Militari cinesi si recheranno in Russia per partecipare a una serie di esercitazioni congiunte. Alle manovre parteciperanno anche le rappresentanze di Bielorussia, l’India, e il Tagikistan e Mongolia.
Secondo quanto riportato in una nota del Ministero della Difesa cinese le esercitazioni si svolgeranno nel solco di un accordo di cooperazione bilaterale sottoscritto dagli stati che prenderanno parte all’iniziativa. Non è la prima volta, del resto, che i militari cinesi hanno partecipato a manovre militari organizzate dai russi. Le ultime esercitazioni organizzate da Mosca risalgono al 2018. In quella circostanza la Cina aveva inviato oltre 3.000 soldati, più di 900 mezzi e 30 velivoli tra cacciabombardieri ed elicotteri. Poco prima dello scoppio del conflitto russo-ucraino, inoltre, Xi Jinping e Vladimir Putin avevano annunciato di voler dare vita a una collaborazione “senza confini” tra i rispettivi Paesi.
Le esercitazioni sono state denominate “Vostok 2022”, che in russo significa oriente, e si svolgeranno nel distretto militare orientale della Russia, che comprende parte della Siberia e il suo quartier generale a Khabarovsk, nei pressi del confine con la Cina.
Anche se Pechino ha negato che la partecipazione del PLA alle esercitazioni congiunte non sia legata all'attuale situazione internazionale e regionale, è chiaro che ormai l’asse con il Cremlino appaia ormai indissolubile.
Purtroppo tutto ciò è il frutto dei ripetuti errori commessi dall’Occidente nei confronti di Mosca. Le conseguenze si stanno ripercuotendo sui mercati finanziari che temono un'escalation della crisi geopolitica non solo in Ucraina, dove la Russia ha colpito due città portuali in seguito alle esplosioni in Crimea, ma anche a Taiwan.
La Russia prevede che il prezzo medio di esportazione del gas risulterà più che raddoppiato quest'anno, raggiungendo i 730 dollari per 1.000 m³, prima di scendere gradualmente entro la fine del 2025, a causa della diminuzione delle esportazioni dai propri gasdotti, secondo quanto riferisce l’agenzia di stampa Reuters.
A fronte di tale emergenza di carattere politica ed economica l’Europa appare incapace di reagire anzi, sembra che stia entrando in una crisi irreversibile proprio perché aperta su molteplici fronti.
Innanzi tutto l’aspetto politico: l’incapacità di produrre una linea diplomatica comune per trattare un cessate il fuoco con Mosca va di pari passo con il completo appiattimento alla volontà di Washington. Gli americani hanno tutto l’interesse che il conflitto continui, nonostante anche da loro stiano emergendo le enormi contraddizioni nel sostenere l’assurda presidenza di Zelensky.
L’aspetto economico: l’Europa ha bisogno del gas russo! In autunno, specialmente in Italia, esploderà la crisi energetica, con una inflazione dei prezzi in costante ascesa che andrà a colpire il ceto medio (o ciò che ne rimane). Lo scorso mese Draghi è andato ad Algeri per contrattare un aumento di fornitura di gas dal Paese nordafricano, pari a 4 miliardi in più di m³ (nel 2021 abbiamo importato dall’Algeria 21 miliardi di m³ di gas).
L’anno scorso la Russia ci ha fornito più di 29 miliardi di m³ di gas, pari al 40% del fabbisogno nazionale. In generale, l'Unione Europea nel 2021 è stata fortemente dipendente dalla Russia, con l'import di gas che ha toccato il 45% sul totale, ovvero circa 140 miliardi m³ all'anno.
Quindi? Il restante quantitativo lo prendiamo dagli americani, dai qatarioti, dagli egiziani? Gas naturale liquefatto (Gnl) che ci costerà il doppio, sia in termini di acquisto che di rigassificatori?
Nel piano di diversificazione delle fonti di approvvigionamento del gas del governo italiano, il Gnl avrà un ruolo di importanza crescente. Nel primo semestre del 2022 il Gnl ha costituito il 17% del gas importato, il 20% in più rispetto al 2021. Dal Qatar, che è il primo fornitore e dall'Egitto si prevede l’arrivo di 3 miliardi di m³ aggiuntivi nel 2022 e di altri 5 miliardi nel 2023, a cui si aggiungerebbero ulteriori 5 miliardi dal Congo nel 2023-2024. In più, arriveranno i nuovi flussi dagli Stati Uniti, come promesso (a caro prezzo) dal presidente Biden all'Unione europea. Tuttavia, il Gnl ha bisogno dei rigassificatori per essere immesso in rete, in Italia gli impianti di rigassificazione attualmente in funzione si trovano a Livorno, Spezia e Rovigo.
Insomma, quest’inverno prepariamoci ad accendere meno i riscaldamenti.
Foto: MoD Fed. Russa