIFIL e dell'esercito libanese è stata colpita nei pressi di Aita al-Shaab (distretto di Bint Jbeil).3
Ora però, assistiamo ad un cambio di passo, dove viene meno la casualità e il ferimento dei peacekeeper assume tutto un altro significato.
La base di Naqura, che ospita il comando dell’UNIFIL, è situata sul confine tra i due paesi e, in particolare è rilevante la sua prossimità alla Coastal Road, la strada costiera che rappresenta il principale asse di viabilità all’interno del Libano e che si snoda lungo tutta la costa. La costa libanese è lunga circa 225 km e su di essa insistono le cinque famose città di Beirut, Byblos, Sidone, Tripoli e Tiro. L’arteria stradale si sviluppa lungo una direttrice che percorre un settore del territorio libanese pianeggiante (vedi cartina fisica del Libano) e, pertanto, idonea al movimento ed alla manovra delle unità corazzate delle IDF e, nondimeno, agevola anche il movimento dei gruppi di Hezbollah nelle loro tattiche di guerriglia che attuano contro le IDF4.
Il settore Occidentale, in cui, lo ricordiamo, opera anche il nostro contingente dalla base di Shama, è quello più idoneo alla progressione delle unità corazzate, sia perché in parte pianeggiante, sia perché meno compartimentato dagli wadi e dalle asperità montuose che sono presenti in tutto il settore Orientale. Ecco, dunque, uno degli aspetti tattici che hanno indotto Israele ad agire con (eccessiva) spregiudicatezza, al punto da coinvolgere nelle proprie battaglie anche le basi dei contingenti e non solo gli obiettivi predesignati di Hezbollah.
È verosimile che le IDF abbiano la mappatura di tutti gli high-value targets (HVTs) di interesse e la differenza tra quanto accaduto in passato e quanto sta accadendo oggi consiste proprio nella minore attenzione rivolta ad evitare gli “effetti collaterali”, anche a costo di accrescere giorno dopo giorno la propria impopolarità. Se individuano un obiettivo remunerativo, le IDF colpiscono. È la “dottrina del Cavaliere Nero”5, che esprime in estrema sintesi, qual è lo spirito esacerbato che guida l’azione militare sul terreno da parte di Israele. A parte l’ironia, le IDF hanno incrementato gli attacchi in Libano, sia sotto il profilo quantitativo, sia sotto quello livello qualitativo:
L'escalation di violenza a fine settembre supera di gran lunga qualsiasi altra fase del conflitto Israele-Hezbollah. Dopo aver condotto una media di circa 160 attacchi ogni settimana per gli 11 mesi successivi al 7 ottobre, Israele ha colpito il Libano più di 300 volte nella settimana del 15 settembre e più di 700 volte nella settimana del 22 settembre. Ma anche prima che Israele iniziasse l'operazione Northern Arrows a settembre, c'erano indicazioni che il conflitto stava entrando in una nuova fase. Il numero di incidenti violenti correlati al conflitto Israele-Hezbollah oscillava tra 150 e 250 incidenti ogni settimana tra il 7 ottobre 2023 e il 18 agosto 2024. Ma a fine agosto il numero di incidenti è salito oltre i 280 a settimana, con gli attacchi israeliani che hanno guidato la maggior parte dell'aumento. Un altro segnale è stato un aumento degli aerei da guerra israeliani che hanno effettuato sorvoli minacciosi sul Libano. Prima dell'estate 2024, questi incidenti erano estremamente rari, ma Israele ha inviato aerei da guerra sulle città libanesi con frequenza crescente per tutta l'estate, rompendo frequentemente la barriera del suono in quella che ora sembra essere una minaccia implicita.6
E nella scelta degli HVTs non hanno certamente contenuto gli interventi a nord sul fiume Litani – dunque oltre l’Area di Responsabilità di Unifil – bersagliando sistematicamente i centri logistici e di comando e controllo di Hezbollah nella Valle della Beqaa.
Non dobbiamo dimenticare che nel settore Orientale insistono anche le alture delle Shebaa Farms, una striscia di terra al confine tra Libano e Siria attualmente occupata da Israele. Il Libano rivendica le quell’area come proprio territorio e la Siria concorda con questa posizione. Israele rivendica che faccia parte delle alture del Golan, territorio siriano che ha occupato dal 1967 e di fatto annesso nel 1981. Questa disputa gioca un ruolo significativo nelle relazioni contemporanee tra Israele e Libano.
Il settore Orientale, oltre alla conformazione del territorio, si presenta anche più difficoltoso dal punto di vista climatico, soprattutto nella stagione invernale, quando le temperature possono andare sotto lo zero Celsius e le generali cattive condizioni atmosferiche inibiscono l’uso dei droni e l’osservazione del fuoco. C’è un detto che recita “Bad weather makes peace better”, ciononostante, è in quel periodo che si verifica un aumento degli scontri sul confine tra pattuglie delle opposte fazioni.
In questo settore, Hezbollah ha il vantaggio della conoscenza capillare del terreno, da sfruttare, come detto, per la sua compartimentazione che costituisce un elevato valore impeditivo alla manovra delle unità regolari. Inoltre, non dimentichiamo la fitta rete di tunnel sotterranei creata dai miliziani, presa anche a modello dai terroristi di Hamas a Gaza:
Hezbollah possiede un'ampia rete di tunnel nel Libano meridionale, affermano sia il gruppo che Israele. I tunnel sono aumentati dopo la guerra del gruppo con Israele del 2006, secondo un rapporto del 2021 del think-tank Alma. Israele stima che si estendano per centinaia di chilometri. Il comandante sul campo di Hezbollah ha detto che i tunnel "sono il fondamento della battaglia". Hezbollah ha lavorato duramente per anni per costruirli, ha aggiunto. "Il loro momento è arrivato", ha detto. L'esercito israeliano ha diffuso un filmato che, a suo dire, mostra tunnel profondi catturati dai suoi soldati. Un video diffuso il 5 ottobre sembra mostrare una stanza sotterranea dotata di telefoni fissi. Reuters non è riuscita a verificare la data o il luogo del filmato. La fonte vicina a Hezbollah ha detto che i tunnel individuati da Israele sono stati costruiti per le sue unità delle forze speciali Radwan, per entrare un giorno nella regione della Galilea, nel nord di Israele. La fonte ha affermato che Israele non conosceva l'intera estensione dei tunnel.7
Hezbollah sfrutta l’orografia per garantire l’occultamento delle proprie basi e in superficie, ha organizzato una serie di fasce difensive dalla Blue Line al fiume Litani, profonde circa una decina di chilometri e che ricordano molto l’organizzazione difensiva russa, strutturata su tre fasce: avanzata, intermedia e arretrata. Tutte collegate dalla rete sotterranea di tunnel, naturalmente.
Come ho detto che è verosimile che le IDF conoscano alla perfezione i propri obiettivi da battere, è altresì ipotizzabile che, in realtà, tutti sappiano tutto di tutti e ogni attacco è portato a colpo sicuro, in un ciclo di rappresaglie infinito.
E in tale quadro si è verificato anche il cambio di passo di Hezbollah:
L’operazione missilistica iraniana “The True Promise 2” ha cambiato gli equilibri nella regione, messi in discussione dai media occidentali dopo l’assassinio di Sayyed Nasrallah.
Da giorni il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, si comporta come se fosse l’unico attore nella regione, sul quale nessuna forza al mondo può influenzare e impedirgli di commettere massacri e crimini contro palestinesi e libanesi. Pertanto, l’attacco missilistico iraniano – che è stato preceduto da un’operazione qualitativa da parte della Resistenza palestinese – è stato, oltre ai risultati operativi e tattici, che hanno avuto successo al 90%, risultati strategici che hanno ripristinato l’equilibrio militare. La scena più significativa e che non fa altro che confermarlo, è la gioia popolare che si è diffusa nei vari Paesi della regione, a partire dalla Striscia di Gaza, passando per Libano, Siria, Iraq e Yemen, fino alla Repubblica Islamica di In Iran, mentre oltre 10 milioni di coloni israeliani si nascondevano nei rifugi, sotto i ponti e nelle stazioni della metropolitana. Ciò ha spinto il sindaco di Tel Aviv a chiedere la fine della guerra e a commentare che Netanyahu “ha portato Israele in uno stato di follia”. Tornando ai dettagli dell’operazione, è stata sorprendente la quantità di copertura mediatica che l’ha accompagnata e la quantità di fughe di notizie israeliane che la censura militare non è riuscita a impedire completamente, che hanno mostrato scene del successo dell’operazione.8
Dal tono della citazione emerge una evidente ostilità verso Israele e, se è vero che l’Iran e il suo braccio armato libanese hanno, come si dice, “alzato l’asticella” nelle capacità degli attacchi missilistici, è altresì vero che il quadro prospettato è esagerato.
True Promise 2 ha mostrato una dipendenza iraniana quasi assoluta dai sistemi missilistici, insufficiente però a bilanciare la forza israeliana laddove non accompagnata dall’arma atomica. La ricerca & sviluppo nel settore da parte di Teheran è sempre più affannosa ed è chiaro che la simmetria di attacchi e rappresaglie evidenzia limiti tecnologici iraniani tali da spingere l’Iran a correre maggiori rischi pur di raggiungere una credibile deterrenza. L’aspetto nucleare, e lo dico con rammarico, è fondamentale per entrambi i contendenti. Tutto ciò in un clima di crescente ambiguità. Ricordiamoci che la “guerra ibrida” è definita anche “ambiguous warfare” e qui sono rispettati tutti i crismi dell’ibridizzazione, dell’asimmetria e dell’ambiguità. Teoricamente, la diminuzione dell’ambiguità consentirebbe di dire che Tel Aviv è pronta ad oltrepassare la soglia della rappresaglia nucleare per punire tutti gli atti di aggressione, dominando qualsiasi escalation nell’attuale asimmetria che potrebbe persino indurre Teheran a ricorrere all’alleato nucleare nordcoreano. Non è fantapolitica, la Corea del Nord sotto l’occhio vigile di Pechino, si sta “allargando” ai quattro angoli del globo.
Ma qual è l’end state prefissatosi da Israele? In primo luogo, far cessare, in via possibilmente definitiva, il perpetuarsi della pioggia di razzi sul proprio territorio. Nondimeno, Tel Aviv afferma di voler garantire il ritorno di decine di migliaia di persone che hanno evacuato il nord di Israele dopo che un anno fa Hezbollah ha iniziato a lanciare razzi in solidarietà con Hamas a Gaza. D’altra parte, però, le autorità libanesi affermano che l'offensiva di Israele ha sradicato più di un milione di persone in Libano, in prevalenza membri della comunità sciita da cui trae sostegno Hezbollah. Il governo libanese non vuole abbandonare il territorio nelle mani delle IDF e per questa ragione, ha scelto di sostenere Hezbollah. Per inciso, va detto che i villaggi cristiani non sono stati sfruttati nella loro organizzazione operativa, perché le comunità cristiane non hanno permesso che i miliziani filo-iraniani si schierassero nei loro centri abitati. Per tale ragione le IDF non li hanno attaccati.
L’ONU ha dimostrato, ancora una volta, i propri limiti. Chi trae vantaggio, in questo particolare momento storico, dal caos ingeneratosi in Medio Oriente, è senza dubbio la Russia, che grazie alle manovre geopolitiche del fido alleato iraniano, riesce a distogliere l’attenzione della Comunità Internazionale dal conflitto che la vede impegnata in Ucraina e di cui, in questi giorni, si sente parlare davvero poco, quasi a voler considerarlo di minore interesse o, addirittura, concluso. Non è così.
1 UNIFIL liaison: A vital communication link, UNIFIL, 13/12/2017. https://unifil.unmissions.org/unifil-liaison-vital-communication-link.
2 Intelligence, Surveillance, Reconnaissance.
3 Three UNIFIL soldiers 'lightly' injured in southern Lebanon, Lorient Today, 18/08/2024. https://today.lorientlejour.com/article/1424126/three-unifil-soldiers-li....
4 N. Cristadoro, L’evoluzione dell’Arte della Guerra: da Sun Tzu al Cavaliere Nero, Difesa Online, 30/09/2024. https://www.difesaonline.it/mondo-militare/levoluzione-dellarte-della-gu...
5 N. Cristadoro, ibid.
6 Byman D., Jones S. G., Alexander Palmer A., Escalating to War between Israel, Hezbollah, and Iran, CSIS, October 2024.
7 Bassam L., Perry T., Cornwell A., Hezbollah forges new command for crucial ground war after heavy Israeli blows, Reuters, 11/10/2024. https://www.reuters.com/world/middle-east/after-heavy-israeli-blows-hezb....
8 True Promise 2: Equilibrio ritorna a favore dell’Asse della Resistenza, Il Faro sul Mondo, 05/10/2024. https://ilfarosulmondo.it/true-promise-2-equilibrio-ritorna-favore-asse-....
Foto: IDF / UN / web