Siamo giunti al secondo episodio dell’avvincente racconto del nostro capitano e, rimanendo rigorosamente in tema di Fanteria, ricordiamo qual era la percezione appena varcata la porta carraia del nostro battaglione addestramento reclute.
Gli allievi ufficiali di leva, "di complemento", gli AUC (foto), erano destinati alle scuole d’Arma, mentre i militari di leva ai CAR, centro addestramento reclute, diventato poi BAR, battaglione addestramento reclute, e successivamente RAV, reggimento addestramento volontari.
Eravamo giovanissimi, smarriti e anche un po' preoccupati di dover affrontare una realtà con consuetudini sconosciute e abiti diversi, un altro mondo che farebbe probabilmente bene a qualche facinoroso di oggi. Ogni avviso, ordine o regola erano urlati e i caporali, seguiti soprattutto dai sottotenenti, erano coloro che andavano per la maggiore.
Seppur timidi cercavamo di supportarci l’uno con l’altro cercando punti comuni per familiarizzare il prima possibile e farci coraggio nella prima settimana. Dopo qualche giorno di marce in borghese arrivava la vestizione e il sarto che, con rapidità, maestria e un gessetto, faceva calzare a pennello la nostra drop (uniforme di servizio ordinaria).
Generalmente la composizione della campata era di otto brande a castello per 16 posti letto, più una singola per il caporale. Il tempo era scandito per ogni cosa: il "cubo" e pochi minuti ai bagni e per cambiarci. Se poi eri un volontario, come il sottoscritto, la severità e il rigore erano triplicati e gli ufficiali continuavano a ripeterti: “non vi abbiamo chiamati noi, siete voluti venire voi!”.
Chi, nelle lunghe attese per l’attività addestrativa con in mano il Garand M1, non ha provato ad armare l’otturatore? Peccato che il più delle volte, seppur scarico, doveva intervenire il caporale per abbassare la molla e chiuderlo, a cui seguiva lo strappo del velcro come punizione…
Ricordate poi le presentazioni? Recluta o VFP, cognome e nome, 2a compagnia 3o plotone 4a squadra COMANDI!!! Insomma, quattro settimane che ti cambiavano radicalmente.
Una cosa mi ha colpito più di tutte: l’errore di uno era l’errore di tutti, e tutti sbagliavano, quindi nessuna forma di bullismo ma solo spirito di corpo. Ore e ore di marce e non eravamo mai perfetti, semmai accettabili.
Il sonno alla sera arrivava subito dopo le lunghe attese allo spaccio davanti ai pochi telefoni presenti per parlare con la famiglia. I segnali di caserma ascoltati nei film, qui erano reali e capivi ancor più di essere in un altra dimensione.
Freddo, pioggia o caldo non facevano la differenza sul programma addestrativo e, tra le prime delicate consegne assegnate, c’era il piantone camerate o le guardie armate sull’altana se avevamo già effettuato i tiri con il fucile.
Poi le destinazioni e il reparto d’assegnazione, che fermento… Lì però tutto era più blando e comprensivo, ma eravamo comunque gli ultimi arrivati. Ecco, appurata l’importanza dell’Arma di Fanteria, da qui può continuare il racconto di reparto del nostro mitico capitano, un comandante di compagnia.
Volete sapere di più di lui? Be', oggi è titolare di una prestigiosa scuola di Diving a Roma.
La giornata di un capitano di Fanteria nel 1980 (secondo episodio)
Tre minuti. Nessun segno dalle posizioni nemiche appena visibili dietro la bassa vegetazione. Uno sguardo ai radiofonisti con gli apparati in rigoroso silenzio radio e all’ordine di operazioni grafico steso su una tavoletta appoggiata ad una paratia. Il grafico riporta con segni convenzionali la situazione nemica, la missione affidata al complesso, le modalità per la sua esecuzione (basi di partenza, posizioni iniziali dei plotoni, linee di riferimento, tempi della manovra, direttrici d’attacco), schieramento iniziale e successivo dell’aliquota logistica e modalità per i rifornimenti e lo sgombero feriti. Era stato messo a punto nella riunione notturna con i comandanti, accovacciati ed infreddoliti sotto un telo mimetico steso tra due VTC.
Ognuno se ne era disegnata una propria copia, aveva chiesto chiarimenti ed era stato a sua volta interrogato dal capitano che voleva verificarne la sicura comprensione. Era stata anche distribuita la scheda formato tascabile con le parole in codice che corrispondevano ad uno specifico ordine.
Nella testa del capitano insieme all’adrenalina si mescola l’eccitazione per l’attacco imminente e l’orgoglio dell’ufficiale di Fanteria, l’arma base, consapevole di essere in grado di impiegare al meglio e di coordinare le forze a disposizione per portare a termine la missione assegnata: tre plotoni fucilieri ciascuno con 4 VTC, un plotone controcarri con sei cannoni s.r. M-40 A112 montati su autovettura da ricognizione, un plotone mortai su tre M106, una sezione di obici da 155, il nucleo carri con due Leopard-113 ed un carro Biber14, due caccia G91Y, un Posto medicazione con ambulanza, l’aliquota logistica con i mezzi per i rifornimenti di munizioni, carburante e viveri. In totale dieci componenti.
Due minuti. Uno sguardo d’intesa col tenente di Artiglieria in collegamento con la sezione obici da 155, schierata dieci km a sud est, in una zona che aveva attraversato il giorno precedente. Sorride ricordando l’incontro col tenente colonnello comandante del gruppo di artiglieria che gli fornisce la sezione obici. Aveva ottenuto dal comando superiore l’autorizzazione per un ordine di intervento15 ma era anche stato avvertito che c’era scarsità di munizionamento da 155. Aveva una dannata fretta di raggiungere la base di partenza per l’attacco del mattino seguente ma, dopo la presentazione ed il saluto formale, aveva giocoforza dovuto sottostare alla procedura dottrinale delle intese ed accordi16.
Aveva convinto il tenente colonnello che, data la scarsa protezione del BMP-1 (la corazzatura, aveva ricordato, raggiunge al massimo i 19 mm nella parte anteriore dello scafo e i 23 mm in torretta) un tiro a tempo, con scoppio della granata in aria, in prossimità delle postazioni, era certamente la scelta migliore. Alla fine aveva spuntato un’azione di fuoco di accompagnamento, con concentramento su obiettivo circolare tipo 317 di tre colpi per arma, a tempo, con fuoco d’efficacia, senza aggiustamento per non dare tempo al nemico di cercare riparo.
Al momento dei saluti il comandante di gruppo s’era lasciato sfuggire un tagliente ma ammirato sfottò: “è la prima volta che trovo un fante che sa qualcosa di artiglieria!”. Il capitano non aveva replicato.
La conoscenza di possibilità, limiti e capacità dei reparti che doveva impiegare e, naturalmente, del nemico era un requisito per lui fondamentale, un punto d’onore. Sapeva che non sarebbe mai stato capace di perdonarsi per aver messo a repentaglio la vita dei propri uomini a causa di un peccato d’ignoranza.
Il FAC fa il gesto convenuto per indicare che i due G91Y stanno orbitando ad una distanza che permette un TOT (Time On Target) inferiore ai due minuti. Il capitano ripensa ai conteggi per compilare le richieste di carbolubrificanti, razioni da combattimento e viveri per tutto il complesso di 249 uomini, 18 VTC e 15 automezzi vari. Riflette sui calcoli fatti per avere le giuste quantità di munizioni per pistole, bombe a mano, fucili, mitragliatrici 7,62 e 12,7, colpi da 106, bombe da mortaio, colpi da 105. Soltanto la sezione dei 155/23 pensava in proprio alla richiesta per le granate.
Un minuto. Ripassa mentalmente i nomi in codice del nucleo carri che deve attaccare il nemico sulla sinistra, superando il largo fossato del fiume in secca ed ottenendo così un piccolo effetto sorpresa, e dei plotoni fucilieri che devono iniziare il movimento assieme con il CAS degli aerei, appena terminato il fuoco di artiglieria.
Via! Il capitano prende i microfoni delle radio e scandisce il codice per l’inizio dell’attacco. Gli obici aprono il fuoco.
Dalla base di partenza il sibilo dei 40 kg di una granata da 155 in volo si sente una decina di secondi prima del suono del colpo di cannone. Dopo pochi secondi si vede il lampo dell’esplosione sull’obiettivo e subito dopo arriva il rombo cupo della deflagrazione.
In tre minuti l’intervento degli obici termina. Un cenno al FAC: dopo 90 secondi la coppia di G91Y appare all’improvviso e lancia i razzi HEAT sui T-72. Dà ordini in codice via radio ai comandanti di plotone ed al nucleo carri per accendere i motori. L’ordine vale anche per il VTC del posto comando di compagnia.
Il motore si avvia con un sibilo e l’otto cilindri di 7500 cm cubici fa vibrare tutto il mezzo. Il capitano sente aumentare le vibrazioni assieme all’adrenalina.
Termina il CAS. Altri codici via radio: ordine di superare le basi di partenza ed ordine al plotone mortai di iniziare il tiro sul caposaldo. I plotoni avanzati raggiungono la linea di riferimento bianca a 500 metri dalle posizioni nemiche. Il capitano ordina ai mortai di sospendere il tiro.
I VTC aprono il fuoco con le 12,7 di bordo e si fermano a 300 metri dal nemico, sfruttando un piccolo rialzo del terreno che raggiungono con le rampe abbassate. La linea di riferimento verde è raggiunta. I fucilieri saltano fuori dai mezzi e si gettano a terra.
Le 12,7 di bordo spostano il tiro sui BMP-1 in secondo piano. Sulla sinistra i due Leopard hanno aperto il fuoco contro i BMP-1 ed i T72 e proteggono il Biber che raggiunge il fossato e lancia il ponte.
Il plotone controcarri sulla destra è in prossimità del guado ed ha iniziato il fuoco contro i BMP-1 ed il T-72 più esposto: si sentono le sberle secche e assordanti dei colpi da 106 che partono mentre una lunga vampata fuoriesce dalla culatta.
(Continua)
12 Senza rinculo. Il cannone da 106 è generalmente montato su veicoli leggeri 4x4 ed ha una gittata utile di 1300 m.
13 Carro armato da 41 ton, con equipaggio di 4 uomini, armato con cannone da 105 mm a canna rigata e due mitragliatrici da 7,62 mm;: una coassiale col cannone e l’altra nella torretta del capocarro.
14 Montato su scafo Leopard-1, in circa 4 minuti lancia un ponte largo 4 metri di classe 50 che consente di superare una luce max di 20 metri.
15 Ordine diretto agli obici per aprire il fuoco. Le altre modalità sono “intervento predisposto” e “richiesta d’intervento”.
16 In sintesi: il collegamento tattico tra Comandante dell’Arma base e Comandante del Gruppo di artiglieria prevede l’esame congiunto delle intese (esigenze di fuoco in base alla situazione delle forze amiche e nemiche e le possibilità dell’artiglieria) e degli accordi (obiettivi noti e presunti, interventi da predisporre, richieste di fuoco).
17 Per il tiro di artiglieria gli obiettivi sul terreno vengono assimilati a figure geometriche (puntiforme, circolare, rettangolare) seguito da un numero in base alla grandezza. Il “circolare tipo 3” ha un diametro di 300 m.
L’Arma di Fanteria: la Regina di tutte le battaglie - Prima puntata: "il capitano"
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